Al referendum sulle trivelle boicottato dal governo e dai media ad esso asserviti
13.334.764 Sì contro le trivellazioni e Renzi, per le energie rinnovabili
La Basilicata, le Isole Tremiti e la provincia di Lecce superano il quorum. Il nuovo duce accusa di demagogia i sostenitori del Sì. Mattarella vota di nascosto per non dispiacere a Renzi
Solo il PMLI si è battuto per il Sì nelle piazze, disertate invece dagli altri partiti, a cominciare dal M5S e dai falsi partiti comunisti

Alla fine il quorum al referendum del 17 aprile sulle trivellazioni non è stato raggiunto. Hanno votato 15.806.788 italiani, pari al 31,19% degli aventi diritto, dei quali 13.334.764 Sì che rappresentano l'85,84% di coloro che hanno espresso il voto. In Basilicata, alle Isole Tremiti e in provincia di Lecce il referendum ha raggiunto il quorum. Entrambe le realtà sono toccate da vicino dalla questione trivelle; per le Isole Tremiti il movimento referendario ha indotto la rinuncia della società Petroceltic che avrebbe dovuto estrarre idrocarburi al largo di San Domino, mentre nel territorio potentino c’è il Centro Oli di Viggiano al centro delle polemiche per l’inchiesta sul petrolio. Affluenza più bassa in Trentino Alto Adige con poco più del 25%. In questo modo, di fatto, le lobby del petrolio potranno continuare a estrarre dagli attuali giacimenti offshore, magari trivellando ancora poiché le concessioni in essere comprendono nuove ricerche all'interno dei “giacimenti” e non delle piattaforme esistenti, e con il vantaggio di spalmare le estrazioni praticamente all'infinito rimanendo sotto le franchigie estrattive concesse dallo Stato che non incasserà nemmeno un centesimo di royalties. Brindano dunque i petrolieri poiché anche i costi di smantellamento, stimati in circa un miliardo di euro, non essendo più a data certa, se ne andranno in cavalleria, assieme alla tutela dei nostri mari ed alla salute pubblica. In ogni caso, dopo questo voto, il nuovo duce e il suo governo hanno ricevuto un messaggio chiaro da parte di milioni di italiani che hanno detto sì a un altro modello di politica energetica.

L'arroganza senza limiti di Renzi
Il governo ha dovuto ricorrere a trucchi e bugie di ogni sorta per scongiurare il pericolo referendario, arrivando ad aggirare 5 dei 6 quesiti originari attraverso modifiche inserite nell'ultima legge di stabilità, ma sull'ultimo quesito ancora in essere, il governo ha insistito fare l'ennesimo regalo alle lobby dei petrolieri con le concessioni “sine die”.
Il primo cavallo di battaglia di Renzi è stato l'uso strumentale la menzogna circa la perdita di 11 mila posti di lavoro mentre nelle piattaforme ne sono occupate alcune centinaia, senza considerare poi la possibilità di riconvertirli nello sviluppo delle rinnovabili; Renzi in pratica, dopo aver fondato tutta la sua campagna per l'astensione, è capace addirittura di dirsi dispiaciuto di aver dovuto non votare: "Ho molto sofferto per la scelta di non andare a votare" anche se "si trattava di una opzione permessa dalla Costituzione. Credo che il presidente del Consiglio debba essere laddove si rischiano 11 mila posti di lavoro." Pensate un po', l'autore della Jobs Act che di fatto sdogana i licenziamenti senza giusta causa e stralcia definitivamente ogni diritto al lavoro, si preoccupa dei lavoratori!
La realtà taciuta sulla crescente disoccupazione anche in campo energetico è conseguente al decreto 'spalma incentivi' del Governo con il quale si sono persi più di 10mila posti nel settore delle rinnovabili. Ma di questo naturalmente il premier non ha fatto alcun accenno, rivendicando con strafottenza la norma come indispensabile per i conti del Paese.
Per Renzi i numeri rappresentano un "risultato netto, chiaro, superiore alle aspettative": "L'Italia ha parlato - spiega - Questo referendum è stato respinto". Renzi ha immediatamente anticipato l'accusa di demagogia per i sostenitori del Sì: "Ora ci sarà la solita triste esibizione dei politici vecchio stile che dichiarano di aver vinto anche quando hanno perso. In politica bisogna saper perdere. La demagogia non paga. (…) gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che hanno voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche, che vogliono difendere il mare da qualche piattaforma e poi non si occupano neanche dei collettori per i depuratori”.
Il riferimento, neanche troppo velato, è innanzitutto al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano che ha guidato la pattuglia degli amministratori ribelli nel Pd e si è schierato in prima linea contro le indicazioni dell'esecutivo e del partito che rilancia affermando che "Quindici milioni di persone con una idea chiara, che si sono informati, che avevano un'idea del futuro del Paese, sono andati a votare, e hanno detto chiaramente al governo che bisogna andare verso le energie alternative e che nei ministeri non ci possono entrare solo le lobby ma ci devono entrare anche i cittadini.” Chiaro il riferimento allo Sblocca Italia, scritto sotto dettatura delle lobby petrolifere.

