Quali strategie indica il PMLI per sviluppare il Meridione?

Sono figlio di un calabrese ed ho la casa di villeggiatura in Calabria, pertanto, conosco molto bene tale realtà.
Sono persuaso del fatto che il Meridione possieda innumerevoli potenzialità e che tanto potrebbe dare all'Italia.
Sono altresì pienamente convinto che in parte, la colpa dello stato di depressione in cui versa tale territorio sotto il profilo economico (fra l'altro l'apparenza delle statistiche è di una depressione maggiore rispetto alla realtà) risieda anche nella mentalità del meridionale, più avvezzo ad attendere gli aiuti statali che all'iniziativa imprenditoriale e al tentativo di costruire qualcosa da sé.
Inoltre, a mio modesto avviso, un secondo errore nella direttrice di sviluppo del Sud, risiede nella persuasione generatasi da più parti, che il Sud, per svilupparsi, debba inseguire il Nord, verso una progressiva industrializzazione, senza tener presente le innumerevoli potenzialità di sviluppo offerte dal territorio in ambito di turismo, agricoltura e via discorrendo.
A mio avviso; invece, questa dovrebbe costituire la direttrice di sviluppo naturale del nostro Meridione, uno sviluppo che produrrebbe un aumento oggettivo del prodotto interno, aumentando la gamma dell'offerta e così potenziando l'economia del Paese, anziché frammentarie in un territorio più ampio un'offerta formativa già esistente e consolidata nel Nord del Paese.
Marcello Ranieri – Milano
 
