50° Anniversario della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina
Giovani prendete esempio dalle Guardie rosse per cambiare l'Italia


Documento della Commissione giovani del CC del PMLI
Il 16 maggio del 1966, esattamente cinquant'anni fa, aveva inizio la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) in Cina. Un evento senza precedenti che fece epoca e che resterà scritto negli annali del socialismo e del comunismo come un immortale capolavoro di cui Mao fu il principale ideatore e artefice.
Noi marxisti-leninisti italiani ne celebriamo l'anniversario in modo militante e ci rivolgiamo in prima battuta direttamente a voi giovani che siete stanchi di questa società che vi sfrutta come precari a basso costo e vi ruba diritti basilari come la scuola pubblica per ingrassare i profitti di pochi capitalisti.
La Rivoluzione Culturale Proletaria ha ancora tanto da dire a voi e a chi aspira a cambiare il mondo liberandosi del capitalismo. Ad animarla infatti furono i vostri coetanei cinesi di allora, organizzatisi nelle Guardie rosse, impegnati nella lotta per creare un mondo nuovo con una gioventù finalmente libera da piaghe come lo sfruttamento, l'oppressione e la povertà. Le loro speranze erano le stesse dei giovani italiani di oggi che non si rassegnano al futuro di lavoratori precari che gli promette il capitalismo, ma sognano un mondo migliore.
Noi vi proponiamo di scoprire l'esempio delle Guardie rosse per ispirarvi a loro per portare a successo le vostre lotte per difendere, pretendere e conquistare i diritti che vi spettano, a partire dal diritto ad un lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato, all'istruzione pubblica aperta a tutti, al governo studentesco delle scuole e delle università, con una visione strategica rivoluzionaria contro il capitalismo e per il socialismo.

La Grande Rivoluzione Culturale Proletaria
La Rivoluzione Culturale Proletaria fu una grande rivoluzione condotta contro la borghesia nelle condizioni della dittatura del proletariato. In quel momento, mentre era in corso la costruzione del socialismo in Cina, la borghesia non era più la classe dominante che deteneva la proprietà dei mezzi di produzione, come avviene nella società capitalistica, ma si era incarnata in quei dirigenti revisionisti del Partito e dello Stato che sostenevano la necessità di restaurare il capitalismo per sviluppare la produzione (esattamente ciò che sostengono i governanti della Cina di oggi). “Facciamo la rivoluzione socialista,” diceva Mao, “eppure non si sa dove sia la borghesia: è proprio nel Partito comunista, sono quei dirigenti del Partito avviatisi sulla via capitalista”. Questi dirigenti, come precisò lo stesso Mao, “formano un'accozzaglia di revisionisti controrivoluzionari. Se si presentasse l'occasione, prenderebbero il potere e trasformerebbero la dittatura del proletariato in dittatura della borghesia”. Questo era avvenuto in URSS dopo la morte di Stalin ad opera di Krusciov.
Era necessario continuare la rivoluzione nelle nuove condizioni del socialismo per impedire che ciò avvenisse. Questo era lo spirito della circolare del 16 maggio 1966, scritta sotto la guida di Mao e in parte di suo stesso pugno, che avviò la GRCP. Essa mobilitò gli operai, i contadini, i soldati, gli studenti, i giovani, le donne a impadronirsi del marxismo-leninismo a livello di massa e trasformarlo in un'enorme forza materiale per criticare il revisionismo e strappare alla borghesia, spodestata ma ora nascosta e riciclata all'interno del Partito comunista, quel potere materiale e autorità intellettuale che ancora conservava nella politica, nell'economia, nella cultura, nella morale e nell'insegnamento, dando a questi ultimi un carattere compiutamente proletario e rivoluzionario.
