Tramite la penna di Giuliana Sgrena
“Il manifesto” trotzkista si schiera con gli imperialisti contro lo Stato islamico

Fra i tanti modi per schierarsi con gli imperialisti contro lo Stato islamico quello de il manifesto trotzkista passa dall’esaltazione del ruolo chiave che potrebbero avere in questa guerra i sevizi segreti. Un compito affidato all’editoriale “Questione di intelligence” pubblicato il 24 marzo a firma di Giuliana Sgrena con una titolazione sintetica e altrettanto esplicativa: “Strategie. Un tempo l’Italia aveva conoscenze sul Medio Oriente che oggi tornerebbero estremamente utili. Ripartire da Nicola Calipari per sconfiggere il Califfo”.
L’editoriale della Sgrena, che non cita nemmeno incidentalmente la parola imperialismo, parte subito dalla constatazione che “il terrorismo è un’arma non convenzionale e non può essere sconfitta con bombardamenti o con i droni, anche i più sofisticati. (…) Per combattere il terrorismo non bastano nemmeno le forze di sicurezza, anche le più preparate non lo sono per far fronte a questo tipo di arma destabilizzante. Occorre una strategia fondata su una conoscenza approfondita dell’ideologia che costituisce il supporto ideale e la base di reclutamento e finanziamento dei terroristi”.
La guerra allo Stato islamico quindi dovrebbe essere condotta anzitutto da una fantomatica “intelligence” che sembra esistere solo nell’immaginazione della Sgrena secondo la quale “solo un’intelligence che abbia come obiettivo quello di raccogliere informazioni non per giustificare un intervento militare o compiacere un governante ma per essere al servizio della sicurezza dei cittadini e dello stato (sic!)”.
“La parte politica alla quale appartengo è sempre stata diffidente quando non ostile ai servizi segreti per il ruolo che hanno avuto nel nostro paese e che spesso ancora hanno”, ricorda ma solo di sfuggita perché quello che le interessa è altro; riferendosi alla storia del suo rapimento e liberazione in Iraq, ricorda Nicola Calipari, l’agente dei servizi assassinato a un posto di blocco dei marines americani mentre la stava riportando a casa, affermando che “Nicola Calipari è stato fondamentale per la mia salvezza e quella di altri ostaggi, perché conosceva il terreno, sapeva come e con chi trattare, era consapevole che senza la conoscenza dell’intelligence non ci può essere una strategia politica”. “L’Italia aveva maturato in quel periodo – sottolinea la Sgrena - una conoscenza del Medio Oriente che oggi sarebbe estremamente importante per agire politicamente e non solo militarmente su uno scenario che è molto vicino a noi. Lampedusa è più vicina alla Libia che all’Italia”.
Non è dato sapere quale sia l’attività e l’efficacia del lavoro già certamente sviluppato della cosiddetta intelligence, e in particolare quella italiana, nel prossimo scenario di guerra in Libia. Molto probabilmente i servizi operano secondo “gli interessi dei vari paesi europei (…). Ognuno vuole coltivare il proprio orticello e/o la ex-colonia, conquistare nuove riserve di materie prime o espandere il proprio mercato” è costretta a riconoscere in un passaggio dell’editoriale. Del resto non è credibile che i servizi italiani si comportino diveramente dagli altri solo perché c’è stato in passato il caso Calipari. Diventa solo un modo per giustificare l’appoggio all’imperialismo, e in particolare all’imperialismo di casa propria, nella guerra contro lo Stato islamico.

30 marzo 2016