QUALI SONO LE ENERGIE RINNOVABILI PIU’ PULITE

 
Col termine “energie rinnovabili” si intendono forme di energia che hanno per fonti risorse energetiche “rinnovabili”, in generale risorse naturali, e che si rigenerano in tempi brevi se confrontati con i tempi caratteristici della storia umana. Grazie alla loro capacità di rigenerarsi, molte risorse energetiche rinnovabili sono considerate "inesauribili", nel senso che si rigenerano almeno alla stessa velocità con cui vengono consumate, oppure non sono "esauribili" come il sole o il vento. Le “rinnovabili” sono forme di energia alternative alle tradizionali fonti fossili e molte di esse hanno la peculiarità di essere "energie pulite", ossia di non immettere nell'atmosfera sostanze inquinanti e/o climalteranti, su tutte la CO2. Vediamo quali sono le principali.
 
ENERGIA SOLARE. L'energia solare è un'energia pulita e rinnovabile, termica o elettrica, prodotta sfruttando direttamente l'energia irraggiata dal Sole verso la Terra. Ogni istante il Sole trasmette sull'orbita terrestre 1367 watt per mq.; una enormità circa diecimila volte superiore a tutta l'energia usata dall'umanità nel suo complesso. La tecnologia principalmente usata per trasformare in energia sfruttabile l'energia pulita e rinnovabile del sole è il pannello fotovoltaico, che utilizza le proprietà di particolari elementi semiconduttori per produrre energia elettrica quando sollecitati dalla luce.
 
ENERGIA IDROELETTRICA . L'energia idroelettrica è l'energia che sfrutta la trasformazione dell'energia potenziale gravitazionale posseduta da masse d'acqua in quota, in energia cinetica nel superamento di un dislivello: questa, a sua volta viene trasformata, per mezzo di un alternatore accoppiato ad una turbina, in energia elettrica. L'energia idroelettrica viene ricavata dal corso di fiumi e di laghi grazie alla creazione di dighe e di condotte forzate ed è una fonte di energia rinnovabile. L'energia idroelettrica è la principale risorsa alternativa alle fonti fossili usata in Italia, e garantisce circa il 15% del fabbisogno energetico italiano.
ENERGIA EOLICA . L'energia eolica sfrutta l'energia cinetica prodotta dal vento per produrre energia meccanica o elettrica, utilizzando il principio di funzionamento del mulino con le pale ruotanti collegate a un generatore elettrico. L'energia eolica rientra tra le forme di energia rinnovabile e pulita che forniscono alla rete nazionale italiana un contributo significativo in termini di energia elettrica prodotta.
ENERGIA GEOTERMICA . L'energia geotermica è un'energia rinnovabile e pulita generata sfruttando fonti geologiche di calore. In alcune particolari aree si presentano condizioni in cui la temperatura del sottosuolo è leggermente più alta della media, un fenomeno causato dai fenomeni vulcanici o tettonici, ed è proprio in queste zone "calde" che l'energia può essere facilmente recuperata mediante la geotermia, che consiste nel convogliare i vapori provenienti dalle sorgenti d'acqua del sottosuolo verso apposite turbine adibite alla produzione di energia elettrica e riutilizzando il vapore acqueo per il riscaldamento, le coltivazioni in serra ed infine il termalismo. In Italia la produzione di energia elettrica dalla geotermia è fortemente concentrata in Toscana; a livello internazionale è l’Islanda che ne dipende praticamente in maniera totale. Sulla classificazione dell'energia geotermica come “rinnovabile” non esiste uniformità di giudizio, in quanto è stata rilevata e osservata la possibilità di esaurimento di un campo geotermico.
 
ENERGIA MAREOMOTRICE . L'energia mareomotrice è un'energia rinnovabile e pulita ricavata dagli spostamenti d'acqua provocati dalle maree, che in alcuni luoghi della terra possono superare i 20 metri d'altezza. Esistono diversi progetti di sfruttamento delle maree, che comportano metodi diversi di sfruttamento dell'energia alcuni dei quali utilizzano pesi e gravità, altri compressione d’aria e turbine o ruote a pale.
 
