Riuscitissimo il primo sciopero intersettoriale
I lavoratori del terziario in piazza per il rinnovo del contratto
Per un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori è scaduto da oltre tre anni, e per il comparto termale da sei

Con la parola d'ordine “#fuoriservizio contro chi pensa di toglierci diritti e salario” il 6 maggio scorso decine di piazze italiane sono state invase da baristi, camerieri, cuochi, operatori del comparto pulizia e sanificazione, attività ausiliarie e facility management, addetti mense, receptionist, impiegati di agenzie di viaggio, lavoratori dei fast food, operatori del comparto termale, lavoratori delle farmacie private. Un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori che da oltre tre anni sono in attesa del contratto nazionale di lavoro, e in alcuni casi, come per il comparto termale, anche da sei.
E' la prima volta che le categorie Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Uiltrasporti proclamano uno sciopero intersettoriale che mette insieme tanti addetti, accomunati dalle posizioni di chiusura delle associazioni padronali, come Confesercenti, Confcommercio, Confindustria-Federturismo, Federdistribuzione, Federfarma, Confapi, Legacoop, Servizi Confcooperative, ecc., che impediscono il rinnovo dei contratti.
Vasta ovunque l'adesione allo sciopero. E riuscitissime le iniziative di lotta.
Le manifestazioni sono state molte, articolate su tutto il territorio italiano. In Toscana, in più di 5 mila, arrivati con bus da tutta la regione, si sono presentati l’iniziativa regionale svoltasi in piazza San Lorenzo a Firenze.
Scioperi regionali anche nelle Marche, con presidio ad Ancona; in Abruzzo, con presidio davanti alla Prefettura di Pescara; in Campania con appuntamento alla prefettura di Napoli, in Puglia, davanti alla Confindustria di Bari; in Calabria a Lamezia Terme e un unico presidio di Trentino e Sud Tirolo. In Sardegna, è stata organizzata una conferenza stampa a Cagliari e presidi in tutte le province davanti ai posti di lavoro. Iniziative territoriali in Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Molise, Sicilia. A Milano a guidare il corteo che li ha portati sotto la sede della Regione Lombardia c'erano i farmacisti con il camice bianco, dietro gli operatori delle pulizie con le scope, e poi arrivavano quelli delle mense con tanti piatti di plastica che sono stati lanciati simbolicamente contro la sede del potere lombardo “Vuoti, come le nostre buste paga, visto che le imprese non rinnovano il contratto ormai da tre anni”.
I padroni infatti non solo mettono pochi euro sul piatto, ma vogliono gettare sulle spalle dei lavoratori un fardello insopportabile. “Chiedono innanzitutto un arretramento sugli appalti, diffusissimi nel settore – spiega Giorgio Ortolani, segretario Filcams Lombardia – Vorrebbero poter riazzerare a ogni cambio il contatore dell’anzianità, gli orari, i livelli. Quella di conservare le vecchie condizioni di lavoro è una delle garanzie chiave per lavoratori già molto esposti, e se viene meno anche questa, la loro condizione sarà insostenibile”. E infatti per molti di loro gli stipendi sono già da fame: se si considera ad esempio il caso dei lavoratori delle mense o delle pulizie (dovremmo dire meglio, le lavoratrici, visto che la gran parte degli addetti sono donne) spesso non superano i 500-600 euro al mese, al costo di orari spezzati, peripezie e spostamenti di chilometri per poter coprire diversi appalti.
A parte la questione degli appalti, fondamentali ad esempio nelle pulizie, ma anche negli alberghi e nelle mense, più in generale il padronato pretende tagli nella malattia, negli scatti di anzianità, o nei rol, i permessi individuali: richiesta tipica di multinazionali del fast food come McDonald’s e Autogrill. E intanto dilagano i tirocini e i voucher, dopo gli anni in cui il precariato si era già ben dispiegato con i contratti a termine e gli impieghi interinali.
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs chiedono anche una “responsabilizzazione della committenza pubblica, perché vigili sugli appalti – spiega ancora il segretario Filcams lombardo – Che si rispettino i contratti e che i lavoratori abbiano tutte le tutele: quello che riscontriamo, al contrario, è che una volta assegnata la commessa, il committente se ne disinteressa del tutto”.
Lavoro questo che non sarà certo facilitato dal recente “colpo di mano” del governo Renzi sugli appalti: dopo un accordo con i sindacati sulla questione dei subappalti e sull’obbligatorietà della clausola sociale, il governo ha improvvisamente cambiato (in peggio) il testo della nuova legge al momento della pubblicazione in Gazzetta ufficiale. L'ennesimo colpo di mano di Renzi contro i lavoratori e i loro diritti.

11 maggio 2016