Attentato a un convoglio militare ad Ankara
L'artiglieria turca bombarda i curdi nel nord della Siria

 
Il 17 febbraio un'autobomba esplodeva ad Ankara, nella zona centrale di Kizilay a circa 300 metri dal parlamento turco e dal quartier generale dell'esercito, vicino a un convoglio militare che era fermo a un semaforo; 28 morti e 61 feriti il bilancio comunicato dal premier turco Ahmet Davutoglu che addossava le responsabilità alle formazioni curde del Pkk o dei curdi siriani delle Ypg, le unità di difesa popolari del Partito dell’Unione Democratica, Pyd. A conferma di queste ipotesi la polizia annunciava neanche 24 ore dopo l'identificazione dell'autore dell'attentato suicida, un cittadino siriano entrato di recente in Turchia come profugo e definito vicino alle forze curde attive in Siria.
Rafforzava le tesi governative degli attentati "terroristici" all'esercito turco un attacco che il 18 febbraio a un convoglio militare lungo la strada che collega Diyarbakir e Bingol, nel sud-est del paese dove da mesi è in corso una vera e propria guerra contro la popolazione curda.
Gli attacchi non erano rivendicati da Pkk o Ypg. Un altro gruppo militare curdo, il Kurdistan Freedom Hawks (Tak), un tempo legato al Pkk e indipendente dal 2005, rivendicava quello del 17 febbraio a Ankara in risposta alle politiche contro i curdi del presidente Recep Tayyip Erdogan.
L'attentato ai convogli militari cadevano tra l'altro in concomitanza con le rinnovate pressioni di Erdogan sugli Usa e sull’Unione europea per inserire i curdi siriani del Ypg/Pyd della Royava nella lista della "organizzazioni terroristiche" assieme al Pkk. Delegittimare le formazioni dei curdi siriani è diventata una necessità per il regime turco dopo che le Ypg, recentemente avvicinate da inviati americani per rafforzare la guerra allo Stato islamico, sono all'attacco nella regione di Aleppo a fianco dell'esercito di Assad e contro le formazioni dell'opposizione siriana appoggiate da Turchia e Arabia saudita. Tanto che sempre il 17 febbraio Erdogan ripeteva che la Turchia "non ha alcuna intenzione" di interrompere i suoi bombardamenti contro le postazioni curde nel nord della Siria, una aperta aggressione alla Siria passata nel silenzio totale dell'imperialismo occidentale. L'obiettivo sarebbe quello di impedire la nascita di una nuova roccaforte curda in Siria ma a ridosso del confine e casomai la formazione di una "zona cuscinetto" in territorio siriano, controllata dalle truppe turche e dai mercenari che Ankara sta armando, addestrando e inviando nella zona. Per questi mercenari la frontiera non è sigillata come per i profughi, anzi.

2 marzo 2016