BIOMASSE ED INCENERITORI SONO DA CONSIDERARSI PRODUTTORI DI ENERGIE RINNOVABILI?
Alcuni esperti tuttora considerano le centrali a biomasse quali fonti di energia rinnovabili. Le fonti di energia da biomassa sono costituite dalle sostanze di origine animale e vegetale, non fossili, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia. La più antica e principale fonte di energia da biomassa è la legna. Non possiamo però considerare l’energia prodotta attraverso la combustione di materiale organico che deve essere coltivato con ulteriore spesa economica, a sua volta energetica e di suolo, come una fonte rinnovabile. Anzi, visto l’inquinamento atmosferico che la combustione produce mettendo a rischio la salute pubblica e l’ambiente, le centrali a biomasse sono da equiparare sostanzialmente agli inceneritori. Le numerose battaglie dei comitati locali sparsi in tutta Italia e studi scientifici sempre più approfonditi hanno fatto crollare ogni teoria che voleva gli inceneritori qualificati come “produttori di energia rinnovabile”. Certe tesi, studiate artificiosamente assieme al nuovo nome di questi impianti chiamati solo in Italia “termovalorizzatori” per dare un senso positivo a queste macchine divoratrici di risorse e fonti inesauribili di nano polveri dannose alla salute ed all’ambiente, sono via via decadute mostrando il vero motivo che ne ha indotto la costruzione e la diffusione massiccia almeno fino ad una decina di anni fa (anche se se ne costruiscono ancora di nuovi), individuato nel business dei rifiuti indifferenziati, spesso in mano alle mafie.
 
IL NUCLEARE
Sebbene "non fossile", l'energia nucleare non è annoverabile fra le rinnovabili poiché basata sullo sfruttamento di riserve combustibili limitate di origine minerale, in particolare per quanto riguarda l'energia da fissione e il ciclo di reazione che si basa sull'uranio-235 come combustibile. Un'argomentazione per avallare non tanto la "rinnovabilità" quanto la "sostenibilità" dell'energia nucleare è la mancata produzione di anidride carbonica durante il processo di fissione nelle centrali nucleari. Viene tuttavia evidenziato che lo scavo del minerale, la sua raffinazione, l'arricchimento, il riprocessamento e lo stoccaggio delle scorie radioattive comportano comunque elevati consumi energetici e quindi una certa produzione di CO2, sebbene ciò avvenga, anche se in misura minore, anche per la produzione da altre fonti energetiche. Naturalmente il tutto al netto degli enormi rischi della tecologia in sé e delle conseguenze disastrose, purtroppo già verificatesi in numerosi casi, l’ultimo dei quali pochi anni fa a Fukushima in Giappone.
 
LE FONTI RINNOVABILI PIU' PULITE
L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha elaborato una valutazione delle emissioni legate a ogni fonte di energia, sulla base di numerosi studi presi in considerazione. Le fonti rinnovabili (tranne le biomasse) hanno zero emissioni dirette, cioè causate dal processo di generazione di elettricità. Per ottenere un risultato attendibile però, bisogna conteggiare le emissioni dell’intero ciclo di vita di una tecnologia, dall’estrazione delle materie prime, alla costruzione degli impianti, al loro esercizio, fino allo smantellamento e alla gestione dei suoi rifiuti. Ad oggi quindi le emissioni sono inevitabili. Il risultato è che la fonte a minori emissioni è l’eolico, con 11 grammi per l’onshore (a terra) e 12 per l’offshore (in mare). Seguono l’energia marina (17 grammi) anche se tecnologia in fase d’avvio o sperimentale, l’idroelettrico (24) e il solare a concentrazione (27).
 
L’IMPATTO AMBIENTALE DELLE FONTI RINNOVABILI
Le “rinnovabili” sono dunque fonti di energia che possono permettere uno sviluppo più sostenibile, per un tempo prolungato, e sono ritenute quelle a minore impatto ambientale. È comune oggetto di discussione il fatto che sia realmente possibile soddisfare tutto l'attuale fabbisogno energetico del pianeta solo con il potenziale energetico proveniente da fonte rinnovabile; permangono ad esempio, oltre agli stessi limiti naturali, problemi riguardo la necessità di costruire grandi infrastrutture per lo stoccaggio dell'energia, come ad esempio bacini idroelettrici di pompaggio con i relativi rischi umani ed ambientali agli ecosistemi come i fiumi e l'agricoltura che essi comportano. Ma qual è allora l’impatto ambientale delle “rinnovabili”? Il problema maggiore nello sviluppo della produzione energetica mareomotrice, ad esempio, è rappresentato dallo sfasamento tra ampiezza massima di marea disponibile e domanda di energia elettrica nelle ore di punta. Infatti nei giorni di insufficienza nell'afflusso d'acqua la produzione di elettricità cesserebbe. Relativamente all’eolico, la realizzazione delle centrali e delle opere ad esse accessorie ha come primo, più vistoso ed evidente effetto, la devastazione irreversibile dei valori paesaggistici e panoramici. Intendendo il paesaggio come “bene comune” e come risorsa anche economica, la sua alterazione unitamente alla rumorosità delle pale, compromette in modo rimarchevole la qualità del territorio in questione. Oltre ai danni ambientali e alla fauna, va considerata la costruzione di infrastrutture di servizio, come strade e linee elettriche, che ne accrescono il già notevole impatto sull’ambiente e sulle sue varie componenti. Inoltre l'energia eolica, così come quelle solare fotovoltaica e termodinamica, è energia intermittente e, poiché l'accumulazione di grandi quantità di energia elettrica è oggi di fatto ancora impraticabile, ne consegue che l'energia elettrica prodotta dal vento e dal sole deve essere distribuita e consumata nel momento in cui viene prodotta. Ciò significa che gli impianti di energia rinnovabile intermittente devono essere connessi direttamente alla rete elettrica di distribuzione, dove esiste però un limite tecnico oltre il quale si rischia di provocare il collasso di parte o dell'intero sistema elettrico nazionale. Rimanendo sul solare, uno dei limiti maggiori riguarda il consumo di suolo occupato dai cosiddetti “campi fotovoltaici” che sottraggono superficie utile all’agricoltura e ad altre attività, considerando le possibilità di espansione di questa tecnologia. Una soluzione la si potrebbe trovare utilizzando superfici già occupate, a partire dai tetti delle abitazioni o dalle coperture di fabbricati industriali o dei parcheggi coperti. In questo settore, il sempre maggior ricorso al riciclo, ha fatto fare grossi progressi nel campo dello smaltimento che via via va riassorbendone i costi. Ad oggi, con le migliori tecnologie e con la disponibilità di un mercato di materie prime-seconde, da ogni modulo si recuperano 15 kg di vetro; 2,8 kg di plastica; 2 kg di alluminio; 1 kg di polvere di silicio e 0,14 kg di rame. Nonostante ciò è stato accertato che alcuni pannelli e moduli in silicio amorfo sono realizzati con tellurio di cadmio, un materiale tossico, inquinante e velenoso a livello europeo, che quindi elude e contraddice l'obiettivo stesso dell'utilizzo del fotovoltaico. Naturalmente i produttori di pannelli fotovoltaici hanno come unico interesse il profitto poiché, come tutto nel capitalismo, anche l’industria cosiddetta “verde” persegue lo stesso obiettivo di quella che promuove ed utilizza le fonti fossili.
 
