Al referendum sulle trivellazioni in mare del 17 aprile
Il PD si asterrà per impedire che si raggiunga il quorum
Un bel regalo ai petrolieri e un danno alla salute, alla natura ed all’ambiente

Il PD, attraverso il suo rappresentante Lino Paganelli, ex bersaniano poi passato a Renzi dal 2012, ha comunicato che il PD farà campagna per l’astensione al referendum del prossimo 17 aprile sulle trivellazioni in mare, con il chiaro intento non dichiarato di farlo fallire. La conferma ufficiale arriva in una nota firmata da Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. “Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili e non blocca le trivelle”, affermano i vicesegretari del PD. Si dichiara stupita la minoranza PD e afferma di non capire come e quando la scelta sia maturata e quale criterio numerico è stato adottato per poter dire che il PD sostiene l’astensione. Timidamente costoro rivendicano quanto prima una conta per stabilire il merito o meno dell’uso del simbolo anche se ormai i giochi sono fatti.
Nel partito di governo esplodono le polemiche poiché se è vero che, come annunciato dal presidente Matteo Orfini voterà alla riunione della direzione del PD (poi rinviata), è altrettanto vero che di fatto questa consultazione non potrà essere nulla di più della ratifica di una deliberazione già presa e già prepotentemente comunicata all’Agcom. Ecco dunque l’ennesimo sberleffo di Renzi ad una minoranza che continua a subire continui colpi di mano senza reagire come dovrebbe, se davvero volesse porre rimedio alla deriva fascista di Renzi in seno al suo partito, e rimanendo timidamente polemica ma certamente accucciata al fianco del suo padrone.
A ribadire le posizioni della segreteria PD, i cui componenti secondo alcune ricostruzioni giornalistiche non sarebbero neppure stati informati nella loro totalità rispetto alla scelta dell’astensione, è Ettore Rosato, capogruppo alla Camera, che opportunisticamente dichiara l’inutilità del referendum e paventa il rischio di posti di lavoro qualora le piattaforme d’estrazione fossero chiuse. In pratica, “se il referendum passerà l'Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all'estero più gas e più petrolio” è il motto col quale il PD sostiene gli interessi dei petrolieri. Una menzogna colossale che mostra la vera demagogia dei dirigenti del PD, messi con le spalle al muro dal timore di vedersi sottratta la norma col referendum; in realtà le estrazioni perdurerebbero fino al termine delle concessioni, dando tutto il tempo per variare il modello di produzione energetica verso le rinnovabili, riconvertendo tutto il personale impiegato nelle piattaforme che andranno via via dismesse ed offrendo nuove possibilità occupazionali.
Il timore per questo passaggio, di fatto in parte forzato dalla vittoria del Sì, potrebbe creare numerosi grattacapi ai petrolieri se la scarsa quantità e qualità del gas e petrolio ora estratto, fosse superata dalla quantità e dalla qualità, unitamente al risparmio economico, alla maggiore tutela della salute pubblica e dell’ambiente, dalle nuove produzioni “verdi” delle neonascenti “centrali” alimentate da rinnovabili. Quale futuro allora si prospetterebbe per le piattaforme ubicate oltre le 12 miglia che rimangono, referendum a parte, i due terzi del totale? Un esperimento che il governo Renzi, amico dei petrolieri, non ha nessuna intenzione di fare per poter continuare bellamente a foraggiare le multinazionali del petrolio agevolandone l’attività di ricerca di nuovi giacimenti e riservando loro le royalties più basse dell’intero pianeta.
Romano Prodi, ex presidente del consiglio e della Commissione Ue, ma anche a lungo al timone dell’Iri dai primi anni '80 ed artefice dei licenziamenti di massa in vista della futura privatizzazione degli anni '90, è entrato nella discussione interna al PD non prendendo una posizione netta né per il voto, né per l'astensione, ma limitandosi a dire che se dovesse votare, voterebbe No contro quello che lui definisce un “suicidio nazionale”. Gianni Cuperlo e Roberto Speranza invitano il PD a cambiare posizione sulla vicenda delle trivelle poiché a loro avviso sarebbe inaccettabile  immaginare un grande partito, il più grande del Paese, che inviti la popolazione all’astensione.
