Di Bilal, 31 anni, ingegnere tunisino
Prima il sogno era Lampedusa, ora è lo Stato Islamico

“Era il sogno di tutti, qui: Lampedusa. E invece ora il sogno è Raqqa. Lo Stato Islamico. Andare in Italia non ha senso. Finisci in mezzo a una strada, finisci a riempire casse di pomodori, 20 euro per dodici ore e sempre a nasconderti, sempre con la paura addosso perché sei clandestino. E la Francia, la Svezia, che differenza fa? Se anche hai un lavoro, un lavoro vero, dico, in Europa rimani sempre un arabo. Uno che se guarda una ragazza, quella chiama la polizia. Sempre un ospite, mai un cittadino. Uno che deve scusarsi per esserci. E invece non rubiamo lavoro a nessuno, anzi: siamo gli schiavi che consentono alla vostra economia di girare. Di cosa dovrei ringraziarti? Se tu hai quello che hai, è perché io non ho niente”.
“Ma né ha senso rimanere qui. Perché in apparenza io e te siamo simili, è vero, la vita, in Tunisia, è una vita normale, questa storia, no?, dell’unico paese in cui la rivoluzione è stata un successo – ma osservami bene: io non ho che una copia cinese di quello che hai tu. I jeans, il giubbotto di pelle… E invece è tutto finto. Non è pelle, è plastica. Sembriamo simili, ma io torno a casa, stasera, a un’ora da qui, in un posto che non è la Tunisia che conosci tu, non è la Tunisia della tua Lonely Planet, è una fogna in cui non ho l’elettricità, non ho l’acqua calda, ho solo un materasso, per terra, al freddo, un materasso e delle coperte, è tutto quello che ho, e perché neppure ho un lavoro, in realtà, è finto anche questo, e non solo perché sono un ingegnere e sto qui a fare la guida ai turisti, ma perché con quello che guadagno mi pago a stento i mezzi per venire qui, come mi pago una casa? – io torno a casa, la sera, e mi sento uno zero. Uno zero. Ho 31 anni, una laurea, e sono costretto a chiedere a mio padre gli spiccioli per le sigarette. Se anche tu mi guardassi, non potrei permettermi di guardarti, perché non potrei offrirti manco un caffè per chiacchierare. Non ho niente, posso solo tornare qui, domani, e vivere un altro giorno del cazzo identico a questo. Non sono niente”.
“Ho creduto nella rivoluzione. Certo che ho creduto nella rivoluzione: ma è stato tutto inutile. Dite che la Tunisia è stabile, ma non è stabile, è immobile. Non ho nessuna prospettiva, qui. Nessuna. Nel resto del mondo hai vent’anni e sei pieno di energie, di progetti, mille cose. Avviare un’impresa, iscriverti a un dottorato. Cambiare città. O anche solo un viaggio, una vacanza. L’auto nuova. Ma io? Io la vita posso vederla solo attraverso i turisti. Mentre vi spiego Annibale, Cartagine, mentre guardate i mosaici: e vi guardo, intanto, guardo le vostre camicie dal taglio perfetto, le borse di cuoio, l’ultimo iPhone, e questa pelle liscia, la pelle, sì, questa pelle senza rughe, queste dita senza resti di terra, le dita di chi non si deve sudare il pane, vi guardo, e immagino questa vita che non potrò mai avere, quello che per voi è così normale, i figli, l’ufficio, la partita di calcetto – vi guardo e vi odio. Abbiamo sbagliato. Abbiamo pensato che il nemico fossero i Ben Ali, e invece avevamo contro tutto il mondo, perché quando 62 miliardari possiedono la stessa ricchezza di metà della popolazione del pianeta, quando un intero paese come la Grecia sta alla fame, ed è la Grecia, non è la Somalia, è l’Europa, allora non è questione di Ben Ali e dei conti svizzeri di sua moglie: è questione che tutti voi dovete rinunciare a qualcosa. Se io non ho niente, è perché tu hai tutto. Ma non l’avevamo capito. Non avevamo capito che la battaglia non si poteva vincere solo in Tunisia, perché non riguardava solo la Tunisia. Che non era solo questione di cambiare un governo, di rovesciare un regime. E perché poi dite di sostenere la democrazia: ma quando gli egiziani hanno eletto presidente Morsi, avete imposto al-Sisi. Abbiamo fallito non perché abbiamo osato troppo, ma perché abbiamo osato troppo poco”.
