Il messaggio del Pmli arriva, ma non vi sembra di usare un linguaggio logorato e difficile?
Comincio con le “critiche”, tra virgolette perché non si tratta di obiezioni vere e proprie, mosse sulla base dei contenuti, più che altro lo sono nella misura in cui si intenda il termine nella sua valenza più squisitamente letteraria, quella che rientra nelle mie competenze. Però prima devo mettere in chiaro da quale prospettiva io parto: mi sono finto un lettore esterno. Che cosa intendo con lettore esterno? Non racconto stesso la favola dell'imparzialità: semplicemente per qualche attimo ho cercato di dimenticare i tratti culturali e caratteriali che mi sono propri e mi sono finto '”uno”, anziché leggerlo coi miei occhi e la mia mente.
La cosa più importante: il messaggio arriva. Si capisce benissimo cosa volete dire, chi condannate e, soprattutto, cosa rarissima di questi tempi, a quali confini ideologici vi appoggiate - insomma, marxisti-leninisti di fatto, oltre che di nome.
Detto questo, vengono le “critiche”. Io conosco, per sommi capi ovviamente, la vostra storia, i vostri punti di riferimento ideologici e rispetto molto la vostra fermezza nel ribadirli anche se non sono più di moda, e forse, diciamocelo, non lo sono mai stati. Quindi io riesco a capire cosa voi intendete con capitalismo perché, per quanto superficialmente, me ne rendo conto e conosco le parole di Marx, Engels e via discorrendo; io non condivido ma riesco ad afferrare le analogie tra Renzi e Mussolini; e riesco a capire in che senso voi parliate di borghesia, lotta al capitalismo, socialismo, proletariato.
Questi termini sono più che altro dei simboli di tutta una scuola filosofico-politica che ha avuto indiscussi meriti culturali ma soprattutto politici, visto che sono stati i vari “Partito Comunista” e organizzazioni comunque affiliate più o meno direttamente, simboli di tutta una tradizione della quale giustamente voi vi sentite eredi e che anche attraverso l'uso di queste parole cercate di omaggiare e soprattutto di portare avanti. Con questa premessa dico che questo tipo di retorica (uso il termine in accezione neutra, non negativa) secondo me allontana le persone e in qualche modo fa da trampolino a coloro che misconoscono il vostro impegno e soprattutto i vostri contenuti.
Per spiegarmi meglio devo aprire una lunga parentesi che spero non annoi.
Il progressismo è una delle caratteristiche fondamentali del pensiero marxista: la stessa concezione della storia che non è ciclica, destinata alla ripetizione, ma alla rivoluzione e al cambiamento, dà l'idea di quello che poi, secondo me, è il “cuore-tradito” del pensiero più generalmente definibile di sinistra, cioè la voglia di cambiare le cose. Se Marx oggi tornasse per qualche tempo tra di noi probabilmente rimarrebbe non stupito ma addirittura schifato dalle dimensioni che il sistema capitalistico ha assunto al giorno d'oggi, invadendo ogni campo della nostra vita: non parlo dello spostamento dei capitali, non parlo dei fraudolenti meccanismi della finanziarizzazione estrema; più in generale parlo del logoramento che sta alla base del sistema economico così concepito, un logoramento non solo materiale (delle risorse e delle persone) ma anche, e soprattutto, ideale.
Parole come proletariato, parole come borghesia, per quanto siano portatrici di concetti importanti sono state logorate e oggi assumono un valore che non è più quello che potevano avere nel passato. Non voglio, anche se mi rendo conto sarebbe opportuno, entrare nel merito della questione chiedendomi se sia lecito chiamare nello stesso modo il proletariato che Marx aveva di fronte agli occhi e quello che abbiamo di fronte noi e continuare a fare questo gioco anche con gli altri termini che sopra ho elencato.
Se veramente c'è stato questo logoramento, certo non è per colpa vostra e, dirò di più, credo che sarebbe inutile cercare un responsabile (dare la colpa, che ne so, alla DC, che comunque tanto innocente non è) perché credo che sia un moto interno del nostro sistema socioeconomico. Per spiegare meglio, faccio un esempio semplice: oggi si sente tanto parlare di sostenibilità, ed è un termine fondamentale, soprattutto quando si parla di questioni ambientali; questo stesso termine che ha alle spalle una riflessione scientifica e filosofica enorme è stato incasellato, massificato, degradato e venduto a tal punto che se si parla oggi di sostenibilità la si ricollega al caffè equo e solidale dei distributori automatici o alle sgargianti e colorate foto con cui McDonald's adorna i suoi tristi, tristissimi, prodotti.
