Dati Istat
Il Sud ha metà del pil pro capite del Nord
Il 10% della popolazione in povertà relativa

Mentre il nuovo duce Renzi e il suo tirapiedi al Lavoro Poletti osannano le presunte proprietà taumaturgiche del Jjobs act e cianciano di “timidi segnali di ripresa economica già in atto”, i dati Istat contenuti nel rapporto “Noi Italia” riferiti al 2014 e diffusi agli inizi di aprile invece fotografano un Paese che langue nella povertà con un Pil medio pro capite che a livello nazionale è precipitato a 25.256 euro, il minimo storico degli ultimi 10 anni.
A stare peggio sono le popolazioni del Sud Italia ferme a quota 16.761 euro contro i 30.821 degli abitanti del Nord-Ovest. A tal proposito l'Istat sottolinea fra l'altro che: "nel 2013, le famiglie residenti in Italia hanno percepito un reddito disponibile netto (esclusi i fitti imputati) pari, in media, a 29.473 euro, circa 2.456 euro al mese. Tuttavia, poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica (il valore medio è decisamente superiore a quello mediano), il 50% delle famiglie ha percepito un reddito non superiore a 24.310 euro, corrispondente a 2.026 euro al mese".
La povertà relativa coinvolge circa il 10% delle famiglie, quella assoluta un altro 5,7%. Nel 2014 l’indicatore di grave deprivazione materiale, spia delle difficoltà economiche, segna una piccola riduzione (dal 12,3 all’11,6%), ma il problema riguarda ben 7 milioni di persone, quattro delle quali nelle regioni meridionali. Non a caso, sale al 14% l’incidenza del lavoro precario a termine nel 2015, ed è più alta al Sud (18,4%) rispetto al Centro Nord (12,5%). Quanto agli occupati a tempo parziale (18,5%), anche in questo caso è un dato in crescita. Mentre restano al palo gli investimenti, fermi a un 17% scarso.
Drammatica risulta anche la rilevazione inerente il lavoro, peraltro in linea con i dati negativi del prodotto interno lordo pro capite, secondo cui sono ben 55,1 le persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa – valori in costante ascesa – e nella fascia di età dai 24 ai 64 anni quattro persone su dieci non hanno un lavoro. Con un forte squilibrio a sfavore delle donne (70,6% gli uomini occupati, 50,6% le donne), e con un netto divario territoriale tra l’occupazione al Centro-Nord e quella al Sud.
Un quadro generale a fosche tinte che trova conferma anche nei parametri inerenti i consumi elettrici, spia della produzione manifatturiera. Secondo l'Istat infatti nel 2014 i consumi elettrici sono scesi del 3% rispetto al 2013, così come è scesa la produzione (-4,3%). I consumi sono al valore più basso degli ultimi 12 anni, dall’ormai lontano 2004. Unica, piccola consolazione è la quota del 31,3% di consumi da rinnovabile, che vede l’Italia superare la media Ue (25,4%).
L'Italia, ricorda ancora l'Istat, con 60 milioni e 656mila residenti è il quarto paese più popoloso della Ue dopo Germania, Francia e Regno Unito. “Ma nella classifica del lavoro, l’11,7% di tasso di disoccupazione – dato non comprendente chi lavora saltuariamente con voucher et similia – resta altissimo. Nella Ue soltanto la Grecia, la Croazia e la Spagna hanno tassi di occupazione inferiori al 56,4% italiano. Per giunta il 58,1% dei senza impiego cerca lavoro da oltre un anno”.
I dati Istat svelano anche che il 25,7% degli italiani e italiane fra i 15 e i 29 anni non studiano e non lavorano. L’incidenza è lievemente più elevata fra le donne (27,1%), e molto più marcata nel Mezzogiorno: in Sicilia e Calabria sfiora il 40%.
Il peggioramento delle condizioni economiche e sociali delle masse popolari evidenziato dall'Istat ha pesanti ripercussioni anche nell'aspettativa di vita media. Infatti i dati certificano che per la prima volta negli ultimi 10 anni la speranza di vita è arretrata di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7) con il Mezzogiorno che addirittura è sotto la media nazionale.
Insomma nell'Italia del nuovo duce Renzi e del suo nero governo non solo si vive male ma si vive anche meno a lungo.

20 aprile 2016