“E quindi quando ho visto Sousse, a giugno, ho deciso: parto per Raqqa. Perché secondo voi con l’attacco di Sousse, con l’attacco del Bardo, l’Isis ha distrutto il turismo e la Tunisia, secondo voi è tutta colpa dell’Isis: ma io ero alla fame anche prima. Per me non è cambiato niente. Il turismo non ci fa campare. E in più ci umilia: state rinchiusi nei vostri resort a sei stelle, vi avventurate fuori giusto in cerca di due souvenir, con queste sessatenni sole che tentano di adescarti… Siamo solo oggetti, per voi. Ti invitano a cena, vestite come le loro nipoti, mezze scosciate, senza dignità, e ti dicono: Vieni con me. Credete che il denaro possa comprare tutto: anche i sentimenti. E comunque va tutto ai tour operator, ai vostri tour operator, e a noi non arrivano che le briciole. Il colonialismo non è mai finito. La Tunisia perché pensi che sia povera? Perché siamo analfabeti? Se siamo poveri, è prima di tutto a causa dell’Unione Europea. Fate i paladini del libero mercato: poi sussidiate gli agricoltori, gli abbattete i costi, e vietate le importazioni mentre loro esportano qui a prezzi più bassi dei nostri. Il libero commercio è la vostra libertà di produrre e vendere, e la nostra di comprare e indebitarci. Invece dell’Islam, vai a studiarti il Fondo Monetario, le multinazionali. Invece di pensare a Raqqa: pensa a Bruxelles. Ma cosa credi? Che è colpa nostra? Ai tempi dell’impero ottomano, eravate voi italiani a immigrare qui, a sbarcare sulle nostre coste con due stracci addosso – e nessuno vi ha mai chiuso la frontiera”.
“Ma tutto questo, per fortuna, è agli sgoccioli. Tu dell’Isis vedi gli estremi, le decapitazioni, cose che tra l’altro sono proprie di ogni guerra – io dell’Isis vedo la giustizia. Vedo una società in cui governano i più saggi, quelli che meglio conoscono la sharia, non i più forti, quelli che sono più scaltri nel mantenere il potere. Vedo una società umile, che si sta rifondando da zero, una società in cui tutto è ancora possibile – e forse falliremo, ancora: ma intanto proviamo a essere liberi. A essere migliori. Perché io non voglio diventare come te, non voglio fare una rivoluzione per diventare uno che crede che con i soldi può comprare tutto. Uno che per tenersi i propri privilegi, per comprarsi l’iPhone nuovo ogni sei mesi è disposto a tenere il resto del mondo alla fame. Questa è la tua società, questa è la tua cultura, mica Kant e Rousseau. Tu non vedi la sua violenza perché è una violenza sofisticata, senza sangue, ma non per questo è meno feroce. Il sangue è la violenza dei poveri. E io non ho alternative. Non ho niente da perdere. Grazie all’11 settembre, siamo tornati a esistere. Se è di questo che avete bisogno per capire, per accorgervi di noi, l’avrete”.
“Perché poi tu ti aspettavi l’assassino, vero? Ti aspettavi quello che odia i non musulmani? Il disadattato? Sono solo un ingegnere. Sono solo uno che si è laureato con il massimo dei voti, e ha letto dei 62 miliardari sul Guardian: proprio come te. Pensavi fossi il Medioevo, vero? E invece sono il futuro. Sono molto più pericoloso”.
(Tratto dal sito de “Il Fatto Quotidiano”, 24 febbraio 2016)
 

2 marzo 2016