Disegno di Legge del governo insoddifacente
Poche tutele per i lavoratori autonomi
Nella maggior parte dei casi svolgono un lavoro precario e a basso reddito

Tra le varie misure prese dal Consiglio dei ministri del 28 gennaio scorso c'è anche la proposta di un disegno di legge (ddl) dedicato al lavoro autonomo. Questo è stato descritto con molta enfasi come lo Statuto dei lavoratori autonomi oppure il Jobs Act delle partite Iva, definizione quest'ultima più appropriata specie nella sua declinazione negativa. Tecnicamente vengono definite “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale”. Da tempo si avvertiva l'esigenza di un intervento che riavvicinasse le garanzie e i diritti dei lavoratori autonomi a quelli dei lavoratori subordinati, sopratutto istituendo anche per loro sostegni di natura previdenziale e di protezione previsti per i dipendenti, come rivendicato dalle associazioni che rappresentano i cosiddetti freelance (i collaboratori esterni), gli autonomi e i liberi professionisti.
E' bene sgombrare il campo dagli equivoci. Ci sono le eccezioni del professionista affermato con il suo lauto guadagno, il fotografo di grande esperienza che fornisce i suoi servizi a chi lo paga profumatamente, ma nella stragrande maggioranza dei casi il forte aumento avvenuto in questi anni di questo tipo di lavoratori non è altro che la conseguenza dell'ultima crisi economica capitalistica e della deregolamentazione del mercato del lavoro. Quelli che vengono definiti imprenditori di se stessi o autoimprenditori sono spesso soggetti che non trovano altro impiego e accettano un livello di garanzie inferiore a quello del lavoratore dipendente pur di garantirsi un reddito che, è bene ricordarlo, è quasi sempre basso o bassissimo.
Le misure contenute nella bozza del disegno di legge, pur contenendo alcuni miglioramenti rispetto alla situazione esistente, non modificano la condizione del lavoratore autonomo che rimane un soggetto con poche tutele e uno stipendio molto incerto. Il governo si è detto disposto a modificarla anche se fino ad ora tutti i cambiamenti apportati sono stati peggiorativi. Per adesso è molto generica ed esclude gli agenti e i rappresentanti di commercio restringendo la platea degli interessati al provvedimento a circa 200mila persone. La Cgil è stata molto critica sul ddl poiché disattende in larga misura le richieste della associazioni che rappresentano questi lavoratori e comunque quel poco che è stato concesso è grazie alle loro pressioni fatte sul governo.
Per il sindacato vi sono “norme confuse sul contrasto agli abusi, ad esempio non viene introdotto l'obbligo di comunicazione al centro per l'impiego dell'inizio dell'attività, né è chiara la disposizione circa la durata della committenza, ne' l'obbligo della forma scritta del contratto". Tutto questo continuerà a favorire lo sfruttamento del lavoro specie dei giovani, costretti dalla pratica diffusa in molti studi professionali dove anziché assumere dipendenti si preferisce lucrare sui collaboratori, solo formalmente autonomi, ma nella pratica sono dei dipendenti su cui il committente risparmia gli oneri previdenziali, oltre a quote di salario.
La Cgil denuncia come sono “completamente assenti misure per tutelare la parte più “debole del lavoro autonomo: uno strumento di sostegno al reddito per i periodi di crisi, una previsione sui compensi minimi con riferimento ai costi contrattuali previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro dei lavoratori subordinati corrispondenti, i diritti sindacali e alla rappresentanza, le norme antidiscriminatorie, l'accesso al welfare contrattuale". Riguardo alle tutele sui mancati pagamenti sarà istituita una polizza assicurativa a spese del lavoratore (deducibile, bontà loro). Si arriva così al paradosso che i danni provocati dal committente saranno pagati da chi li subisce.
Alcuni miglioramenti sono poi molto parziali. Sulla gravidanza l'indennità è prevista anche se la lavoratrice continua a svolgere la sua attività mentre sarebbe necessario, come rivendicano anche sindacati e associazioni, un periodo obbligatorio di astensione dal lavoro per salvaguardare madre e nascituro. In caso di malattia invece s'introduce la sospensione del pagamento degli oneri previdenziali ma non quella degli oneri fiscali. Nel testo poi viene inserita, sotto la pressione delle associazioni freelance l'equiparazione dei trattamenti oncologici alla degenza operatoria ma viene esclusa per tutte le altre patologie gravi che determinano una impossibilità oggettiva e prolungata a svolgere l'attività' lavorativa.
Nel complesso il ddl del governo non cambia le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori autonomi, ben lontana dall'essere elettrizzante, autonoma e senza vincoli, insomma libera da quelle rigidità di orario che impongono la propria presenza ogni giorno sul posto di lavoro. Chi si ritrova a fare la vita del freelance dietro a questa apparente libertà è costretto a subire l'alienazione dal contesto lavorativo e l'assenza, quella sì reale, di uno stipendio che sia degno di questo nome e fare fronte a costi sempre più sostenuti per l'attività lavorativa come benzina, telefono eccetera che spesso non sono neppure rimborsati.
Anche se vi sono delle differenze con i dipendenti, la condizione attuale della maggioranza dei lavoratori autonomi rientra a tutti gli effetti nella dilagante precarizzazione dei rapporti di lavoro. Una condizione da alcuni dipinta ipocritamente affascinante dietro la quale si nascondono invece lavori poco remunerati e con scarsissime tutele per i giovani che nella maggior parte dei casi li svolgono.
 
 
 

16 marzo 2016