“Maternità surrogata”, un diritto civile da conquistare

La stepchild adoption (ossio l'adozione del figlio del partner da parte di coppie omosessuali), prima presente e poi stracciata nella versione definitiva del ddl sulle unioni civili, e la vicenda legata al figlio di Nichi Vendola sono state strumentalizzate ad arte dalla destra reazionaria, cattolica e oscurantista per lanciare una nuova offensiva contro i diritti delle famiglie omosessuali, questa volta sulla “maternità surrogata”, cioè gestazione per altri.
Per “maternità surrogata”, chiamata incorrettamente anche “utero in affitto” per darle un tono ancora più disumano, si intende la possibilità per una donna di partorire un figlio per conto di altri.
Non stupisce che la destra reazionaria scalpiti per difendere la genitorialità come un “dono di Dio” da realizzarsi esclusivamente all'interno della famiglia cattolica eterosessuale tradizionale, peraltro strumentalizzato una legge, la Cirinnà, che la surrogata non la sfiorava nemmeno. Ma è inaccettabile che certi esponenti della “sinistra” borghese tirino in ballo persino Marx e la lotta di classe per unirsi al coro reazionario. Giorgio Cremaschi l'ha definita “mostruosità del mercato” e “violenza di classe” che “sfrutta le donne e il loro corpo”. L'arcimbroglione Marco Rizzo dai microfoni di “Radio Vaticana” ha parlato di “sfruttamento bestiale”; certo non stupisce se si pensa che il suo PC in un recente documento ha scritto che: “riteniamo che l’orientamento sessuale omosessuale o la relazione di per sé non determinino diritti sociali legati alla famiglia e soprattutto alla custodia di minori”, ripetendo a pappagallo il partito revisionista greco KKE che ha votato contro il matrimonio gay insieme ai neonazisti di Alba Dorata. Il filosofo a lui gradito, Diego Fusaro, ha invece usato fuori contesto la frase tratta dalla “Miseria della filosofia” di Marx secondo cui sotto il capitalismo “tutto divenne merce” per attaccare la surrogata, con un notevole riscontro in rete. “Il manifesto” trotzkista ha ospitato l'assurda tesi del prof. Paolo Ercolani di Urbino per cui “quella che già Marx chiamava schiavitù salariata... oggi si è trasformata in un dominio 'biopolitico'”.
Fa specie che i suddetti personaggi rispolverino la lotta di classe e Marx solo quando si tratta di fare, almeno oggettivamente, fronte comune con la destra reazionaria. “L'Avvenire”, organo della Conferenza episcopale italiana, il 5 marzo si è compiaciuto di tutti questi nuovi alleati inattesi. Bisognerebbe chiedersi inoltre perché questo accanimento nasca solo ora che si parla di gay, mentre la “maternità surrogata” esiste da tempo per le coppie etero. Ciò nasconde una certa omofobia di fondo e rischia di mettere la classe operaia e i lavoratori contro chi, in questi giorni come nel passato, si sta battendo per i diritti civili. Un po' come fece il PCI revisionista quando vacillò sulla legalizzazione del divorzio e dell'aborto.
Per noi marxisti-leninisti italiani, la “maternità surrogata” è un diritto che va riconosciuto sia alle coppie eterosessuali che a quelle omosessuali, purché basata sulla libera scelta da parte delle donne e non a scopo di lucro. Parimenti devono essere facilitate le procedure per l'adozione, che va legalizzata anche per le coppie gay e resa gratuita.
Ovviamente, sotto il capitalismo, dove vige la legge della giungla del libero mercato, solo i più ricchi possono permettersi questa pratica ed esiste il pericolo che le donne proletarie e oppresse siano barbaramente costrette a “vendere” il proprio corpo. A ben vedere ciò vale anche per molti altri diritti, a partire dalla stessa adozione, per via delle differenze di classe che esistono nella società. La cultura individualista ed edonista del capitalismo può portare anche ad aberrazioni come la scelta della donatrice in base a caratteristiche fisiche come il colore degli occhi e dei capelli, come avviene negli Usa. Tutto questo è inaccettabile e deve essere combattuto, battendosi per strappare leggi a tutela delle “madri surrogate”, in particolare affinché la pratica sia realizzata esclusivamente dalla sanità pubblica, non da cliniche private a caccia di profitti.
Ma ciò non significa che la lotta per i diritti civili debba essere messa in soffitta e rimandata alle calende greche, sacrificando il benessere di intere categorie. Bisogna invece lottare per eliminare sia le condizioni economiche e sociali che possono portare allo sfruttamento delle donne povere, sia quelle che impediscono alle coppie etero e gay appartenenti alle classi oppresse di poter ricorrere alla surrogata.
Semmai, quindi, siamo di fronte ad un'ulteriore prova che senza diritti sociali non ci possono essere diritti civili autentici per tutti. Ecco perché la battaglia per il matrimonio, l'adozione e la “maternità surrogata” anche per le coppie omosessuali è parte integrante e non in contraddizione con la lotta più generale contro il capitalismo, per l'emancipazione del proletariato e dell'intera umanità.

16 marzo 2016