Discorso del Responsabile del PMLI per l'Emilia-Romagna alla commemorazione del grande Maestro del proletariato internazionale a Riccione il 13 marzo 2016
Ispiriamoci agli insegnamenti di Marx per denunciare, smascherare e combattere il capitalismo, per il socialismo

Care compagne e cari compagni,
sono passati ben 133 anni dalla scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale Marx, ma non uno di questi anni che ci separano dalla sua morte è passato senza che il proletariato rivoluzionario di ogni Paese, indipendentemente dalle forze che di volta in volta ha accumulato o perso nel corso della lotta di classe, non ricordasse la sua immortale opera per dare al proletariato la sua coscienza di classe, fondando assieme a Engels il socialismo scientifico, base della lotta per l’emancipazione dei popoli di tutto il mondo.
In Italia è il PMLI ad aver sempre ricordato Marx, e da diversi anni lo fa anche grazie alla Cellula “Stalin” di Rimini, diretta dal compagno Tino, pubblicamente qui dinannzi al suo busto collocato nel giardino della biblioteca comunale di Riccione.
La strada dei marxisti-leninisti italiani nella lotta contro lo sfruttamento capitalistico e per la conquista del potere politico è ancor oggi illuminata dagli insegnamenti di Marx, studioso, teorico, politico, combattente, dirigente, educatore e organizzatore del movimento operaio internazionale.
Il perdurare della grave crisi economica del capitalismo, che si protrae da ben 8 anni, e che inasprisce le già profonde disuguaglianze economiche, sociali, territoriali e di sesso insite naturalmente nel capitalismo, non fa altro che confermarne l’analisi economica e politica che ha segnato profondamente e influenzato ogni grande rivolgimento sociale e politico dell’ultimo secolo.
E’ grazie a Marx che possiamo constatare come pur cambiando forma, ordine di successione e fisionomia le crisi continuano a essere parte integrante del regime capitalistico, e a subirne le conseguenze più pesanti sono sempre le masse lavoratrici e popolari, come dimostra l’enorme e sempre crescente divario che separa le loro condizioni di vita da quelle dei grandi capitalisti.
Basti dire che nel mondo 963 milioni di persone vivono in condizioni di povertà, le 3 persone più ricche del mondo hanno una ricchezza complessiva superiore al Prodotto interno lordo dei 48 paesi più poveri, il reddito complessivo dei 50 milioni di persone più ricche del mondo, che costituiscono l’1% della popolazione mondiale, è equivalente a quello dei 2 miliardi e 700 milioni di persone più povere (il 57% della popolazione mondiale). In Italia, stando solamente ai dati Istat, ci sono oltre 4 milioni di italiani “in stato di povertà assoluta”, cioè che non possono permettersi l'acquisto di beni e servizi indispensabili per vivere, e a questi vanno aggiunti 2 milioni e mezzo di persone in “povertà relativa”.
La fame e la miseria hanno causato una emigrazione biblica, che si riversa nei paesi capitalisti e imperialisti dove gli immigrati trovano una vita da bestie.
“L'odierna società borghese viene smascherata, al pari di tutte quelle che la hanno preceduta, come una gigantesca istituzione per lo sfruttamento della enorme maggioranza del popolo da parte di una minoranza che diventa sempre più piccola” (F. Engels, Scritti scelti, vol. I, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1943).
L’imperialismo ha generato un mondo di fame, povertà e guerre come quella contro i popoli del Medio Oriente per sottometterli, soggiogarli e spogliarli delle loro risorse, criminalizzando e bombardando chi osa ribellarsi.
Il succedersi ciclico delle crisi economiche, con le devastanti conseguenze sociali che produce, dimostra come il capitalismo monopolistico abbia sì unificato la produzione, ma accentuandone al tempo stesso l'anarchia, e aggravando le condizioni del proletariato e l'oppressione del capitale, inasprendo le contraddizioni di classe.