La GRCP doveva anche risolvere la questione cruciale della formazione dei successori della causa del proletariato. Mao si rese infatti conto che la costruzione del socialismo non era sufficiente, occorreva anche trasformare la concezione del mondo delle vaste masse popolari, far sì che padroneggiassero il marxismo-leninismo e renderle fautrici del proprio destino, come spiegato magistralmente con queste parole: “Perché ci sia la garanzia che il Partito e il Paese non cambino colore dobbiamo non solo avere una linea e una politica giuste, ma anche formare ed educare milioni di successori della causa della rivoluzione proletaria. In ultima analisi, formare i successori della causa rivoluzionaria del proletariato vuol dire decidere se ci sarà o no chi può portare avanti la causa della rivoluzione marxista-leninista iniziata dalla vecchia generazione di rivoluzionari proletari, se la direzione del nostro Partito e dello Stato resterà o no nelle mani dei rivoluzionari proletari, se i nostri discendenti continueranno o no ad avanzare lungo la giusta strada tracciata dal marxismo-leninismo, o, in altre parole, se riusciremo o no a prevenire la nascita del revisionismo kruscioviano in Cina”.
Per dieci anni, fino alla morte di Mao nel 1976, la GRCP impedì ai revisionisti di fare ciò che gli è riuscito oggi, ossia trasformare la Cina in una potenza socialimperialista che poggia la sua prepotente affermazione nei mercati capitalistici mondiali sullo sfruttamento selvaggio degli operai e dei contadini cinesi.
La GRCP costituisce un'ulteriore prova che il Partito marxista-leninista non è un corpo stabile e impermeabile alle contraddizioni e alle idee della borghesia, ma si edifica nel corso della lotta fra la linea proletaria e quella borghese, una lotta inevitabile come riflesso della lotta di classe nella società. Indicazioni preziose tutt'oggi per chiunque si ritiene comunista, il quale non deve accontentarsi che un partito si proclami tale per dargli la sua fiducia, ma deve analizzarne la linea alla luce del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e smascherare chi si professa a parole comunista ma agisce da opportunista. La storia del PCI revisionista dimostra che se si rinuncia ai principi marxisti-leninisti non è possibile conquistare il socialismo, si fa solo il gioco del capitalismo e lo si copre a sinistra. Lottare attivamente contro il revisionismo, praticare la critica e autocritica e trasformare la propria concezione del mondo attraverso lo studio del marxismo-leninismo-pensiero di Mao sono condizioni essenziali perché il Partito si mantenga rosso e rivoluzionario e la linea proletaria prevalga su quella borghese.

Il ruolo delle Guardie rosse nella GRCP
Un ruolo fondamentale fu giocato dalle Guardie rosse, nate spontaneamente soprattutto da studenti universitari incoraggiati dall'appello di Mao a fare “fuoco sul quartier generale” . Si trattava di giovani di ambo i sessi decisi a difendere il socialismo, che non erano disposti a sottostare alla burocrazia revisionista e che aspiravano ad un mondo senza capitalismo e imperialismo. Mao li spronò a prendere in mano il loro futuro e vi ripose le proprie speranze per mobilitare le masse contro i revisionisti al potere. Il 1° agosto 1966 Mao scrive alle Guardie rosse della scuola media annessa all'università Qinghua di Pechino: “Le azioni rivoluzionarie delle Guardie rosse esprimono l'indignazione e la condanna nei confronti della classe dei proprietari fondiari, la borghesia, l'imperialismo, il revisionismo e i loro lacchè, che sfruttano e opprimono gli operai, i contadini, gli intellettuali rivoluzionari; esse dimostrano che è giusto ribellarsi contro i reazionari. vi esprimo il mio caloroso appoggio”.
Le Guardie rosse furono la scintilla della GRCP, se si pensa che il primo dei tanti dazibao (manifesti a grandi caratteri scritto a mano) che avrebbero poi tappezzato i muri delle città e delle campagne cinesi, fu scritto proprio da un gruppo di insegnanti e studenti dell'Università di Pechino contro il tentativo delle autorità accademiche di spegnere la Rivoluzione Culturale nell'ateneo. Le azioni di questi coraggiosi giovani mobilitarono le università e le scuole superiori della capitale prima e dell'intera Cina poi, dando vita al movimento delle Guardie rosse. Mao espresse il suo appoggio con una lettera del 1° agosto 1966, in cui sosteneva che le loro azioni “dimostrano che è giusto ribellarsi contro i reazionari”. In sei occasioni, Mao riceverà in piazza Tian'anmen ben 13 milioni di Guardie rosse e altre masse rivoluzionarie. Non smise mai di seguirle e incoraggiarle, fiducioso nell'entusiasmo e nella creatività dei giovani rivoluzionari. Quando necessario le criticò, ma senza demonizzarli per via dei loro sbagli, frutto soltanto dell'inesperienza. “Nel passato” , avrebbe affermato in un'occasione, “abbiamo commesso molti errori. Per voi invece è la prima volta, non possiamo rimproverarvi per questo”.