Mattarella e Napolitano
Per non dispiacere Renzi, Mattarella si è recato al voto a Palermo dopo le 20, quando ormai era tardi per essere ripreso nel momento in cui infilava la scheda nell'urna. Tutt'altro tenore quindi delle sfilate mattutine con frotte di telecamere al seguito per testimoniare sui TG il proprio attaccamento al voto al quale i Capi di Stato ci avevano abituati; stavolta siamo di fronte non ad un pacato Presidente della Repubblica che ama la riservatezza, ma ad un vero e proprio atteggiamento studiato a tavolino per dare poco fastidio a Renzi e contemporaneamente senza evidenziarme l'assoluta unità d'intenti. Napolitano addirittura si è astenuto confermando la sua posizione pro-petrolieri sebbene nel 2011 ai referendum su acqua pubblica e nucleare si era presentato di buon mattino non trascurando di far annotare ai giornalisti la dichiarazione “io sono un elettore che fa sempre il suo dovere”. Siamo certi che presto le sfilate elettorali avverranno di nuovo, in particolare alle elezioni politiche quando tutti Partiti saranno assiduamente impegnati ad estorcere voti non per un quesito specifico, bensì per ottenere una delega in bianco che sapranno bene come utilizzare negli anni a venire.

Le reazioni dei promotori
“Sono andate a votare quasi 14 milioni di persone ed è un risultato straordinario su un tema cosi difficile e con poco tempo concesso per far dibattere paese". Così il coordinatore nazionale del 'Comitato No Triv' Enzo Di Salvatore, autore dei quesiti referendari sulle trivelle, commenta con l'ANSA i dati del referendum definendoli "un risultato strepitoso".
Tra i comuni dove il referendum ha raggiunto il quorum spicca la provincia di Lecce dove la soglia del 50%+1 degli aventi diritto è stata superata in ben 34 comuni: Acquarica di Lecce (50.36); Andrano (51.40); Arnesano (53.96); Calimera (59.47); Carpignano Salentino (52.82); Cavallino (54.38); Bagnolo del Salento (50.16); Cannole (51.12); Caprarica di Lecce (56.56); Castrì di Lecce (54.70); Castrignano del Capo (52.78); Corigliano d’Otranto (50.42); Cursi (50.64); Giurdignano (50.06); Giuggianello (50.14); Lizzanello (50.36); Maglie (51.15); Martano (55.71); Martignano (56.41); Meledugno (58.95); Melpignano (53.23); Monteroni di Lecce (51.49); Montesano (51.09); Patù (62.49); Salve (53.13); San Cesario di Lecce (51.03); Spongano (50.03); Sternatia (51.44); Taviano (50.11); Tiggiano (52.69); Trepuzzi (51.37); Ugento (50.14); Vernole (53.28); Zollino (55.57).
Quorum superato anche alle Isole Tremiti (Foggia) direttamente interessate dalle concessioni per le trivellazioni in mare.
A Sciacca, nell'Agrigentino, si è recato alle urne il 53,95% degli aventi diritto;
In Lombardia il quorum è stato superato solo in tre comuni: Solferino (Mantova) con il 62,75%; Villa Biscossi (Pavia) con il 53,48% e Morterone (Lecco) con il 51,61%. A un soffio dal quorum: Cassigno (48,91% - Bergamo), Tronzano (42,62% - Varese), Visano (42,46% - Brescia), Rivarolo (40,98% - Cremona), Tribiano (40,12% - Milano), Abbadia Cerreto (39,31% - Lodi).
Nelle Marche quorum superato in due comuni Pesarese dove, oltre al quesito sulle trivelle, era in ballo anche il referendum per la fusione per incorporazione del comune di Tavoleto (74,04%) in quello di Urbino e del Comune di Mombaroccio (63,52%) in quello di Pesaro.
In Sardegna record di affluenza in due comuni dell'Oristanese: Baradili ed Arborea dove si sono recanti alle urne rispettivamente il 65,67 e il 57,53% degli aventi diritto.
In Basilicata l'affluenza più alta si è registrata in provincia di Matera. In città la percentuale di votanti è stata del 57,44% seguita dai maggiori centri balneari della regione: Policoro (57,33), Montalbano Jonico (56,30) e Scanzano Jonico (55,66), centro della protesta da diversi anni contro il Sito Unico delle scorie radioattive e le trivellazioni in mare. Oltre il quorum anche centri dell'interno come Montescaglioso (56,46). Ultimo posto per Garaguso (25,14), l'unica località della regione sotto il trenta per cento e una delle pochissime che non ha raggiunto il 40.
Nel Potentino l'affluenza più alta si è registrata a Potenza città, Castelmezzano, Rionero in Vulture con oltre il 58% di votanti. Record Brindisi Montagna, dove ha votato il 61,61 per cento degli aventi diritto.
Il Comitato Nazionale per il Sì che amplia la riflessione sostenendo come nonostante la campagna di informazione sul Referendum sia stata ostacolata in tutti i modi, nonostante i continui appelli all'astensione da parte di Renzi, questa campagna referendaria abbia acceso un riflettore sulle lobby del petrolio in Italia e sulle scelte energetiche del Paese, e da qui non si potrà più tornare indietro.
“Il Referendum è una vittoria delle migliaia di cittadini che si sono mobilitati nel corso della campagna con centinaia di iniziative in tutta Italia, con la convinzione che il governo debba abbandonare le fonti fossili e investire da subito in una nuova politica energetica fatta di energie rinnovabili e di efficienza energetica. Grazie a questo Referendum finalmente si è imposto nel dibattito pubblico il tema energetico e gli italiani hanno potuto far sentire la loro voce.”
In linea anche Wwf e Legambiente secondo i quali "Milioni di italiani oggi hanno chiesto che gli accordi sul clima sottoscritti a Parigi vengano applicati e vogliono per l'Italia un futuro rinnovabile.”
Fra l'altro le associazioni del Comitato per il Sì al referendum sulle trivelle presenteranno un ricorso al ministero dello Sviluppo Economico per chiedere il blocco immediato di cinque concessioni estrattive entro le 12 miglia. L'annuncio in una conferenza stampa alla Camera di qualche giorno fa. Sempre secondo Enzo Di Salvatore, costituzionalista ed estensore dei quesiti referendari, "Queste concessioni sono scadute da tempo e la proroga è illegittima. La norma prevede che siano prorogati i titoli vigenti, non quelli scaduti. Il Mise (Ministero dello Sviluppo economico, ndr) non si è mai pronunciato a riguardo, di conseguenza le aziende petrolifere stanno continuando ad estrarre senza autorizzazione".