Ma il proletariato non deve cercare la via d’uscita assoggettandosi ancor di più al capitale, come vorrebbero i riformisti di ogni specie e anche la Cgil con la Carta dei diritti universali del lavoro che porta alla cogestione corporativa coi padroni. I lavoratori non devono rinunciare ai propri diritti nella vana speranza che questo possa portare ad una ripresa economica, come fosse loro la colpa delle crisi capitalistiche.
Proprio Marx ci insegna che le condizioni dei lavoratori non sono legate alle sorti della borghesia sfruttatrice, anzi, afferma: “Dire che l’operaio ha interesse al rapido aumento del capitale significa soltanto che, quanto più rapidamente l’operaio accresce la ricchezza altrui, tanto più grasse sono le briciole che gli sono riservate, tanto più numerosi sono gli operai che possono essere impiegati e messi al mondo, tanto più può essere aumentata la massa degli schiavi alle dipendenze del capitale… Anche la situazione più favorevole per la classe operaia, un aumento quanto più possibile rapido del capitale, per quanto possa migliorare la vita materiale dell’operaio non elimina il contrasto fra i suoi interessi e gli interessi del capitalista. Profitto e salario stanno, dopo come prima, in proporzione inversa. Se il capitale aumenta rapidamente, per quanto il salario possa aumentare, il profitto del capitale aumenta in modo sproporzionatamente più rapido. La situazione materiale dell’operaio è migliorata, ma a scapito della sua situazione sociale … Dire che la condizione più favorevole per il lavoro salariato è un aumento il più rapido possibile del capitale produttivo, significa soltanto che, quanto più rapidamente la classe operaia accresce e ingrossa la forza che le è nemica, la ricchezza che le è estranea e la domina, tanto più favorevoli sono le condizioni in cui le è permesso di lavorare a un nuovo accrescimento della ricchezza borghese, a un aumento del potere del capitale, contenta di forgiare essa stessa le catene dorate con le quali la borghesia la trascina dietro di sé” (Marx, Lavoro salariato e capitale).
Gli interessi del proletariato e quelli del borghesia sono quindi antitetici, ed è così sin dalla comparsa del capitalismo, in quanto esso fonda le proprie radici nello sfruttamento dell’uomo sull’uomo che si realizza con la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Marx ha dimostrato come la lotta del proletariato contro la borghesia sia cominciata con la sua esistenza e abbia attraversato diversi gradi di evoluzione. “Ad eccezione della storia delle comunità primitive” (Engels), “la storia di ogni società finora esistita è storia di lotta di classe'' (Marx).
Ma mentre le precedenti classi sfruttate avevano comunque la possibilità di evolversi, nel capitalismo il proletariato cade sempre più in basso, nel capitalismo è l’operaio che diventa il povero.
Anche nel nostro Paese sono sempre più di più coloro che hanno un reddito insufficiente a soddisfare i propri bisogni primari benché abbiano un'occupazione o comunque un sostegno economico legato al lavoro, come i lavoratori in cassa integrazione, in mobilità o comunque a stipendio ridotto, i precari, i part-time, chi alterna periodi di lavoro ad altri di disoccupazione, lavoratori in nero o senza contratto e pagati con i voucher , false partite iva che sostanzialmente sono dipendenti mal pagati e senza diritti previdenziali.
Com’è scritto nel “Manifesto del Partito Comunista” di Marx ed Engels, “la borghesia... è incapace di assicurare al suo schiavo l'esistenza persino nei limiti della sua schiavitù, perché è costretta a lasciarlo cadere in condizioni tali, da doverlo poi nutrire anziché essere nutrita. La società non può più vivere sotto il suo dominio, cioè l'esistenza della borghesia non è più compatibile con la società”.
E alla base dello sfruttamento capitalistico c’è il plusvalore, che costituisce la pietra angolare della teoria economica di Marx, che chiarisce come il modo di produzione capitalistico abbia come sua premessa l'esistenza di due classi sociali, da un lato i capitalisti che sono in possesso dei mezzi di produzione e di sussistenza, e dall'altro lato i proletari, che, esclusi da questo possesso, hanno una sola merce da vendere, cioè la loro forza-lavoro, per entrare in possesso dei mezzi di sussistenza.