Le Guardie rosse costituirono la colonna principale della GRCP prima della discesa in campo della classe operaia. Senza farsi intimorire e sconfiggendo l'iniziale repressione da parte delle autorità revisioniste, scavalcando anche i dirigenti revisionisti locali e nazionali del PCC che le volevano bloccare, le Guardie rosse, ispirate dal principio marxista-leninista di “andare controcorrente”, rivendicarono il loro potere sulle scuole e le università, misero in discussione non solo tutti gli aspetti del sistema scolastico e universitario, ma anche della sovrastruttura politica, istituzionale e culturale della società, attraverso grandi dibattiti e giornali autoprodotti, e riempirono le strade con immense manifestazioni in cui criticarono i dirigenti cittadini e provinciali e li costringevano a confrontarsi con loro. In numerosi casi andarono spontaneamente a trascorrere periodi di lavoro in campagna.
Soprattutto le Guardie rosse si resero conto che per cambiare la scuola e l'università non bastava aver instaurato il socialismo: era necessario criticare a fondo e respingere le idee, la cultura e i metodi didattici borghesi.
Animate dall'internazionalismo proletario, le Guardie rosse avevano anche una forte sensibilità antimperialista, tant'è che spesso scendevano in piazza per solidarizzare col Vietnam aggredito dall'imperialismo americano o per appoggiare le lotte dei popoli del mondo.
Com'è naturale, il movimento si sviluppò attraverso la lotta fra linea giusta e linea sbagliata, quest'ultima rappresentata soprattutto dagli “ultrasinistri” che rifiutavano la direzione della classe operaia e così facendo si impantanavano nel fazionismo. Le università e le scuole restarono centri ribollenti di creatività rivoluzionaria per tutto il corso della GRCP e saranno proprio gli studenti universitari di Pechino, ancora una volta, a dare un contributo essenziale all'ultima battaglia antirevisionista contro Deng nel 1975.

L'influenza della GRCP sulla Grande Rivolta del Sessantotto in Italia
L'esempio della GRCP travalicò i confini della Cina e fu di stimolo per le lotte rivoluzionarie e di liberazione nazionale del mondo intero, compresa l'Italia, dove esercitò una notevole influenza sulla Grande Rivolta del Sessantotto.
Anche sul Sessantotto i politicanti e gli scribacchini di destra e di “sinistra” della borghesia nostrana dicono da tempo tante sciocchezze per esorcizzarlo quale grande e acuto scontro fra proletariato e borghesia, il cui riflusso fu dovuto soprattutto all'azione controrivoluzionaria dei falsi comunisti. Si trattò in realtà del più grande avvenimento della lotta di classe in Italia dopo la Resistenza, con i giovani come protagonisti.
Nel Sessantotto è percepibile la presenza tutt'altro che secondaria del pensiero di Mao, della GRCP e delle Guardie rosse. Fu anche grazie al loro esempio che durante il Sessantotto scoppiò la ribellione di massa contro il revisionismo, rappresentato allora dal PCI, criticato duramente per la sua collusione con il sistema capitalistico e la DC, il suo parlamentarismo e il suo legalitarismo che stavano ormai stretti alle masse in ebollizione.
