Rapinati al popolo
Oltre 260mila euro annui alla renziana Bignardi per dirigere Rai3

E' scandaloso che milioni di lavoratori, giovani precari, disoccupati, pensionati e cassintegrati, sono costretti a rinunciare perfino alle cure mediche per riuscire a sbarcare il lunario, mentre la renziana Daria Bignardi, ex conduttrice de Le Invasioni Barbariche e del Grande Fratello, è stata imposta dal nuovo duce Renzi al vertice di Rai3 con un stipendio che oscilla tra 260 e i 280mila euro lordi l’anno. Cifra ben al di sopra del tetto che in teoria fissa a 240mila euro lordi l’anno la retribuzione massima per i dirigenti pubblici.
Per aggirare la legge varata nel 2011 dal governo Monti, la Rai ha avviato a maggio 2015 il collocamento di un bond da 350 milioni di euro proprio per rientrare nella seconda parte della normativa che prevede appunto che le aziende controllate dallo Stato che emettono titoli di debito quotati siano esenti dal rispetto della norma sui tetti.
La “promozione” della Bignardi ai vertici di Viale Mazzini è l'ultimo di una lunga serie di nomine effettuata nei sette mesi di dirigenza targata Campo Dall’Orto tra cui spiccano fra gli altri Andrea Fabiano, promosso da vicedirettore a direttore di Rai1 ed il più giovane della storia della Tv pubblica, e Ilaria Dallatana (Rai 2) che tra l'altro ha fondato la casa di produzione televisiva Magnolia con Giorgio Gori, ex direttore di Canale 5 e Italia 1 e da giugno 2014 è anche sindaco di Bergamo per il PD.
Insomma, pur di mungere mamma Rai e rapinare i soldi al popolo per foraggiare i media e la stampa di regime, per il governo Renzi non ci sono “tetti” o conflitti di interessi che reggono.
Il maxi-stipendio della Bignardi ha infatti scatenato le sacrosante proteste del Codacons che ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per chiedere “di verificare i contratti Rai riservati ai nuovi direttori di rete, e accertare se i compensi stabiliti siano compatibili non solo con le norme vigenti, ma anche con le necessarie politiche di tagli e spending review che hanno investito negli ultimi anni l'azienda pubblica”.

23 marzo 2016