La giornata di lavoro dell’operaio è quindi divisa in una prima parte che serve per coprire le spese per la sua sussistenza e che costituisce il salario, mentre l’altra parte della giornata l’operaio lavora gratuitamente per il capitalista, creando il plusvalore, che costituisce la fonte della ricchezza dei capitalisti che si ripartiscono poi secondo leggi economiche determinate, ed è la fonte da cui sgorgano la rendita fondiaria, il profitto, l'accumulazione del capitale, in una parola, tutte le ricchezze che vengono divorate o accumulate dalle classi non lavoratrici.
Per aumentare il plusvalore i capitalisti tentano di restringere sempre di più la parte di salario, peggiorando così le condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici.
"Mi sono convinto - scriveva Engels agli operai nel 1845 (La situazione della classe operaia in Inghilterra) - che voi avete ragione, perfettamente ragione di non aspettarvi alcun appoggio da esse (cioè dalle "classi medie", dalla borghesia). I loro interessi sono diametralmente opposti ai vostri, sebbene esse cerchino sempre di sostenere il contrario e di farvi credere che nutrono la più fervida simpatia per la vostra sorte... Le classi medie in realtà ad altro non mirano che ad arricchire sé stesse, col vostro lavoro, finché possono vendere il prodotto, e a farvi morire di fame, non appena non possono più trarre profitto da questo commercio indiretto di carne umana".
Marx ha quindi scoperto e denunciato le leggi che regolano il sistema di produzione capitalistico, dimostrandone il carattere transitorio, anche si spaccia per eterno, il carattere parassitario e reazionario anche se si rivoluziona ininterrottamente i suoi mezzi di produzione, un sistema politico ed economico destinato a soccombere e a essere superato storicamente dal sistema socialista per effetto congiunto della lotta di classe del proletariato e degli antagonismi che ne minano le fondamenta.
La teoria economica di Marx ha chiarito la situazione reale del proletariato nel regime capitalistico, dimostrando come di tutte le classi che stanno di fronte alla borghesia sia l’unica veramente rivoluzionaria.
Il materialismo filosofico di Marx ha indicato al proletariato la via di uscita dalla schiavitù spirituale nella quale hanno vegetato fino a quel momento tutte le classi oppresse e dato vita alla nuova concezione del mondo del proletariato.
Il socialismo scientifico fondato da Marx ed Engels ha guidato le lotte delle masse popolari e lavoratrici di tutto il mondo che si sono battuti e si battono contro il capitalismo e i suoi devastanti effetti sulle persone, sulle cose e sulla natura.
Queste lotte, quando guidate da partiti realmente comunisti, cioè marxisti-leninisti, hanno portato ad ottenere importanti conquiste, che però sono parziali e momentanee se relegate all’interno del capitalismo, solo nell’Urss di Lenin e Stalin e nella Cina di Mao hanno trovato piena applicazione, arrivando poi a comprendere i due terzi del mondo grazie alla costruzione del campo socialista.
Oggi la situazione è radicalmente cambiata e il proletariato ha perso le sue principali conquiste, non però a causa del presunto “fallimento del comunismo” ma a quello dei rinnegati e traditori revisionisti e più in generale di quelle correnti socialiste a parole ma borghesi e controrivoluzionarie nei fatti contro cui si erano scagliati gli stessi Marx ed Engels nel terzo capitolo del “Manifesto del Partito Comunista”. Solo dopo un serio e approfondito bilancio critico e autocritico dell'intera esperienza del movimento operaio nazionale e internazionale, il proletariato potrà chiarirsi le idee, riorganizzarsi, rimettere in moto la lotta di classe e far tornare a vincere il socialismo dando tutta la sua fiducia, forza ed energia al PMLI, che è l’unico Partito autenticamente marxista-leninista presente nel nostro Paese e che si batte ogni giorno, con tutte le proprie forze contro il capitalismo e per il socialismo, non dando tregua al governo Renzi che sta dimostrando di essere la reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi, falcidiando i diritti dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, che ha ridato vigore alle mire espansioniste dell’imperialismo italiano con migliaia di militari italiani che fanno parte delle forze di occupazione in vari Paesi e che in particolare vuole rimettere la Libia sotto il tallone dell’Italia, come ai tempi di Mussolini, mettendo in serio pericolo il popolo italiano di fronte alle ritorsioni dei combattenti islamici antimperialisti.
