Afghanistan
I talebani attaccano la sede dei Servizi segreti
La jihad proseguirà fino alla cacciata degli “invasori occidentali”

 
 
Con una nota pubblicata il 12 aprile sul sito Islamic Emirate of Afghanistan che cominciava con le parole “con l'arrivo della primavera è di nuovo ora di rinnovare la nostra determinazione alla jihad e le nostre operazioni”, la Shura Rahbari, il consiglio direttivo dei talebani, annunciava l'inizio delle offensive di primavera, in onore del defunto leader mullah Omar. E sottolineava che la guerra, la jihad sarebbe proseguita fino all cacciata degli “invasori occidentali”.
Rientrava in questa offensiva l’attacco sferrato dai talebani il 19 aprile a Kabul contro un compound dei servizi segreti del governo fantoccio; il quartier generale dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza, che ha il compito di proteggere i più alti funzionari del governo, è un obiettivo dall’alto valore simbolico e situato tra l'altro nel protetto quartiere Puli Mahmood Khan, nei pressi del ministero della Difesa e di diverse ambasciate tra cui quella americana.
L'attacco delle forze della resistenza era attuato con un camion imbottito di esplosivo fatto esplodere contro la sede dei servizi, seguito da alcuni militanti che entrati nell’edificio hanno dato battaglia ai soldati prima di essere uccisi. Il bilancio è stato di oltre 60 morti e circa 350 feriti.
L’attacco condotto in una delle zone più protette e controllate della capitale è stato un segno della capacità dei Talebani di colpire ovunque nel paese sotto la guida del nuovo leader, il Mullah Akhtar Muhammad Mansour, e della debolezza del governo di Ashraf Ghani. Una beffa anche alla politica dei paesi imperialisti occupanti, Italia compresa, che hanno ridotto i contingenti e affidato la sicurezza a polizia e esercito governativi da loro addestrati e equipaggiati.
Il comunicato del 12 aprile del consiglio direttivo dei talebani, oltre che lanciare un appello a tutti gli afghani che hanno a cuore la difesa del Paese “dagli invasori occidentali” a partecipare alla battaglia per liberare aree e centri urbani e che andrà avanti fino a quando l’ultimo militare straniero non lascerà l’Afghanistan, indicava per la prima volta la necessità di pianificare anche la fase del controllo e della gestione dei territori liberati. Sottolineava che i Taliban dovranno rapportarsi con il massimo rispetto alla popolazione locale, preservare se possibile le infrastrutture e “aprire un dialogo” con i compatrioti impegnati contro il governo di Kabul che sono schierati su posizioni diverse.
Il governo del presidente Ashraf Ghani e del suo vice Abdullah Abdullah è invece in crisi; la coabitazione imposta dal segretario di Stato Usa John Kerry nel settembre 2014 dopo che le elezioni politiche si erano concluse senza un successo determinante di uno dei due rivali, avrebbe dovuto avere l’approvazione entro due anni della Loya Jirga, la grande assemblea di notabili. Quella scadenza si avvicina ma si allontana per i contrasti tra le due parti l'approvazione dell'assemblea e Kerry, in visita a Kabul il 9 aprile, ha risolto la questione dichiarando che il governo dura cinque anni e non due. A conferma che il governo afghano non ha sede a Kabul ma alla Casa Bianca.

4 maggio 2016