La posizione del PMLI
Nonostante il boicottaggio di Renzi e dei media a lui asserviti, il disimpegno dalle piazze dei partiti per il Sì, a cominciare dal M5S e da quelli falsi comunisti, 13.334.764 di Sì hanno detto chiaramente non solo di essere contro le trivellazioni e la politica energetica del governo, ma di essere soprattutto contro Renzi e il suo governo al servizio dei banchieri, dei petrolieri, degli industriali, delle lobby e dei corrotti.
Un segnale politico inequivocabile espresso da milioni di persone che il governo Renzi non riesce a controllare e assoggettare e che costituiscono una grande forza politica democratica, antifascista e antirenziana che può condividere ed appoggiare la nostra proposta di cacciare con la forza il nuovo duce di Rignano sull'Arno.
Se Renzi avesse avuto un briciolo del coraggio e della sensazione di invulnerabilità che ostenta sui media, avrebbe fatto una legittima battaglia a viso aperto per invitare gli italiani a votare No.
L'astensionismo di Renzi è stato aiutato direttamente o indirettamente da tutti i partiti di Regime poiché troppo poco si è fatto per invitare al voto. I tabelloni elettorali, ad esclusivo uso di Partiti parlamentari e Promotori, sono rimasti Vuoti in quasi tutta Italia, salvo rare eccezioni, rinunciando alla principale forma di propaganda che raggiunge tutti, anche coloro che hanno poca dimestichezza coi social network. Oltre ai nostri compagni, nessun partito ha direttamente propagandato il Sì nelle piazze e fra la gente, a volte ignorando del tutto la campagna, mentre altri limitandosi a “dare una mano” ai Comitati locali che si sono creati a questo scopo. Rare apparizioni del Movimento 5 Stelle dunque e quasi nessuna traccia dell'universo falso comunista dal PRC al PC di Rizzo.
Infine, noi siamo certi che il sostenere da parte di Renzi di aver vinto attribuendosi tutto l'astensionismo potrà presto ritorcesi contro sia alle prossime amministrative sia ed in particolare al referendum costituzionale d'autunno, quando Renzi stesso non potrà attribuirsi l'astensionismo, e quando i quasi 14 milioni di voti di questo referendum, chiaro segnale anche di opposizione al governo, potrebbero bastare per far rallentare la corsa alla realizzazione completa del “piano di rinascita democratica” del nuovo duce e dare una spallata significativa al governo.
Tutto dipende dagli altri partiti che sono il riferimento attuale delle masse antirenziane. In ogni caso noi dobbiamo fin da subito far blocco con tali partiti per far vincere il No al referendum di ottobre sulla controriforma del Senato.
I dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi in un messaggio hanno espresso calorosi ringraziamenti alle istanze di base e intermedie del PMLI: “Pur avendo molte cose politiche da fare e forze, mezzi e risorse economiche assai esigue, non vi siete risparmiati, salvo isolate e inconcepibili eccezioni, per far giungere la voce del nostro amato Partito a un numero più grande possibile di elettrici e di elettori. Tra tutti ha brillato l'Organizzazione di Rufina che è riuscita a mobilitare e a riunire diverse forze politiche e sociali in un Comitato locale per il Sì. Un'impresa senza precedenti, che comprova che siamo capaci di creare dei fronti uniti, delle unità di azione purché si conosca a fondo la linea di massa e delle alleanze del Partito e si sappia applicarla nelle condizioni concrete in cui operiamo.”

20 aprile 2016