Concedendo agli Usa l'uso della base di Sigonella per bombardare l'IS in Libia e nel Nord Africa
Renzi mette in pericolo la sicurezza del popolo italiano
5mila soldati italiani si preparano a combattere in Libia contro l'IS
Anche il “pacifista” Mattarella calza l'elmetto

Un passo dietro l'altro il governo Renzi sta trascinando l'Italia in una guerra aperta e il parlamento non ne viene neanche informato, tanto meno il popolo italiano, la cui sicurezza è messa in pericolo da un'escalation militare che lo espone sempre più a ritorsioni terroristiche. È di pochi giorni fa la notizia che l'Italia ha autorizzato segretamente fin da gennaio l'uso della base aerea di Sigonella per le missioni di guerra dei droni americani sul territorio libico contro le milizie dello Stato islamico, mentre finora si sapeva ufficialmente che dalla base siciliana partivano solo droni non armati per missioni di ricognizione.
Si tratta degli aerei senza pilota di sorveglianza ad alta quota e lunga autonomia “Global Hawk” MQ-1 e dei droni da bombardamento Predator MQ-9A “Reaper” (falciatrice), dotati dei micidiali missili a guida laser “Hellfire” (fuoco infernale). Droni in dotazione anche all'aeronautica militare italiana, che ne possiede 12 e che usa ufficialmente solo per missioni di ricognizione, ma che recentemente ha ottenuto dal Pentagono l'autorizzazione ad armarne due con missili di vecchia generazione.
La notizia è trapelata il 22 febbraio da un articolo del Wall Street Journal, che citando una fonte ufficiale delle forze armate Usa ha rivelato che da circa un mese il governo italiano ha autorizzato segretamente (“quietly”, è il termine usato nell'articolo) il decollo dei droni armati americani da Sigonella per “operazioni militari contro lo Stato islamico in Libia e attraverso il Nord Africa”. Il via libera è stato concesso “dopo più di un anno di negoziati”, con alcune limitazioni alle regole di ingaggio: “Il permesso – precisa il quotidiano statunitense - sarà dato dal governo italiano ogni volta caso per caso e i droni potranno decollare da Sigonella per proteggere il personale militare in pericolo durante le operazioni anti-Isis in Libia e in altre parti del Nord Africa”.
Anche se non è stato confermato, perché si parla ufficialmente solo di aerei e droni partiti da basi in Inghilterra, c'è il forte sospetto che alcuni di questi droni di stanza a Sigonella, proprio in forza dell'accordo col governo italiano, abbiano direttamente o indirettamente partecipato al raid americano del 19 febbraio a Sabratha, vicino al confine con la Tunisia, in cui sarebbe stato ucciso un capo dell'IS insieme a un'altra quarantina di persone, tra cui molti civili. Naturalmente il governo italiano smentisce un simile scenario e, preso in castagna dalle rivelazioni del WSJ , sostiene ipocritamente che i droni Usa super armati potranno partire da Sigonella solo per “missioni difensive” (sic), in “aiuto” a truppe americane di terra “in pericolo”, e soggette ad autorizzazione data “caso per caso”.

“Ma quali funzioni difensive”!
Arrampicandosi sugli specchi il ministro degli Esteri Gentiloni ha spiegato che l'autorizzazione concessa è solo “la conferma di una collaborazione tra Italia e gli Usa, caso per caso, ed è una collaborazione finalizzata a operazioni di difesa”, non di attacco. “Oltretutto – ha aggiunto il ministro per annacquare la notizia - non credo che questa autorizzazione sia specificamente finalizzata alla Libia ma ad operazioni antiterrorismo in generale”. Dichiarazioni “rassicuranti” del tutto simili sono arrivate da ambienti della Difesa, e anche lo stesso Renzi ha confermato che le autorizzazioni per l'utilizzo della base di Sigonella per la partenza dei droni anti terrorismo “sono caso per caso”: “Si tratta di fare iniziative contro terroristi e potenziali attentatori dell'Isis - ha detto il premier - siamo in piena sintonia con i nostri partner internazionali”. Ma subito dopo ha aggiunto significativamente: “La priorità è la risposta diplomatica ma se abbiamo prove evidenti che si stanno preparando attentati l'Italia fa la sua parte”. Bombardamenti inclusi, evidentemente.
Simili formule ipocrite non hanno convinto neanche esperti tutt'altro che sospettabili di pacifismo, come l'ex capo di stato maggiore dell'aeronautica militare, Leonardo Tricarico, per il quale la formula usata ricorda quando nel 1999 “si parlò di ‘difesa integrata’ per coprire il fatto che i nostri Tornado bombardavano l’ex Jugoslavia”. E come l'ex generale Fabio Mini, comandante delle forze Nato in Kosovo, che a Il Fatto Quotidiano ha dichiarato senza mezzi termini: “Ma quale funzione difensiva! Non nascondiamoci dietro un dito. A parte il fatto che, per definizione, le forze speciali sono sempre in pericolo durante le loro incursioni, quindi anche seguendo questa logica i droni dovrebbero intervenire sempre per fornire copertura aerea. Questo tipo di velivolo non viene usato in appoggio e protezione alle forze a terra ma, al contrario, sono queste che individuano e forniscono le coordinate esatte del bersaglio che il drone deve colpire e distruggere. Da Sigonella verranno lanciati attacchi di precisione, altro che funzione difensiva”.
“L’uso della base siciliana di Sigonella per i raid dei droni americani contro l’Isis in Libia espone l’Italia al rischio di sanguinose rappresaglie e attentati”, denuncia a sua volta in tono estremamente allarmato Gianandrea Gaiani, analista e direttore di Analisidifesa.it. E aggiunge: “Il governo italiano avrebbe preferito non dare pubblicità a questo accordo, annunciato dalla stampa americana, per evitare di pagare il prezzo che tutti i paesi hanno regolarmente pagato per il loro maggiore impegno nella guerra all’Isis: i francesi con il Bataclan, i russi con l’abbattimento del charter sul Sinai, i tedeschi con la strage di turisti a Istanbul, gli hezbollah libanesi con i kamikaze nei quartieri sciiti di Beirut”.

