Celebrazioni in Cina per il 50° anniversario della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria
I media del regime revisionista: “mai più” Rivoluzione culturale, cioè mai più socialismo. E attaccano i “maoisti nostalgici”

 
Solitamente, la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria è un argomento tabù in Cina, governata dagli eredi di quei revisionisti che furono rovesciati in quel periodo. Quando viene citata, è solo per infamarla o esorcizzarla. Quest'anno, l'avvicinarsi del 50° Anniversario ha costretto i media del regime revisionista a dire qualcosa in merito e il compito è stato affidato al “Global Times”, la costola più sbracata del “Quotidiano del popolo” (organo ufficiale del PCC) alla quale viene solitamente affidato il compito di dire ciò che i media governativi non possono tatticamente dire.
“Un movimento politico spaventoso per intensità e violenza” strumentalizzato da “cricche antirivoluzionarie per scopi politici che portò rovina alla nazione”: questa la descrizione falsa e diffamatoria data dai revisionisti cinesi tramite le pagine del giornale, i quali hanno tutto interesse a negare il significato antirevisionista del grande movimento lanciato da Mao il 16 maggio del 1966. Che, auspicano, non si ripeterà “mai più”, nascondendo la vera speranza, cioè che non si ripeta mai più il socialismo.
Ma nella Cina del capitalismo e neoliberismo sfrenati non tutti si bevono la versione ufficiale, soprattutto fra le masse lavoratrici sfruttate. A Xi'an, importante metropoli di oltre 4 milioni di abitanti nella provincia nord-occidentale dello Shaanxi, si è tenuta l'8 maggio una “conferenza in celebrazione del 50° anniversario della circolare del 16 maggio”, che diede inizio alla Rivoluzione culturale. Sotto striscioni rossi con su scritto “Viva la Grande Rivoluzione culturale proletaria” e “Viva l'invincibile pensiero di Mao Zedong”, i partecipanti hanno tenuto discorsi denunciando “il tradimento della causa del proletariato” da parte della “cricca dei revisionisti fautori del capitalismo di Deng Xiaoping”, che hanno “gettato la Cina nell'abisso del capitalismo e rovinato il sacrificio di sangue del presidente Mao e degli innumerevoli martiri della rivoluzione”.
Un'iniziativa simile si era tenuta il 1° maggio a Hong Kong, organizzata dalla “Società di studio del pensiero di Mao Zedong” per “raccogliere la missione del Presidente e promuovere lo spirito della Rivoluzione culturale”, alla quale hanno partecipato “centinaia di compagni e studiosi della Cina continentale, di Hong Kong, Taiwan e dall'estero”. Senza contare i numerosi siti di sinistra che hanno pubblicato vari interventi a favore di Mao e della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, a volte esplicitamente critici verso il regime revisionista. Alcuni di questi siti sono stati chiusi.
Queste sono le iniziative di cui siamo a conoscenza, ma sicuramente se ne sono svolte altre nell'immensa Cina, che non sempre la censura fa trapelare. Se però il suddetto “Global Times” ha sentito la necessità di attaccare i “maoisti nostalgici” (sic!) che celebrano la Rivoluzione culturale proletaria, evidentemente il fenomeno esiste e preoccupa Pechino.

18 maggio 2016