Come nota il Documento del CC del PMLI “Viva la Grande Rivolta del Sessantotto”, pubblicato il 14 dicembre 1988 in celebrazione del suo 20° Anniversario: “Il movimento studentesco di Milano nel suo complesso e non solo a livello di avanguardia, conquistato dal pensiero e dall'opera di Mao, arriva persino ad assumere il marxismo-leninismo-pensiero di Mao come sua teoria ufficiale. Nelle proposte di tesi politiche del 25 marzo 1970 si legge: 'Il movimento studentesco guidato dal marxismo-leninismo-pensiero di Mao è parte integrante delle masse popolari... Non è il movimento studentesco che influenza le masse popolari, è il pensiero di Mao che per la particolare storia del nostro paese è penetrato nel movimento studentesco e attraverso le iniziative del movimento studentesco influenza le masse popolari'. Si tratta indubbiamente di un avvenimento che non ha precedenti nella storia dei movimenti di massa italiani. Mai infatti prima di allora un grande movimento di massa si era proposto di conformare al marxismo-leninismo-pensiero di Mao il proprio pensiero, la propria vita e la propria azione politica. Questa scelta politica – impensabile in altre situazioni e al di fuori del contesto rivoluzionario del Sessantotto – significava non solo ripudiare l'ideologia e la cultura borghesi e tutte le loro varianti comunque camuffate, incluse quelle più progressiste, ma anche di proporsi di lottare affinché il marxismo-leninismo-pensiero di Mao diventasse la nuova cultura delle masse, in alternativa e in contrapposizione alla cultura dominante”. La fine del movimento studentesco di allora, fagocitato dal riformismo e dal trotzkismo, dimostra che senza la direzione del Partito marxista-leninista e della sua linea proletaria rivoluzionaria i movimenti rivoluzionari anticapitalisti non possono raggiungere i loro obiettivi.
Ispirandosi alle Guardie rosse, che erano divenute il loro modello di ribellione rivoluzionaria, i giovani osarono pensare, parlare e agire. Essenzialmente gli studenti a milioni capivano sempre più che il loro nemico principale era la classe dominante borghese col suo governo, che la loro lotta era parte integrante della lotta di classe contro il capitalismo, che il sistema scolastico e universitario andava cambiato radicalmente e che era necessario ricercare l'unità con tutte le forze sociali e politiche anticapitaliste.
Settori importanti attaccavano apertamente la cultura e del sapere borghese perché educano alla sottomissione all'ordinamento sociale capitalistico. La democrazia diretta divenne la regola organizzativa del movimento studentesco, che chiedeva non soltanto l'apertura dell'università alle masse tramite l'eliminazione delle restrizioni d'accesso come le tasse, ma anche una nuova didattica, nuovi sistemi d'esame e di valutazione, la fine dell'autoritarismo accademico e nuovi organi di governo. Rivendicava insomma il potere nell'università.
La presa di coscienza e la rivendicazione non solo di un cambiamento delle istituzioni universitarie, ma di un radicale stravolgimento e rovesciamento del potere accademico espressione del potere borghese nelle università si tramuta nella parola d'ordine del “Potere studentesco”. Questa parola d'ordine nasce e si sviluppa all'interno delle Università in particolare di Trento e Milano e mette in discussione gli organi collegiali, dimostratisi incapaci di una qualsiasi reale possibilità per le masse studentesche di strappare la minima rivendicazione o spazio decisionale all'interno degli atenei. Le assemblee generali, basate sulla democrazia diretta, diventano i nuovi luoghi di partecipazione e di decisione dove le masse studentesche attraverso ampi dibattiti, decidono e strutturano le lotte e le rivendicazioni. Ma non solo le masse studentesche, anche la classe operaia e le vaste masse popolari vengono coinvolte nelle assemblee generali sulla base della parola d'ordine delle “scuole al servizio delle masse popolari”, un coinvolgimento che si sviluppava grazie anche all'esempio che arrivava dalla Cina di Mao dove operai e contadini erano invitati ad entrare negli atenei in pianta stabile così da portare la cultura proletaria fin dentro il cuore delle università.
Anche la morale borghese e cattolica venne presa di mira e l'esempio più lampante fu la straordinaria discesa delle studentesse e delle ragazze sul campo di battaglia.
