L'Italia di Renzi in fondo alla classifica sulla libertà di stampa

In una lista di 180 Paesi di tutti i continenti l'Italia di Renzi si colloca al 77° posto per la libertà di stampa. E quel che è ancor più significativo è che nell'ultimo anno è retrocessa di ben 4 posizioni, essendo risultata 73ª nel 2015.
Lo si ricava dalla classifica stilata ogni anno da Reporters sans frontières, l'organizzazione con sede a Parigi che dal 2002 monitora la situazione della libertà di stampa in tutto il mondo. Nella cartina geografica pubblicata sul sito dell'ong francese, in cui i vari Paesi sono distinti per colore in base alla libertà di stampa, in una gamma che va dal bianco (situazione buona) al nero (situazione molto grave), l'Italia è colorata di marrone (problemi notevoli), unico Paese dell'Europa occidentale ad avere questo giudizio, che la accomuna ai Paesi balcanici e ad alcuni Paesi dell'Est europeo come Ukraina e Ungheria. Nel vecchio continente peggio di noi stanno solo l'Albania, la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan.
Né le cose vanno meglio su scala mondiale, dal momento che siamo preceduti da Paesi come la Moldavia, il Nicaragua, l'Armenia e il Lesotho, mentre una distanza abissale ci separa dai Paesi dove la libertà di stampa è più tutelata, come Finlandia, Paesi Bassi e Norvegia.
Pur in un quadro mondiale complessivo che si è andato notevolmente deteriorando in questi anni, tanto che l'indice che misura la libertà di stampa è peggiorato del 3,71% rispetto all'anno scorso ed è addirittura crollato del 13,6% dal 2013, per quanto riguarda l'Italia Rfs rileva che nel nostro Paese c'è un “livello di violenza contro i giornalisti (intimidazioni verbali o fisiche, minacce di morte ecc.) assai inquietante”. E che “tra i più colpiti sono i giornalisti che si occupano della corruzione e del crimine organizzato”, tanto che ci sono dai 30 ai 50 giornalisti sotto scorta della polizia per aver ricevuto minacce di morte. L'ong francese sottolinea a questo proposito l'attacco alla stampa portato dalla giustizia vaticana nel contesto degli scandali Vatileaks e Vatileaks 2, “con l'incriminazione di due giornalisti che rischiano 8 anni di carcere per aver scritto libri sulla corruzione e gli intrighi dentro la Santa sede”, ai quali Rsf dà tutta la sua solidarietà.
Anche se la retrocessione di 4 posizioni quest'anno non è clamorosa come quella dell'anno scorso, quando l'Italia precipitò di ben 24 posizioni rispetto al 2014, la tendenza è chiarissima e inoppugnabile: nei due anni del governo Renzi i giornalisti italiani non sono mai stati così intimiditi, ridotti al silenzio o asserviti direttamente al potere politico. Il rapporto di Rsf sottolinea infatti l”anomalia tutta italiana del conflitto di interessi nei media”, in una lunga e dettagliata analisi sul sistema radiotelevisivo dominato dal duopolio Rai-Mediaset, per quasi un ventennio rimasto tutto nelle mani di Berlusconi. Un sistema, aggiungiamo noi, che oggi vede il prepotente ingresso del nuovo duce Renzi, che si è impadronito completamente della Rai trasformandola in una sua personale macchina propagandistica e ha allungato le sue grinfie su tutti i gruppi editoriali, da “La Repubblica” al “Corriere della Sera”.
Non c'è da meravigliarsi, allora, se dopo vent'anni di berlusconismo e due di renzismo l'Italia è precipitata così in basso nella classifica della libertà di stampa. Non ne è sorpresa neanche la Federazione nazionale della stampa, che in una nota del suo segretario generale, Raffaele Lorusso, a commento della classifica di Rsf, ricorda che da noi “vige ancora l'articolo 595 del codice penale che prevede il carcere per i giornalisti”, e che “si va dall'assenza di normative antitrust ai meccanismi di nomina della governance dell'ente radiotelevisivo di Stato, che resta legato all'esecutivo in carica”.

25 maggio 2016