Rimane un dato di fatto che in tutti i programmi elettorali del PD alle recenti amministrative, così come nelle Regionali ed alle liste europee, si diceva di voler rinunciare al petrolio e alle risorse fossili per puntare su solare e eolico; così com’è un altro dato incontrovertibile la linea imposta da Renzi, quella dell’astensione, novità assoluta per il partito storicamente inteso, per il PCI-PDS-DS-PD che mai ha proposto così di disertare le urne. Tradimenti su tradimenti, in primis a quell’elettorato che ancora una volta si è fidato del nuovo duce di Rignano sull’Arno poiché portavoce di svolte ambientaliste.
Nonostante quindi l’imbarazzo generale, considerato che sette delle nove regioni che l’hanno proposto siano amministrate dal PD, il partito del Presidente del Consiglio preferisce vigliaccamente la fuga al confronto referendario fortemente voluto dall’associazionismo ambientale e dal resto dei promotori che stanno portando avanti fra mille difficoltà e boicottaggi la propria campagna referendaria. Del resto la posizione del PD è di fatto conseguente agli altri strumentali avvenimenti governativi quali l’aver evitato di accoppiare il referendum con le prossime elezioni amministrative, e l’individuazione della data referendaria al 17 aprile riducendo al massimo lo spazio della campagna elettorale che, ufficialmente partita da 15 giorni, è al momento soggetta a mistificazioni e falsità di ogni genere, in primis l'occupazione e l’assoluta mancanza di rischi per la salute e per l’ambiente, smentita scientificamente da un recente rapporto di Greenpeace sull’inquinamento dei nostri mari, che martella gli italiani sui media di regime ad ogni occasione. Puntare sull’astensione è la scelta più comoda per il governo, che teme la vittoria dei Sì sia per gli effetti diretti – le concessioni attive entro le 12 miglia marine non potranno essere rinnovate – sia per le conseguenze politiche poiché l’affermazione referendaria potrebbe scardinare la prepotenza ducesca del premier e del Governo, anche in vista di quello costituzionale di ottobre che, fra l’altro, vanta un fronte unito di sostegno ancora più ampio e consistente.
Naturalmente Renzi sa che il mancato raggiungimento del quorum è l’unica possibilità che il governo ha per battere il SI se il referendum sarà reso valido dall’affluenza del 50% +1 degli italiani. Eppure, in altra consultazione referendaria di un decennio fa sulla procreazione assistita quando i politici cattolici e la conferenza episcopale italiana guidarono la campagna per l’astensione, gli allora DS parlarono di “trucco furbesco” e invitarono lo Stato del Vaticano a non interferire con le scelte degli elettori italiani. L’assoluta prepotenza ed onnipotenza di Renzi e della maggioranza del suo partito passa oltre anche alle evidenti critiche alla quali si sottopone dal momento in cui si crea il paradosso fra una continua ricerca del voto e la demonizzazione dell’astensionismo alle consultazioni politiche che lasciano agli eletti “carta bianca” per la legislatura, e l’invito all’astensione referendaria quando invece, pur considerati i limiti stessi dei referendum, la popolazione ha effettivamente la possibilità di decidere su quella specifica questione.
Noi ci auguriamo che questo episodio, l’ennesimo, che mostra l’arroganza del governo Renzi, sia capace di unire ancora di più le masse già coscientemente No Triv e rappresenti un elemento per tutti gli antifascisti ed i progressisti ancora presenti all’interno del PD affinché essi possano finalmente prendere coscienza della vera natura del PD stesso e del governo, che ogni giorno di più mostra il suo vero volto antipopolare, neofascista, al servizio di petrolieri e banche ed assolutamente distante dalla salvaguardia della salute pubblica, dell’ambiente e del lavoro e che tradisce, affossandole ad ogni occasione, qualsiasi speranza di passaggio massiccio alle fonti energetiche rinnovabili.

23 marzo 2016