Un governo che con il referendum confermativo sulla controriforma costituzionale vuole apporre il definitivo sigillo all’instaurazione della seconda repubblica neofascista così come si proponeva la P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi nel “piano di rinascita democratica” e nello “schema R”.
I dirigenti dei sindacati confederali collaborazionisti hanno dormito anche troppo, è ora che si sveglino e che diano battaglia contro il governo Renzi, la devono smettere di preoccuparsi solo di concordare norme che garantiscono il loro potere e il loro controllo sui lavoratori e pensino piuttosto a proclamare quanto prima lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi!
Intanto abbiamo la possibilità di dare un bel colpo al governo Renzi e alle giunte locali con le elezioni amministrative che si svolgeranno nei primi giorni di giugno anche in molti comuni dell’Emilia-Romagna, propagandando l’astensionismo, che è l’unica scelta tattica sul piano elettorale, nelle attuali condizioni, per gli sfruttati e gli oppressi, le masse popolari, chiunque subisce angherie, soprusi e ingiustizie da parte dei governi comunali, regionali e nazionale, i giovani a cui è precluso un avvenire, per farsi sentire, per protestare, per far valere le proprie ragioni, per penalizzare i partiti e le istituzioni borghesi. Mentre il 17 aprile al referendum contro le trivellazioni dobbiamo votare Sì.
I fatti e la storia dimostrano che solo il socialismo può cambiare davvero l’Italia e dare il potere al proletariato. Per questo occorre lottare contro il capitalismo e i suoi governi, per il socialismo.
Noi marxisti-leninisti dobbiamo tutto a Marx, a questo gigante che insieme a Engels ha dato vita alla nostra storia, alla storia del movimento di emancipazione del proletariato sotto le bandiere del socialismo scientifico.
Nel 1883 così Engles commentava la scomparsa di Marx: “L'umanità è stata privata di un cervello, anzi del cervello più rilevante che attualmente possedeva. Il movimento del proletariato continua il suo cammino, ma è scomparso il punto di riferimento verso cui spontaneamente, nei momenti decisivi, si volgevano russi, francesi, americani, tedeschi per ottenere ogni volta quel consiglio chiaro, inconfutabile che soltanto il genio e una perfetta conoscenza dei problemi potevano dare. I grandi uomini locali, i piccoli talenti, per non parlare degli imbroglioni, avranno mano libera. La vittoria finale rimane sicura, ma i giri viziosi, le aberrazioni temporanee e locali - già prima inevitabili - ora aumenteranno in ben altra misura. Ebbene terremo duro; non è questo il nostro compito? E siamo ben lungi per questo dal perderci di coraggio” (F. Engels, Lettera a F. A Sorge, 15 marzo 1883, Ricordi su Marx, Edizioni Rinascita, pag. 137) .
Anche noi siamo ben lungi dal perderci di coraggio, anzi, continueremo a procedere nella nostra Lunga Marcia, con serenità e determinazione, stringendoci l’uno all’altro e sostenendoci reciprocamente.
Care compagne e cari compagni,
teniamo alta la bandiera di questo gigante del pensiero e dell’azione e continuiamo ad ispirarci ai suoi insegnamenti per denunciare, smascherare e combattere il capitalismo e per fare un grande, forte e radicato PMLI!
Gloria eterna a Marx, cofondatore del socialismo scientifico e grande Maestro del proletariato internazionale!
Avanti verso l’Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

16 marzo 2016