Insomma, diciamocelo: il sistema non ha avuto bisogno di eliminare la componente rivoluzionaria della società mettendo in atto soltanto forme di repressione violenta. Ha degradato e logorato quelle ideologie che evidentemente costituivano una opposizione all'ideologia dominante a partire dalle parole. Sentire qualcuno che oggi parla di coscienza di classe è rarissimo: perché è un concetto considerato fazioso, nostalgico, anacronistico, pur non essendolo affatto, a mio parere, come non lo sono tutte quelle parole che voi, ripeto, giustamente, usate. Salvatore Settis, in un suo recente e bellissimo libro, Se Venezia muore, dice una cosa per me fondamentale: "le parole sono pietre". Ed è vero: attraverso di esse costruiamo '”mattone su mattone” le nostre relazioni personali, il nostro modo di presentarci al mondo; grazie ad esse siamo in grado di comunicare e dare forma al mondo che ci circonda, e quindi anche a noi stessi. Intaccare, violentare, degradare, massificare, svuotare le parole, quindi, è una violenza immane, un atto vergognoso che va combattuto e ostacolato, ma come? Ripeterle a pappagallo, come spesso ho sentito fare a scuola durante le assemblee, non fa altro che alimentare chi vorrebbe distruggerle definitivamente per mettere a tacere gli ideali che esse evocano: bisogna farle rinascere. Non è cosa facile, l'ho detto, ma credo sia giunto il momento di spiegarle: senza retorica, senza ideologia a monte, attualizzarle e mantenerle vive - e per farlo bisognerà anche abbandonarne qualcuna, una volta che ci si sia resi conto che non corrisponde più alla realtà delle cose. Mi rendo conto di fare un discorso generale e che questa “critica” non riguarda in alcun modo il giornale in sé, che si rivolge a un pubblico ben preciso e consapevole: la mia è un'osservazione fatta pensando a una diffusione larga e mettendomi nei panni (non miei) di chi volesse degradare il vostro messaggio.
Mi rendo conto di aver fatto un discorso complesso e magari anche oscuro, ma provo a riassumerlo con questa formuletta: hanno logorato le nostre parole ma non le nostre idee.
Un giovane della Valdisieve (Firenze)
 
Innanzitutto grazie per la tua estrema sincerità e per l’impegno che hai profuso nel tua articolata lettera. Il fatto che sia mossa da approfondita analisi e da profonde conoscenze, aumenta il valore delle tue critiche che sentiamo costruttive e leali; da esse trapela una passione che ci fa capire quanto l’argomento ti coinvolga e quanto i molti valori che senz’altro ci accomunano, su tutti il giudizio sul capitalismo, sulla necessità di cambiare il mondo e sul governo Renzi, siano ben radicati anche nel tuo cuore. Per noi le critiche che provengono dall’interno ma anche dall’esterno del nostro Partito sono molto importanti per migliorare il nostro lavoro politico.
Ci fa piacere che il messaggio del PMLI, come tu stesso dici, arrivi a destinazione e ci gratifica il tuo riconoscimento di marxisti-leninisti di fatto e non solo di nome. Il che non è scontato ma comprova anzi che il nostro messaggio, non ostacolato con te dalla terminologia, è capace di penetrare e trovare confronto e adesione in una qualche misura, proprio nella parte più avanzata, informata e cosciente delle masse popolari e giovanili, della quale tu fai parte.
Nella tua critica, se abbiamo ben capito, emerge in primo piano la fraseologia che usiamo poiché non aiuterebbe la comprensione; ebbene, noi non possiamo rinunciarci poiché è quella da sempre usata dai comunisti autentici in tutte le parti del mondo, in tutti i cinque continenti e quella che sintetizza i contenuti ed è capace di andare direttamente ed in maniera chiara al nocciolo delle questioni.
La questione di fondo, a nostro avviso, non è la terminologia quanto l’ideologia, i contenuti, la strategia e gli obiettivi che ci poniamo come marxisti-leninisti; è vero che alcuni termini (tu citi proletariato o borghesia ma potremmo aggiungere imperialismo o lo stesso revisionismo ad esempio) oggi non sono di moda, ma è altrettanto vero che lo erano fino a ieri quando il socialismo era in atto in un quarto del mondo, quando le guerre di liberazione nazionale erano ispirate dai veri comunisti, quando il PCI in Italia (seppur già revisionista) contava valanghe di iscritti e riceveva milioni di voti da pensionati, lavoratori, studenti.
Certi termini oggi possono risultare di non facile comprensione ai più poiché il proletariato è stato rigettato attualmente in condizioni pre-marxiste a causa del revisionismo moderno. I colpevoli, sui quali tu glissi, è necessario smascherarli: su tutti il PCI, la cui opera di deideologizzazione ha creato negli anni l’orrenda creatura chiamata PD, votata oggi acriticamente anche da alcuni di coloro che (ad esempio) scesero in piazza per l’ottenimento dello Statuto dei Lavoratori del 1970 e che sanno bene cos’è la lotta di classe. Di quale grande opera di lavaggio del cervello (e di coscienza) sono stati capaci gli imbroglioni della sinistra istituzionale!
Il fatto però che tu stesso digerisci facilmente la sostanza dei nostri documenti e dei termini che usiamo (infatti poni la questione nei confronti “della massa” e di una “larga diffusione”), è la conferma che la coscienza di classe che dobbiamo ricostruire o, come tu dici far rinascere , deve partire proprio dagli elementi avanzati ai quali tu stesso appartieni appieno.
Se possiamo permetterci di rivolgerti un piccolo quanto franco appunto, vorremmo dirti che sarebbe interessante un tuo approfondimento circa la storia della lotta fra marxisti-leninisti e revisionisti moderni, sia a livello internazionale che italiano, nonché la concezione marxista-leninista del mondo e l’ampia discussione fra due culture esistenti (quella borghese e quella proletaria), proprio nel momento in cui questa società insieme alla sua cultura borghese e alla sua fraseologia, ci viene presentata come l’unico mondo esistente.
Potremo consigliarti un breve opuscolo da noi pubblicato nel 2001 dal titolo “Mao, la concezione del mondo e le due culture” che riporta due importanti discorsi del Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi. Chissà che questo studio non ti stimoli altre riflessioni interessanti e dialettiche come quelle che hai avuto il grande merito di farci presente stavolta?
 

4 maggio 2016