Retata di boss mafiosi
62 arresti a Palermo, tra cui due boss legati a Riina
L'operazione dimostra quanto ancora sia radicata la mafia sul territorio

Dal nostro corrispondente della Sicilia
L'operazione antimafia, disposta dal procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, e dagli aggiunti Leonardo Agueci e Vittorio Teresi, che ha portato il 16 marzo all'arresto di 62 esponenti delle cosche mafiose palermitane, boss e gregari, mostra, sotto diversi aspetti, come siano capillari la presenza e l'oppressione mafiosa nel capoluogo siciliano e nella sua provincia.
In carcere i due padrini, che, fin dagli anni '80 fedelissimi di Salvatore Riina, stavano puntando alla riorganizzazione delle cosche nel caoluogo siciliano e nella sua provincia: Mario Marchese, 77 anni, per volere del nuovo capo di Cosa nostra, Salvatore Riina, andato a comandare, dopo l'assassinio del boss Stefano Bontate nel 1981, la cosca di quest'ultimo. Uscito di carcere nel 2001, il capomafia da allora impone estorsioni e “risolve” questioni di vario tipo anche per i politicanti borghesi. Dall'indagine, emerge che un consigliere comunale di Monreale (Palermo), Remo Albano, ex PDL, si inginocchiò al cospetto del boss per chiedergli un favore. C’era anche un andirivieni di imprenditori che, secondo gli inquirenti, sarebbero collegati alle cosche. Alcuni di loro, oltre a pagare il pizzo, sarebbero stati disposti anche a mettersi in ginocchio in segno di rispetto nei confronti di Marchese, dal quale ricevevano indicazioni e incarichi per la realizzazione di progetti imprenditoriali di vario tipo, soprattutto nel settore edilizio.
Anche davanti alla casa di Gregorio Agrigento, 81 anni, da sempre legato ai Brusca e reggente del mandamento di San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, c'era la fila di imprenditori e politici a chiedere il favore.
Con l'enorme giro di danaro sporco che riuscivano a muovere, i clan nel corso degli anni avrebbero avviato o rilevate alcune imprese, minacciando i titolari che, inizialmente vittime, avrebbero poi deciso di collaborare con i boss. Insieme agli arresti è stato quindi notificato un decreto di sequestro per attività commerciali e imprese di vario tipo, oltre che per beni immobili.
Le indagini dei carabinieri del Ros e del Gruppo di Monreale hanno portato in carcere anche una sessantina tra colonnelli e gregari che, al comando degli anziani padrini, garantivano un controllo capillare del territorio. Nella lista degli arrestati c'è anche un pezzo della Palermo bene. Si tratta di Alfredo Giordano, il direttore di sala del Teatro Massimo, padre della famosa cantante lirica che si esibisce nel teatro palermitano.
L'indagine mostra quanto diffusi e generalizzati siano il radicamento e il consolidamento del legame tra criminalità organizzata e istituzioni, favoriti da una totale mancanza di volontà e di azioni concrete di lotta contro la mafia da parte di tutti i partiti politici borghesi, che addirittura si vanno ad inginocchiare concretamente o metaforicamente davanti ai boss.
Cosa sta, peraltro, facendo il governo del nuovo duce Renzi per sconfiggere la mafia? Cosa stanno facendo il governo Crocetta e l'amministrazione Orlando? Praticamente nulla, mentre avrebbero il dovere di sottrargli manodopera attraverso piani di intervento straordinari economici e sociali per il Mezzogiorno d'Italia, contro la povertà dilagante, il degrado sociale, ambientale e urbanistico. Occorrerebbe fermare la spaventosa ecatombe di posti di lavoro, la desertificazione industriale e la disoccupazione di massa. Occorrerebbe un piano per il lavoro stabile, a salario pieno e tutelato sindacalmente, secondo le condizioni sancite nei contratti di lavoro e senza alcuna deroga, per tutti i disoccupati.
 
 
 
 

6 aprile 2016