LA POSIZIONE DEL PMLI
Nonostante tutti gli sforzi e gli auspici del caso, è bene essere consapevoli che non esiste produzione umana a impatto zero, così com’è altrettanto indubbia l’esistenza di produzioni energetiche che hanno sull'ambiente i minori svantaggi possibili. Sfruttare le risorse rinnovabili, a partire da acqua, vento e sole, riduce sensibilmente l'emissione di gas serra, ed anche questo è un dato di fatto ed un punto fermo dal quale rilanciare la dismissione progressiva delle fonti fossili, costose ed altamente inquinanti. Così come i rifiuti; pur riconoscendo la difficoltà di raggiungere l’obiettivo dei “Rifiuti Zero” lanciato dall’associazionismo ambientalista, è giusto porselo intensificando il riutilizzo, il riciclaggio e la raccolta differenziata spinta; tuttavia gran parte del risultato che potremo raggiungere è legato alle politiche sia di produzione stessa dei materiali ed in primis degli imballaggi, sia dalle politiche adottate dalla grande distribuzione che ha in pugno il mercato. L’elemento principale della nostra analisi rimane quindi legato al sistema di produzione capitalistico e cioè la mancanza assoluta di pianificazione della produzione in base alle necessità della popolazione, al soddisfacimento dei suoi bisogni e al rispetto dell’ambiente. E’ la natura stessa del capitalismo, ossessionato dalla ricerca del massimo profitto ad ogni costo, la prima causa che impedisce il raggiungimento di una produzione energetica in armonia con l'ambiente e la popolazione umana. Il processo produttivo capitalista conosce come suo unico regolatore le ricorrenti e cicliche crisi di sovrapproduzione. Cosicché alterna frenetici e incontrollati periodi di supersfruttamento di forza lavoro e di risorse energetiche a fasi di immobilismo produttivo nelle quali si distruggono le merci in eccedenza rimaste invendute, sprecando di fatto l’energia che è servita alla loro creazione. La questione centrale non è quindi sul come produrre sempre più energia, ma come produrre quella necessaria a soddisfare i bisogni reali della popolazione. Ciò sarà possibile solo con il socialismo, col sistema socialista della produzione pianificata sulle reali esigenze della popolazione, che sarà in grado di utilizzare al meglio e risparmiare con lungimiranza le risorse naturali affinché esse possano rigenerarsi consentendo l’utilizzo delle migliori tecnologie esistenti. Poiché al centro c’è il soddisfacimento dei bisogni della popolazione, sarà possibile utilizzare parte di ciò che oggi è rapinato dal profitto per ulteriore ricerca scientifica anche nel campo dell’energia. Sarà proprio questo sviluppo ulteriore della ricerca, capace di superare gli odierni limiti tecnici che impediscono la diffusione su più larga scala di queste forme energetiche rinnovabili, un obiettivo primario da raggiungere rapidamente viste le pessime condizioni nelle quali il sistema economico capitalista ha ridotto la nostra Terra.
 

6 aprile 2016