Due diverse visioni tattiche
Forse c'è da pensare allora che gli Usa abbiano fatto queste rivelazioni per spingere il governo italiano ad abbandonare questa linea ambigua ed esporsi di più nella guerra all'IS. Anche il governo Renzi, infatti, scalpita per intervenire militarmente in Libia, anzi ambisce ad avere il ruolo guida in una missione internazionale contro l'IS in quel paese che considera il suo “cortile di casa”, da controllare e sfruttare nel quadro della sua politica neocolonialista e neo mussoliniana. Ma proprio per questo vuole evitare un altro fiasco come nel 2011, e prima di mettere gli stivali italiani sul terreno vuole aspettare che si formi un governo libico di unità nazionale per avere da esso il pretesto “legale” per farlo.
La Casa Bianca, invece, siccome le trattative tra le varie fazioni libiche vanno per le lunghe, sostiene la dottrina dell'attacco militare contro l'IS in qualsiasi momento, in Libia come in tutto il Medio Oriente e l'Africa, sulla base del principio “agiremo ogni volta che verrà individuata una minaccia diretta” a interessi e personale americani. Idem fanno gli imperialisti francesi e inglesi, tant'è vero che pochi giorni fa Le Monde ha rivelato che forze speciali francesi operano già sul suolo libico a fianco del governo di Tobruk contro lo Stato islamico. Se i due governi libici, quello filo occidentale e riconosciuto di Tobruk e quello islamico di Tripoli, non dovessero arrivare al più presto a un accordo, si passerebbe a un piano segreto per dividere la Libia il tre entità sotto dominio straniero, seguendo l'antica amministrazione ottomana: la Tripolitania ad Ovest, sotto influenza italiana, la Cirenaica ad Est, sotto influenza anglo-americana e delle potenze regionali come Egitto, Turchia, Quatar ed Emirati, e il Fezzan a Sud, nella sfera francese.
D'altra parte gli Usa e le altre potenze imperialiste non possono fare a meno dell'Italia e soprattutto delle sue basi per attaccare la Libia, ed è per questo che il ministro della Difesa Usa Carter ha incoraggiato il governo italiano ribadendo ufficialmente che “l'Italia, essendo così vicina, ha offerto di prendere la guida in Libia. E noi abbiamo già promesso che li appoggeremo con forza”. E in ogni caso l'Italia, come dice il nuovo duce Renzi, “è pronta a fare la sua parte”, con un contingente già approntato di 5000 uomini, con in testa le forze speciali del Comsubin e del Col Moschin e i parà della Folgore, appoggiati dalle navi già schierate nel Mediterraneo, un aereo cisterna, i Tornado e gli Amx spostati a Trapani, e anche due sommergibili. I reparti speciali potranno usare tutte le basi del Sud, compresa Pantelleria, ed entrare in azione, secondo le nuove norme concesse dal parlamento, “seguendo la catena di comando dei servizi segreti”, su ordine diretto del presidente del Consiglio e senza autorizzazione preventiva del parlamento, ma solo di una semplice informativa delle commissioni Esteri e Difesa.

Preparativi di guerra
Che questo scenario di guerra sia ormai prossimo a realizzarsi lo conferma anche la riunione del Consiglio supremo di difesa che si è tenuta il 25 febbraio sotto la presidenza del capo dello Stato Mattarella e con a fianco il nuovo duce Renzi, i più importanti ministri del suo governo e i vertici militari. Come recita il comunicato, il Consiglio “ha fatto il punto di situazione sui teatri di crisi” con particolare riferimento a Siria e Iraq, approvando anche l'invio di “ulteriori rinforzi” militari in quest'ultimo paese. Ed è stata altresì “attentamente valutata la situazione in Libia, con riferimento sia al travagliato percorso di formazione del Governo di Accordo Nazionale sia alle predisposizioni per una eventuale missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche”. E in tale quadro, aggiunge il comunicato, “è stato considerato l'impatto sugli scenari di crisi e sulla sicurezza energetica italiana ed europea dell'andamento dei mercati degli idrocarburi”.
Quindi, anche il “pacifista” Mattarella calza l'elmetto e dà il suo benestare alla nuova avventura interventista mussoliniana in Libia, guidata da Renzi affiancato dai suoi compari guerrafondai Gentiloni e Pinotti, tanto che ci si predispone già a fronteggiare una possibile crisi energetica dovuta a ritorsioni terroristiche contro le installazioni dell'Eni in Libia e ad attentati dell'IS portati direttamente sul territorio italiano. Si mette cioè già in conto che l'intervento militare a guida italiana in Libia contro l'IS esporrà il nostro Paese, che finora ne era rimasto fuori, alla vendetta dei combattenti islamici, considerando cinicamente il rischio che anche l'Italia abbia il suo sanguinoso Bataclan come un piccolo prezzo da pagare per dare ali alle ambizioni neocolonialiste ed espansioniste dell'imperialismo italiano.
 
 
 
 
 
 

2 marzo 2016