Bagno a Ripoli (Firenze)
Gli iscritti CGIL dell'Istituto Gobetti-Volta bocciano la “Carta dei diritti universali del lavoro”. Vince il no
Nell’ambito della campagna di presentazione della “Carta dei diritti universali del lavoro” della CGIL, anche all’Istituto Volta-Gobetti di Bagno a Ripoli (Firenze) il testo è stato vagamente presentato ai lavoratori, direttamente dalle RSA, come suggerito dai funzionari provinciali della FLC.
Molti sono stati i punti toccati in discussione. La mancata opposizione della CGIL al Jobs Act, che di fatto sdogana il precariato prevedendo la possibilità per i padroni di licenziare i lavoratori senza l'articolo 18 nei 36 mesi a tutele crescenti, e regalando loro ingenti agevolazioni fiscali, ha reso i lavoratori ancor più consapevoli dell'appiattimento del maggior sindacato italiano che ha subordinato i loro a quelli delle imprese e dei padronati. E’ stata innanzitutto la mancanza nella Carta della condanna definitiva di questa controriforma fascista che finisce di fatto per essere accettata nelle sue fondamenta, inclusa la distorsione del “tempo indeterminato” a tutele crescenti, la contraddizione più evidente che, unita alla deregolamentazione del lavoro frutto di tutte le controriforme degli ultimi decenni, scala mobile, pacchetto Treu, legge Biagi, legge Fornero e infine appunto il Jobs Act del nuovo duce Renzi, si sono resi conto dell’inganno che si nasconde nelle parole addolcite al miele che accompagnano la presentazione della Carta.
Nelle numerosi discussioni avute con i lavoratori, essi sono stati messi di fronte al fatto che il proprio sindacato nel titolo secondo della Carta chiede che l'articolo 39 della Costituzione venga applicato integralmente, di fatto rendendosi un organismo dello Stato che deve sottostare alle sue regole. In passato la CGIL non lo aveva permesso per fare in modo che lo Stato non ficcasse il naso nei propri affari e che oggi invece chiede di istituzionalizzarsi, con una visione nella sostanza neocorporativa che riporta direttamente ad un articolo della carta del lavoro del 1927, in pieno regime fascista, il quale ricorda come l'organizzazione sindacale sia “libera" ma solo il sindacato legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato stesso, ha il diritto di rappresentare tutta la categoria di datori di lavoro o di lavoratori. Questa norma, insieme al testo unico sulla rappresentanza, l'accordo tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria del febbraio 2014, funge da freno alla libertà sindacale, alla conflittualità, alle lotte e anche al diritto di sciopero.
Un altro tema sul quale si è discusso molto è la volontà della CGIL di applicare integralmente anche l'articolo 46 della Costituzione; articolo che prevede che i lavoratori partecipino alle decisioni e ai “risultati” delle aziende e quindi, in estrema sintesi, che i lavoratori e i padroni abbiano lo stesso obiettivo. Legando i lavoratori ai destini delle aziende con una minima partecipazione economica, servirà soprattutto ai padroni per giustificare meglio tagli e licenziamenti, portandoli a lottare gli uni contro gli altri per partecipare alla corsa al profitto, sempre e comunque subordinata e irrisoria a discapito della lotta rivendicativa e del diritto allo sciopero, per il bene dell'azienda, considerando il collaborazionismo ed il corporativismo metodi più efficaci per strappare nuove conquiste. Ben altro dunque rispetto alle vere conquiste fatte dai movimenti dei lavoratori con le lotte di piazza del passato. I lavoratori si sono resi conto che questa proposta non fa i loro interessi, tant’è vero che il 18 di marzo, allo sciopero indetto dal sindacato autonomo e pressoché sconosciuto FederATA, il personale coinvolto ha aderito con una percentuale che ha raggiunto il 90%.
I lavoratori, se correttamente informati, non sono così sciocchi come i burocrati sindacali vogliono farci credere, e che sanno molto bene quali sono i loro interessi da tutelare. Per i risultati conseguiti, non c’è dunque da stupirsi se sono stato richiamato all'ordine dalla segretaria provinciale dell'FLC perché non avrei dovuto fare propaganda per il NO in assenza di contraddittorio. Ma questo è mancato anche nelle assemblee di presentazione poiché i relatori non hanno preso neanche in considerazione la posizione critica della minoranza CGIL “Il sindacato è un'altra cosa”, che anche se in maniera molto leggera ha espresso molte perplessità sia sulla carta che sulla proposta di iniziativa popolare che io non firmerò, come spero facciano anche i lavoratori da me informati.
Nelle varie assemblee che si sono tenute nelle scuole fiorentine i dirigenti sindacali hanno sempre monopolizzati gli spazi di tempo per presentare questa Carta come l'unica soluzione per i lavoratori. La CGIL non ha fatto di certo un grande esercizio di democrazia sindacale evitando il coinvolgimento dei lavoratori alla scrittura di questa Carta (come al solito oramai da decenni decide tutto dall'alto) e considerando i lavoratori diseducati e disinteressati. In questo modo ha abbandonando di fatto il proprio compito di guida per provare a rendere loro la giusta coscienza, affinché essi possano provare a migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita.
 
Massimo, Rsu CGIL dell'Istituto “Gobetti-Volta” di Bagno a Ripoli (Firenze)
 

13 aprile 2016