Istituito il sistema federale nel Rojava/Siria settentrionale

Il 17 marzo i curdi del nord della Siria hanno proclamato una federazione autonoma da Damasco. Idris Nassan, responsabile per le relazioni internazionali del cantone curdo di Kobane, ha annunciato l'accordo raggiunto in una conferenza tenutasi tra responsabili curdi nella località di Rmelan il 16 e 17 marzo. Il congresso costitutivo per una nuova amministrazione del Kurdistan siriano è stato organizzato dal locale movimento “Società Democratica” (TEV-DEM) legato al Partito dell'Unione Democratica (PYD), braccio politico delle Unità di Difesa del Popolo (YPG), i noti Peshmerga, le milizie armate curde osteggiate dalla Turchia del fascista Erdogan quale estensione in Siria del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan).
La nuova federazione di Rojava comprende i tre cantoni di Jazira, Kobane e Afrin controllati dall'YPG, che combatte contro lo Stato islamico con il sostegno del governo siriano e degli imperialisti americani. Una striscia di terra settentrionale della Siria con una superficie di circa 25mila chilometri quadrati e due milioni di abitanti. Dal canto suo la Siria ha immediatamente manifestato la sua contrarietà alla proclamazione definita unilaterale dell'autonomia curda. L'ambasciatore siriano Bashar Jàafari, alla guida della delegazione di Damasco ai colloqui di Ginevra sulla Siria, ha seccamente respinto l'idea di un sistema federale curdo nel nord del paese. “Quello di cui stiamo parlando qui è come salvaguardare l'unità della Siria - ha affermato -. Scommettere sulla creazione di divisioni sarebbe un fallimento totale”. Mentre i curdi si sono affrettati a smentire che la federazione autonoma sia un primo passo verso la secessione: “E' vero che noi come curdi abbiamo sofferto storicamente, - ha affermato il portavoce de YPG Redur Khalil alla tv pubblica curda - ma oggi non vogliamo che la conquista dei nostri diritti sia a spesa degli altri”. Alcuni esponenti dell'amministrazione di Rojava hanno confermato che la decisione presa va verso “una amministrazione autonoma curda intesa all'interno di un futuro Stato federale in Siria”, tanto che la “regione autonoma avrà confini amministrativi su basi geografiche a prescindere delle sue componenti etniche, non più né meno di quanto avviene in Iraq con la regione autonoma del Kurdistan”.
Gli stessi curdi si sono mostrati realisti circa la loro decisione: “Non ci aspettiamo certo un vasto sostegno internazionale e tanto meno regionale”, ha affermato un alto esponente del PYD, ricordando però che la Russia, per bocca del suo vice ministro degli Esteri Sergey Ryabkov, il 29 febbraio scorso “ha parlato della possibilità di trasformare la Siria in uno Stato federale, anche se non ha ancora espresso una posizione esplicita di sostegno ai nostri progetti”. Gli USA, già prima dell'annuncio curdo, avevano preso le distanze, parlando di “decisione che non può essere presa unilateralmente”, come la totalità dei governi arabi e in particolare Turchia e Iran che hanno significative minoranze curde, anche ben più numerose di quella siriana. “Una decisione che non ha alcun valore né validità” ha liquidato la questione il ministero degli Esteri turco, specificando che Ankara sosterrà “una soluzione in Siria che preservi l'integrità dl Paese”. Pochi giorni prima il premier turco Davutoglu aveva incontrato a Teheran il presidente iraniano Rohani, quest'ultimo in sintonia con Damasco: “Abbiamo informato tutti i nostri amici e vicini e anche i russi che la sovranità dei Paesi della regione è un principio al quale teniamo, sia in Iraq che in Siria”. Interpellato da France Presse sulla possibilità di riconoscere ai curdi un'autonomia amministrativa, il presidente siriano Bashar al Assad ha detto che “la questione è legata direttamente alla costituzione siriana” e che “queste vicende devono far parte di un dialogo politico futuro” e oggetto di “un referendum”.
Nel documento approvato sul sistema federale nel Rojava, che pubblichiamo integralmente a parte, i rappresentanti curdi affermano che esso “può servire come un modello per il resto della Siria fornendo una soluzione per l'intera crisi siriana”. Un modello per l'intero paese dunque, non una divisione federale su base etnica o religiosa, ma una struttura di governo che si fondi “sulla democrazia di base e di autogoverno delle comunità”. Ambizioni che hanno provocato la condanna anche del Consiglio nazionale curdo, l'alleanza di 15 partiti curdi siriani ammessa ai dialoghi di Ginevra sulla Siria, che il 18 marzo ha definito la dichiarazione federalista della Rojava come “antidemocratica” e “dittatoriale”.
 

30 marzo 2016