Non c'è del resto da stupirsi se i giovani rivoluzionari italiani di allora furono influenzati da quanto stava avvenendo in Cina. La lotta di classe in Italia (e non solo) è sempre stata legata da un saldo filo rosso agli eventi della rivoluzione mondiale, un po' come la Rivoluzione d'Ottobre ispirò il biennio rosso e l'esempio socialista dell'URSS di Stalin orientò le lotte operaie del dopoguerra.
Il pensiero di Mao non è insomma estraneo alla storia della lotta di classe e dei movimenti giovanili e studentesco in Italia e non è affatto azzardato affermare che contribuì in modo fondamentale a elevare la coscienza rivoluzionaria delle masse che presero parte al Sessantotto. Se non ci fossero stati l'esempio di Mao e della GRCP, probabilmente quella Grande Rivolta non avrebbe raggiunto vette così alte.
Un'influenza che continua tuttora in quanto il pensiero e l'opera di Mao furono fondamentali per la nascita del PMLI, avvenuta il 9 Aprile 1977 dopo dieci anni di preparazione, che comprendono la fondazione de “Il Bolscevico” il 15 dicembre 1969.

Fare come le Guardie rosse
I giovani hanno il diritto di vivere la loro gioventù, il diritto allo studio, il diritto al lavoro, il diritto al futuro senza sfruttamento, oppressione, disoccupazione e povertà. Com'è sotto gli occhi di tutti, oggi questi diritti sono negati dal sistema economico vigente, ossia il capitalismo, e possono essere conquistati solo con la lotta. Perciò oggi più che mai è necessario ispirarsi allo spirito rivoluzionario e ribelle delle ragazze e dei ragazzi Guardie rosse, seguire il loro esempio e raccogliere i loro ideali. Il loro esempio, benché siano passati cinquant'anni, è ancora attuale e utile.
Fare come le Guardie rosse significa innanzitutto combattere il capitalismo e l'imperialismo, che negano ai giovani le loro aspirazioni di cambiamento, ma anche il riformismo, il revisionismo, il parlamentarismo, il legalitarismo e il pacifismo perché ne frenano e ingabbiano le lotte; combattere la cultura e l'istruzione borghesi che veicolano la concezione capitalista del mondo e promuovono la concorrenza, l'edonismo, il disimpegno, il razzismo e l'omofobia; quindi lottare per il socialismo, l'unica alternativa reale e vincente al sistema capitalista. Significa armarsi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dare la propria forza al Partito del proletariato, mettere al primo posto gli interessi della rivoluzione, del proletariato e del socialismo e non gli interessi personali ed essere risoluti nella lotta di classe.
Non si può cambiare senza abbattere il capitalismo e il governo Renzi che ne fa gli interessi. Un governo che giura e spergiura sui giovani e li prende a pretesto per tutto quello che fa, ma in realtà li tradisce continuamente con i suoi provvedimenti. Basti vedere il “Jobs Act”, una manna per i padroni ma una condanna per i giovani, condannati al precariato perenne, licenziabili a piacimento e privati delle tutele e dei diritti conquistati a duro prezzo dalle loro madri, dai loro padri e nonni. Ciò comunque non ha eliminato la disoccupazione giovanile, che resta oltre il 38%, ma nemmeno il ricorso a forme di precariato ancora peggiori, come i voucher , mentre il governo foraggia addirittura il ricorso al lavoro giovanile gratuito come “volontariato”, sul modello Expo. Questa è la palude del lavoro precario nel quale i giovani dovrebbero tuffarsi al più presto e accontentarsi, senza badare troppo alla loro formazione, secondo il ministro Poletti.
Ma anche l'istruzione pubblica è sotto attacco: con la legge 107 la scuola è stata trasformata in una fondazione privata in pasto al mercato, con gli studenti privati di ogni diritto di rappresentanza e protesta e ridotti a manodopera gratuita con la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”. Per noi va eliminata totalmente perché va solo a vantaggio dei padroni, senza alcuna effettiva utilità formativa per gli studenti, nell'immediato chiediamo che i tirocinanti ricevano un salario pari alle mansioni che effettivamente svolgono.
