Francia
500mila manifestano contro il Jobs Act in salsa Hollande

 
Almeno 500 mila manifestanti hanno partecipato il 9 marzo alle quasi 150 manifestazioni organizzate dai sindacati Fo e Cgt e dall'organizzazione studentesca Unef che si sono svolte in tutta la Francia nella prima giornata di mobilitazione contro la legge di riforma del codice del lavoro, quel progetto che sarà presentato ufficialmente il 24 marzo dalla ministra del Lavoro Myriam El Khomri e ribattezzato il “Jobs Act francese” perché tra le altre introduce maggiori flessibilità nei licenziamenti.
Nella giornata era in programma anche lo sciopero dei ferrovieri in lotta per aumenti salariali che ha portato al blocco di oltre il 75% dei treni. A Parigi, ci sono state due manifestazioni, una dei sindacati Cgt e Fo che hanno portato la protesta fin sotto le finestre della sede della Confindustria francese, il Medef, che ha contribuito alla scrittura della controriforma sul lavoro del governo del socialista Manuel Valls. Il corteo dei lavoratori si è quindi unito a quello degli studenti che è partito da Place de la République ed è sfilato fino a Place de la Nation. Fra le manifestazioni nelle altre città si registra quella di Lione dove la polizia è intervenuta con i lacrimogeni contro il corteo.
Le manifestazioni del 9 marzo sono state le prime di una serie di iniziative per contestare la riforma del lavoro che continuerà con altre mobilitazioni il 17 e il 31 marzo. Assieme a cortei e sit in la protesta viaggia anche con una petizione su Internet contro la legge che rende il lavoro sempre più precario e che ha già raccolto più di 1,2 milioni di firme.
La legge doveva essere presentata in consiglio dei ministri proprio il 9 marzo ma il governo Valls aveva deciso di rimandarla al 24 marzo e di avviare un negoziato e trovare un'intesa con quei sindacati che non avevano aderito alle manifestazioni. Il sindacato socialista filogovernativo della Cfdt e l'equivalente studentesco della Fage hanno manifestato il 12 marzo per chiedere al governo l'apertura di una trattativa e modifiche alla prima stesura del testo redatto dalla ministra Myriam El Khomri. Cgt, Fo e l’Unef chiedono invece il ritiro della riforma.
Il presidente François Hollande ha cercato di camuffare la controriforma del lavoro affermando che la proposta del governo difende “il modello sociale francese”, nei fatti ne smantella quantomeno dei pezzi. Con la nuova legge salta di fatto la settimana lavorativa di 35 ore, che può essere modificata attraverso accordi a livello di impresa; i licenziamenti saranno più facili e meno costosi per i padroni dato che basterà un calo anche temporaneo dell’attività dell’impresa per giustificarli mentre gli indennizzi ai lavoratori in caso di licenziamenti abusivi non saranno decisi liberamente dai tribunali del lavoro ma secondo tariffe prefissate; le multinazionali potranno taroccare il conto economico e dichiarare se necessario bilanci in negativo potendo non includere gli eventuali utili fatturati all’estero.
Secondo il governo Valls la maggiore flessibilità nei licenziamenti dovrebbe facilitare le assunzioni, un ritornello farlocco che abbiamo sentito più volte a favore del Jobs Act renziano. Sindacati e giovani rispondono che non possono accettare i contratti precari a vita, quelli modello Cpe, il contratto di primo impiego che la rivolta degli studenti nel 2006 costrinse il governo di destra dell'epoca guidato da Dominique de Villepin a ritirare. I socialisti Hollande e Manuel Valls ci riprovano e coi sindacali filogovernativi tentano di disinnescare la crescita di un movimento di opposizione che possa far fallire di nuovo il progetto liberista.

16 marzo 2016