Patto Usa-Vietnam contro la Cina
Obama revoca l'embargo sulle armi

Con la visita ad Hanoi del 23 maggio scorso – la terza di un presidente americano in Vietnam dopo la fine della guerra nel 1975 – Obama ha piazzato un altro tassello nel mosaico della strategia globale Usa che sta ridisegnando prima dello scadere del suo mandato alla Casa Bianca.
Di questa strategia globale fanno parte integrante la normalizzazione dei rapporti con Cuba e con l'Iran, che ha tolto dall'agone internazionale due nemici storici dell'imperialismo Usa, l'accerchiamento Nato della Russia nell'Europa dell'Est e nel Baltico, l'intensificazione della guerra all'IS in Medio Oriente e in Africa, e lo spostamento del centro di gravità del dispositivo militare strategico americano verso la regione Asia-Pacifico, per far fronte all'ascesa della superpotenza rivale, il socialimperialismo cinese. É in quest'ultimo quadro che rientra il viaggio in Vietnam, col quale ha rafforzato notevolmente i legami già da tempo esistenti a livello economico e politico con l'ex nemico asiatico, aggiungendoci anche quello militare in evidente funzione anticinese.
Non che questo obiettivo sia stato pubblicamente ammesso dalle due parti, che anzi si sono profuse nel negare che la loro intesa possa nascondere qualsiasi intenzione ostile nei confronti di altri Stati, ma la fine dell'embargo Usa sull'acquisto di armi portato come regalo da Obama per i governanti di Hanoi parla molto chiaro sul reale significato di questa visita. Specie se a questo si aggiunge l'accordo già in funzione e in base al quale la marina militare americana sta armando e addestrando la guardia costiera vietnamita in cambio dell'accesso delle sue navi da guerra nella base della baia di Cam Ranh.
D'altra parte i riferimenti e le allusioni al comune nemico nella regione, il socialimperialismo cinese, non mancano sia nel comunicato congiunto sia nelle rispettive dichiarazioni del presidente statunitense e del presidente vietnamita, Tran Dai Quang. In particolare nei ripetuti riferimenti alla situazione nel Mar Cinese Meridionale, dove è in atto da tempo un contenzioso tra la Cina e il Vietnam, anche con reciproche prove muscolari, sulla sovranità sopra un gruppo di isolotti strategicamente importanti per il controllo delle vie marittime e per i giacimenti di petrolio e di gas che vi si trovano intorno. In questo contenzioso gli imperialisti americani appoggiano apertamente il Vietnam, nonché il loro alleato storico che pure ne contende alla Cina la sovranità, le Filippine, tanto che alcuni mesi fa si erano spinti a mettere in atto una provocazione militare facendo sfilare un loro cacciatorpediniere lanciamissili davanti a una base che i cinesi hanno costruito nell'arcipelago. E alle proteste del governo cinese avevano risposto ribadendo il diritto degli Stati Uniti a “volare, navigare e operare ovunque le leggi internazionali lo permettono”.