Questa situazione ormai intollerabile dimostra che “è giusto ribellarsi contro i reazionari”! Proprio come stanno facendo gli operai di tutta Italia che, nei mesi scorsi, hanno scioperato contro la svendita del petrolchimico Eni, hanno occupato l'Ilva e il Comune di Genova, hanno bloccato il Consiglio regionale di Cagliari; o come fanno le masse in lotta che sfidano i manganelli delle “forze dell'ordine” per contestare il nuovo duce Renzi, fino a dare vita a battaglie di piazza come a Napoli il 6 aprile scorso.
Come diceva Mao e come facevano le Guardie rosse, bisogna “osare pensare, osare parlare, osare agire, osare attaccare e osare fare la rivoluzione”. Solo con la lotta i giovani possono ottenere l'abolizione del precariato e il lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per tutti. Solo con un grande movimento studentesco unitario, fondato sulla democrazia diretta, si possono conquistare la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti. Solo ricercando l'unità d'azione con tutte le altre forze sociali e politiche anticapitaliste e antirenziane, in particolare con la classe operaia è possibile mettere in campo una potente opposizione sociale nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli atenei e nelle piazze per buttare giù Renzi e cambiare veramente l'Italia.
L'immobilismo dei sindacati confederali e delle organizzazioni studentesche riformiste non deve impedire ai giovani lavoratori e studenti di scavalcarli e mettere comunque in campo le proprie lotte, che possono essere utili anche per fare pressione a favore dello sciopero generale di otto ore con manifestazione nazionale a Roma per cacciare Renzi.
Le ragazze e i ragazzi informati e consapevoli devono stare in prima fila nella lotta contro la politica guerrafondaia e interventista di Renzi che sta seguendo le orme di Mussolini e opporsi con tutte le proprie forze nel caso l'Italia intervenga in Libia per spartirsela con gli imperialisti americani, inglesi e francesi.
La più recente operazione per riportare i giovani all'ovile del capitalismo è costituita dalle imminenti elezioni amministrative a Milano, Torino, Roma e Napoli e altri comuni, dove sono stati messi in campo “nuovi” candidati (spesso giovani), partiti e raggruppamenti di “sinistra”, compreso il PC dell'arcimbroglione Rizzo. Ma non sono degni di fiducia, perché aspirano a ingabbiare le lotte delle masse nelle istituzioni del regime neofascista e capitalista, spargendo l'illusione che tramite esse sia possibile cambiare il sistema e che non serva la lotta. Un'illusione che dovrebbe essere morta col fallimento delle amministrazioni “arancioni” di Pisapia e De Magistris. Si mascherano di nuovo ma puzzano di vecchio. Noi invitiamo i giovani a respingere l'ennesima operazione elettoralistica con l'astensionismo e battersi invece per dare vita alle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, le Assemblee popolari e i Comitati popolari, composte anche dalle ragazze e dai ragazzi dai 14 anni, basate sulla democrazia diretta e sulla revocabilità dei membri, come contraltare dei governi ufficiali locali e per strappare loro il massimo possibile dei benefici per le masse, specie per quanto riguarda il lavoro, la casa, la scuola, i servizi sociali, le tasse e così via. Al referendum di Ottobre invece seppelliamo la controriforma del Senato sotto una valanga di No.
Mao amava incoraggiare i giovani dicendo loro che: “Il mondo è vostro come è nostro, ma in ultima analisi è vostro. Voi giovani, pieni di vigore e vitalità, siete nel fiore della vita, come il sole alle otto o alle nove del mattino. Le nostre speranze sono riposte in voi... Il mondo vi appartiene”. Allora lottiamo per conquistarlo strappandolo al capitalismo!
Giovani, prendete esempio dalle Guardie rosse e osate attaccare il capitalismo per cambiare l'Italia!
Spazziamo via il governo del nuovo duce Renzi!
Lottiamo per conquistare l'Italia unita, rossa e socialista!
Con Mao per sempre contro il capitalismo per il socialismo!
Con i Maestri e il PMLI vinceremo!
 
La Commissione giovani del CC del PMLI
16 maggio 2016

11 maggio 2016