Ti ringraziamo per le tue riflessioni a proposito del nostro amato Meridione.
Senz'altro hai ragione nel sostenere che il Sud ha innumerevoli potenzialità di sviluppo, anche nell'ambito del turismo e dell'agricoltura.
Non siamo d'accordo quando consideri una concausa dell'atavico sottosviluppo del Mezzogiorno la mentalità del meridionale che consideri “più avvezzo ad attendere gli aiuti statali che all'iniziativa imprenditoriale e al tentativo di costruire qualcosa da sé”.
Per noi le masse non hanno alcuna colpa della loro miseria, i profitti della borghesia sono un prodotto della classe operaia e dei lavoratori ottenuto attraverso il meccanismo del plusvalore, scoperto da Marx, ed è antistorico e antiscientifico sostenere che un popolo che produce non abbia la forza di riscattarsi a causa della sua 'mentalità'.
Non è mai la mentalità di un popolo che può determinarne la miseria, ma anche la mentalità semmai non è altro che un prodotto di ciò che quel popolo produce, come lo fa e come lo scambia.
In altri termini le idee sono un riflesso della realtà materiale, non viceversa, ed è l'essere sociale che fa la coscienza: “il lavoro crea l'uomo” (Engels). Più batte il passo la lotta di classe, più appaiono arretrate le idee e la mentalità del proletariato e dei lavoratori. E viceversa. Considera quanto l'”autunno caldo” del '69, e più in generale la Grande Rivolta del Sessantotto, aprì le menti e sviluppo la coscienza di classe anche tra i lavoratori meridionali, che pure avevano maturato storicamente minori esperienze rispetto al proletariato del triangolo industriale.
Sostenere l'opposto significa cadere nella concezione borghese del mondo e nell'idealismo storico.
Le masse meridionali sono purtroppo sofferenti e sfiduciate verso il loro futuro, non potrebbe essere diversamente, e peraltro è così ormai in tutto il Paese, vista la loro condizione e i tanti problemi che le affliggono. Sta a noi marxisti-leninisti, generati dalla lotta di classe per abbattere l'ordine sociale esistente, sottrarle all'influenza borghese e guidarle nella lotta per il miglioramento delle condizioni di vita, lavoro, salute e studio, nella lotta contro il capitalismo e per il socialismo.
Lotta che non è altro che la conseguenza della contraddizione principale della società capitalista: quella tra il proletariato e la borghesia, determinata dal conflitto tra il capitale ed il lavoro e quindi il riflesso sul piano politico e ideale dei rapporti di forza e di produzione che costituiscono la struttura economica della società capitalista.
Non potremmo mai farcela in questa titanica impresa se non avessimo fiducia nel proletariato e nelle masse e se non fossimo al loro servizio.
Per noi, come disse Mao: “il popolo e solo il popolo è la forza motrice che crea la storia del mondo” .
La Questione meridionale, che per noi è la prima questione nazionale, è il prodotto dell'accordo, avvenuto con la nascita dello Stato unitario sotto l'egida di Casa Savoia, tra la grande borghesia del Nord e i ceti parassitari del Sud a cominciare dai latifondisti, che ha impedito lo sviluppo dei rapporti capitalistici nel meridione, a tutto vantaggio delle industrie del Nord,. che lo hanno trasformato in una enorme riserva di manodopera a basso costo e in un mercato pronto ad assorbire i prodotti lavorati nel settentrione (e valanghe di rifiuti della peggior specie), impedendo il pieno sviluppo capitalistico del Sud anche per paura dell'esplosione della lotta di classe del proletariato industriale, mantenuta in tutti i paesi capitalistici più avanzati nel secolo XIX, lasciando fra l'altro mano libera alle organizzazioni criminali mafiose, oggi vere holding internazionali del crimine.
Le condizioni del Sud si sono aggravate con l'avvento dell'imperialismo e dei monopoli (dovuto alla concentrazione della produzione fondata sulla legge del massimo profitto e alla fusione tra il capitale industriale e quello bancario), dallo smantellamento della prima Repubblica democratico-borghese, il conseguente avvento della seconda repubblica neofascista e dall'ingresso dell'Italia nell'Ue imperialista.
La Questione meridionale potrà essere risolta solo nel socialismo, lottando nell'immediato per migliorare le condizioni delle masse, lottando per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione, per colmare per quanto possibile nel capitalismo il divario con il Centro e il Nord del nostro Paese, respingendo ogni forma di separatismo e di federalismo, che riporterebbero indietro il nostro popolo e farebbero solo il gioco delle borghesie regionali.
Lottare per lo sviluppo del Sud per noi non significa “copiare il Nord”, e neanche il Centro, ma lottare perché il potere d'acquisto delle masse, i diritti e i servizi siano almeno al livello di quelli delle altre zone della Penisola, tenendo presenti le specificità ambientali e geografiche del Sud, senza vendere illusioni riformiste ed economicistiche circa un capitalismo “dal volto umano” che non esiste e non può esistere, specie nell'epoca dell'imperialismo.
Per questo siamo impegnati da sempre in un'ampia politica di fronte unito, di lotta e di mobilitazione affinché anche le masse meridionali possano strappare sempre maggiori conquiste e massicci investimenti pubblici alle amministrazioni statali, sui quali abbiano diritto di parola e di gestione, per il lavoro, i servizi pubblici, il risanamento ambientale e la lotta alle mafie, per la realizzazione di ogni bisogno popolare e progressista, (la nostra piattaforma rivendicativa è contenuta nel Programma d'Azione del PMLI che puoi trovare facilmente nel nostro sito).
Nell'immediato non siamo contrari al sostegno anche alla piccola iniziativa privata, purché garantisca lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato, tenendo presente che una piccola impresa nel mercato capitalistico non può nulla contro lo strapotere dei monopoli e ha comunque una serie enorme di problemi da affrontare per sopravvivere, specie nel Sud: l'accesso al credito, la domanda del mercato, il potere d'acquisto delle masse, la burocrazia, la criminalità e così via, tutte cose che frenano o impediscono del tutto il “tentativo di costruire qualcosa da sé”.
Tentativo che, in ogni caso, deriva dal fatto che lo Stato al servizio della borghesia non garantisce la piena e sana occupazione, e che ha per presupposto lo sfruttamento di manodopera salariata e il mercato. Ecco perché nel socialismo, ovviamente, dovrà sparire anche la piccola produzione privata.
La nostra lotta e la linea di massa del PMLI si basano sulla democrazia diretta contrapposta alle istituzioni e ai meccanismi decisionali borghesi fondati su quella indiretta.
Strategico infatti per noi è l'obiettivo della realizzazione delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo basate sulla democrazia diretta e a carattere permanente: le Assemblee popolari e i Comitati popolari, che il PMLI rilancia con forza anche in questa tornata elettorale elettorale amministrativa.
Prioritario oggi è spazzare via il governo del nuovo duce Renzi, nemico giurato delle masse meridionali e del nostro popolo, servo della borghesia italiana e dell'Ue imperialista, lottare per cancellare le controriforme economiche, istituzionali, sanitarie e scolastiche degli ultimi anni, tenendo ben alta la bandiera del socialismo e dell'antimperialismo, delegittimando le istituzioni nazionali e locali del regime neofascista attraverso l'astensionismo marxista-leninista.
Solo seguendo questa strada la classe operaia, anche meridionale, può acquisire coscienza di essere una classe per sé e marciare sulla via dell'Ottobre per la conquista del potere politico sotto la direzione del suo Partito, che è la madre di tutte le questioni e quindi la chiave di volta per risolvere, per sempre, anche la Questione meridionale.
D'altra parte alla classe operaia il potere politico spetta di diritto, producendo essa stessa l'intera ricchezza del Paese. Inoltre, solo sotto la direzione di questa classe e facendo affidamento su di essa si può liquidare il capitalismo e realizzare il socialismo prima e il comunismo poi, quando le classi si saranno estinte.
La dittatura del proletariato allora sarà superata (e con essa i compiti e la funzione dello stesso PMLI) e il popolo italiano e l'umanità intera passeranno dal regno della necessità a quello della libertà.

9 marzo 2016