In manette sei giudici e decine di commercialisti, avvocati, dirigenti, funzionari e dipendenti dell'Erario corrotti
Tangenti alla Commissione tributaria
Da Milano a Catania passando per Roma si profila una nuova Tangentopoli giudiziaria all'ombra della P3

Dopo la “cricca degli appalti pubblici” dell'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci in cui venne coinvolto anche l'allora capo della Protezione civile nonché sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Guido Bertolaso, attuale candidato di Silvio Berlusconi a sindaco di Roma; adesso tocca alla “cricca dei giudici tributari” che in cambio di laute tangenti pilotavano i ricorsi in commissione in modo da far ottenere ai loro corruttori ingenti sgravi fiscali grazie anche a una fitta rete di losche relazioni con dipendenti dell'amministrazione finanziaria, civile e militare corrotti, avvocati, consulenti e commercialisti.
Il 9 marzo con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla concussione e corruzione anche in atti giudiziari, tredici persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza del comando provinciale di Roma nell'ambito dell'operazione denominata “Pactum sceleris” che ha portato alla luce una vera e propria organizzazione criminale in grado di garantire a uno stuolo di grossi evasori fiscali scovati dagli accertamenti del Fisco di uscire vittoriosi nei ricorsi presentati innanzi alle commissioni tributarie o di ottenere consistenti sgravi di imposte dagli uffici finanziari.
In manette sono finiti i giudici tributari Onofrio D'Onghia Di Paola, Salvatore Castello e il recidivo Luigi De Gregori, che già nel 2013 ebbe una condanna a 4 anni e 4 mesi di reclusione perché fu pizzicato in flagranza di reato con una tangente di 6 mila euro che gli era stata girata da un avvocato di 71 anni per “chiudere da gentiluomini un contenzioso con il Fisco”.
I nove capi di imputazione che gravano ora sulla testa di De Gregori abbracciano un arco temporale che va dal maggio 2011 al giugno 2013, quindi prima dell'episodio che ha determinato la prima condanna. Gli atti d'inchiesta che lo riguardano partono infatti dal maggio del 2011 quando De Gregori convocò telefonicamente a casa sua il commercialista Arturo Mascetti per "presunti problemi ostativi all'accoglimento di due ricorsi" presentati per conto del Centro Equestre Chiara Piccola Scarl contro una serie di accertamenti emessi dall'Agenzia delle Entrate. Mascetti, durante l'incontro, si sentì chiedere da De Gregori il pagamento di 15mila euro per vedere accolti i suoi ricorsi e condannare la pubblica amministrazione al pagamento delle spese, quantificate in 6mila euro. Non solo. De Gregori spiegò al commercialista che la sentenza "poteva essere predisposta" dallo stesso diretto interessato. L'affare non andò in porto perché Mascetti si rifiutò di pagare e preferì denunciare tutto ai finanzieri della compagnia di Velletri, i cui accertamenti diedero così il via all'indagine della Procura di Roma.
Le altre persone finite in carcere sono l'avvocato Giuseppe Natola, la commercialista Rossella Paoletti, gli ex dipendenti di Agenzia delle Entrate Daniele Campanile e Sandro Magistri, il funzionario dell'Erario Tommaso Foggetti e il finanziere Franco Iannella. Ai domiciliari invece sono finiti i commercialisti David De Paolis e Aldo Boccanera nonché Alberto Bossi, dipendente della commissione tributaria regionale di Roma.
Tra gli indagati a piede libero c'è anche l'attore e doppiatore romano Massimo Giuliani, al quale viene contestato il reato di corruzione in atti giudiziari in concorso per aver pagato una tangente da 65 mila euro per aggiustare una causa da tre milioni.
Il percorso, spiegano gli investigatori, era noto solo agli addetti ai lavori ed era così rodato da garantire, dietro pagamento di ingenti somme o alla consegna di regalie di vario genere, il pieno successo di tutti i ricorsi proposti contro gli atti di accertamento del Fisco, anche dei più improbabili.
Ma non è tutto. Perché a giudicare dagli sviluppi di varie altre inchieste aperte in diverse procure dal Nord al Sud dell'Italia, quella di Roma potrebbe essere solo la punta di un gigantesco iceberg che potrebbe dare avvio a una nuova Tangentopoli giudiziaria. Anche perché, come nel caso della “cricca degli appalti pubblici” e di avarie altre inchieste giudiziarie fra cui ultimo lo scandalo finanziario di Banca Etruria in cui è coinvolto il papà della ministra Boschi, anche in questo caso dietro al mercimonio aleggia sempre più inquietante l'omba della P3 i cui protagonisti si vantavano proprio del fatto di essere in grado di pilotare grandi processi tributari.
A febbraio infatti in una inchiesta analoga condotta dalla procura di Catania è stato arrestato il giudice Filippo Impallomeni, 71 anni, presidente di sezione della commissione tributaria provinciale della città etnea, accusato insieme a due imprenditori, un commercialista e un cancelliere, di aver preteso tangenti in cambio di decisioni favorevoli. Mentre tra dicembre e gennaio scorso a Milano sono stati arrestati il giudice Luigi Vassallo e il giudice onorario Marina Seregni. I due tributaristi sono accusati di corruzione in atti giudiziari per il caso della Dow Europe Gmbh, ma anche di aver pilotato un contenzioso da 14,5 milioni a favore della società Swe-Co, dell'imprenditore Luciano Ballarin (indagato) in cambio di 65mila euro. Il Gip Manuela Cannavale cita esplicitamente la "spregiudicatezza con cui si muoveva Vassallo, che sapeva di poter fare affidamento su Seregni e verosimilmente anche su altri giudici tributari e funzionari dell'Agenzia delle Entrare, per pilotare ricorsi, influenzare i giudizi dei collegi, sostituirsi nella redazione delle sentenze, a fronte della corresponsione di dazioni illecite da ripartire con i complici". Infatti nell'inchiesta è indagato anche un giudice togato, Francesco Pinto, ex presidente del tribunale di Imperia, ex giudice a Monza, ora presidente della sezione 18 della Commissione tributaria provinciale di Milano.

23 marzo 2016