Ieri nemici, oggi “partner globali”
Non a caso nel comunicato congiunto al termine dell'incontro di Hanoi si sottolinea che “Usa e Vietnam esprimono serie preoccupazioni per i recenti sviluppi nel Mar della Cina Meridionale, che hanno causato tensioni, incrinato la fiducia, minacciato la pace”. Lo stesso Obama, in conferenza stampa, nell'annunciare la revoca del “divieto di vendita di materiale militare al Vietnam che è in vigore da 50 anni”, lo ha inquadrato nella decisione di “continuare ad approfondire la nostra cooperazione nella difesa”, sottolineando in particolare che “Stati Uniti e Vietnam sono uniti nel sostegno ad un ordine regionale, anche nel Mar Cinese Meridionale, in cui siano rispettati norme e regole internazionali, in cui vi sia la libertà di navigazione e di sorvolo”. E ha ripetuto lo slogan “noi continueremo a volare, navigare e operare ovunque il diritto internazionale lo consente, e a sostenere il diritto di tutti i paesi a fare lo stesso”.
Anche il suo collega vietnamita è stato non meno coperto nella forma quanto chiaro nella sostanza, sempre evocando il nemico cinese sullo sfondo, col dichiarare che con il partner Usa “condividiamo gli interessi comuni per quanto riguarda le questioni regionali e internazionali. E i nostri interessi comuni crescono di giorno in giorno, in particolare in relazione al mantenimento della pace, la stabilità, la cooperazione e lo sviluppo nella regione”. Da quando sono state stabilite relazioni diplomatiche tra i due paesi nel 1995, ha aggiunto significativamente Quang, “i rapporti Vietnam-Usa hanno fatto passi da gigante in molti campi. A livello politico e diplomatico, il Vietnam e gli Stati Uniti sono ex nemici trasformati in amici. E ora siamo partner globali”.
Pure Obama ha sottolineato il ruolo ormai fondamentale che l'alleanza col Vietnam rappresenta per gli interessi strategici dell'imperialismo americano in Asia e nel Pacifico, regione verso cui da tempo ha riorientato il fulcro della strategia egemonica globale degli Usa: “Una delle mie più alte priorità di politica estera come Presidente – ha sottolineato infatti il capofila dell'imperialismo mondiale – è quella di garantire che gli Stati Uniti continuino a svolgere un ruolo più importante e a lungo termine in Asia-Pacifico, che è vitale per la nostra sicurezza e la nostra prosperità... nel perseguimento di questa visione, siamo più profondamente impegnati in tutta la regione Asia-Pacifico di quanto lo siamo stati negli ultimi decenni, e ciò include la nostra partnership globale con il Vietnam”.

Rinforzata la cintura strategica intorno alla Cina
In questo stesso quadro di chiaro carattere strategico, politico e militare, non minore importanza rivestono anche gli accordi economico-commerciali stretti con questa visita tra i due paesi, come in particolare l'impegno a ratificare al più presto il trattato Trans-Pacific Partnership (TPP), a cui aderiscono 11 paesi della regione Asia-Pacifico, tra cui Usa, Giappone e lo stesso Vietnam, e che rappresenta il 40% dell'economia mondiale, voluto espressamente da Obama per contrastare l'ascesa della ormai prima potenza economica mondiale, e con essa quella delle altre economie emergenti dei paesi del gruppo dei cosiddetti “Brics” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
Oltre a ciò un importante accordo commerciale da 11,3 miliardi di dollari è stato stipulato per l'acquisto di 100 aerei prodotti dalla Boeing da parte della compagnia privata vietnamita VietJet. Lo stesso Obama ha annuciato una politica di liberalizzazione dei visti di ingresso per facilitare gli investimenti e il turismo americani in Vietnam, sottolineando che tra le aziende americane e vietnamite sono in corso operazioni commerciali per 16 miliardi di dollari. Attualmente l'interscambio commerciale tra i due paesi ammonta già a 45 miliardi di dollari ed è in rapida ascesa, destinato com'è a crescere esponenzialmente con la revoca dell'embargo sulle armi (di cui il Vietnam è l'ottavo acquirente mondiale), e soprattutto con l'entrata in vigore del TPP.
Con questo accordo col Vietnam, quindi, Obama rinforza la cintura strategico-militare e politico-economica intorno al socialimperialismo cinese in ascesa, in previsione di uno scontro diretto con l'imperialismo Usa per l'egemonia globale. Di questa cintura, oltre al TPP di cui abbiamo già accennato, fa parte integrante, ed anzi vi assume un ruolo centrale il Giappone, alleato storico degli Usa dalla fine della 2ª Guerra Mondiale e nemico storico della Cina da sempre, che non a caso proprio di recente ha varato un progetto di legge per cambiare la Costituzione che dal 1947 gli vieta l'entrata in guerra e l'uso della della forza come mezzo per risolvere le controversie internazionali. E che con la Cina ha in atto un aspro contenzioso, anche con minacce di tipo militare, su un gruppo di isole di cui Pechino rivendica la sovranità territoriale. Ed è significativo che il viaggio di Obama a Hanoi sia avvenuto subito prima di quello in Giappone per il G7, dove parimenti il presidente americano ha avuto modo di stringere i già forti legami tra l'imperialismo Usa e il rinato imperialismo nipponico in funzione anticinese.

1 giugno 2016