La Confindustria di Boccia si schiera per il Sì a Renzi
Rilanciata la linea sindacale degli imprenditori sul salario subordinato alla produttività e sulla centralità del contratto aziendale

La Confindustria del neopresidente Vincenzo Boccia prosegue e anzi accentua la politica di sintonia e di sostegno al governo del nuovo duce Renzi già portata avanti dal suo predecessore Squinzi, al punto da scendere in campo in appoggio al sì al referendum sulla controriforma costituzionale di ottobre anticipando la presa di posizione ufficiale degli organi statutari.
É quanto è emerso dalla relazione di Boccia all'assemblea annuale della massima organizzazione padronale, tenutasi a Roma il 26 maggio scorso, alla presenza del capo dello Stato Mattarella e di una nutrita rappresentanza del governo, dei partiti e delle istituzioni, tra cui la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli (PD) e il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5S), oltre ai tre segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil. Per il governo, in assenza di Renzi volato in Giappone per il G7, erano presenti i ministri Martina, Delrio e Poletti, più il neoministro allo Sviluppo economico (Mise), Carlo Calenda, e il ministro della Cultura Dario Franceschini, che hanno svolto un intervento ciascuno.
Senza tanti preamboli Boccia ha messo subito sul tavolo le richieste degli industriali al governo e ai sindacati, offrendo in cambio al primo un appoggio pressoché incondizionato sulle “riforme” e la sua politica economica, e ai secondi una ripresa del confronto ma solo per scrivere insieme le nuove regole della contrattazione centrata esclusivamente sul salario legato alla produttività e alla competitività. “La nostra economia è senza dubbio ripartita. Ma non è in 'ripresa'. È una risalita modesta, deludente, che non ci riporterà in tempi brevi ai livelli pre-recessione”, ha messo le mani avanti il presidente di Confindustria, e questo per poter mettere subito dopo l'accento sulla “crescita”, che deve diventare – ha sottolineato - “la nostra ossessione”, e quindi poter affermare che “la variabile decisiva per le nostre imprese è la produttività”.

Niente al di fuori dello scambio salario/produttività
“Consideriamo da sempre lo scambio 'salario/produttività' una questione cruciale e crediamo che la contrattazione aziendale sia la sede dove realizzare questo scambio. Gli aumenti retributivi devono corrispondere ad aumenti di produttività”, ha aggiunto infatti Boccia, sentenziando che “con i profitti al minimo storico, lo scambio 'salario/produttività' è l’unico praticabile”, mentre il contratto nazionale deve restare solo “per definire le tutele fondamentali del lavoro”. “Vogliamo una più alta produttività per pagare più alti salari”, ha esclamato il capo degli industriali, e sulla base di questa “bussola” ha spronato i sindacati, non appena conclusa la stagione dei rinnovi contrattuali in corso, a riprendere il dialogo sulla riforma della contrattazione per “costruire la stagione della collaborazione per la competitività”.
Al governo Renzi Boccia riconosce il merito di aver favorito una politica di bilancio meno restrittiva in Europa, e chiede di andare avanti a tutta forza con la sua politica di “riforma” della pubblica amministrazione, sulle grandi opere infrastrutturali, sul taglio della spesa pubblica (sostituendo progressivamente il welfare pubblico universale con quello privatistico aziendale), sullo spostamento della tassazione “dalle imprese alle cose” (ovverosia sui consumi, Iva e quant'altro), sul taglio dell'Ires e il rinnovo dei superammortamenti, la Spending review , e così via.
Ma è soprattutto sulla controriforma piduista e fascista della Costituzione che la sintonia degli industriali col nuovo duce Renzi si fa incondizionata e plateale: “Le riforme sono la strada obbligata per liberare il Paese dai veti delle minoranze e dai particolarismi, che hanno contribuito a soffocarlo nell’immobilismo. Le riforme possono inaugurare una grande stagione della responsabilità, nella quale chi governa sceglie e prende decisioni e il consenso si misura sui risultati”, ha sentenziato Boccia con un vocabolario che sembra un copia/incolla diretto dai discorsi di Renzi e della Boschi.
Anzi, vantando che l'ispiratore di questa “riforma” è proprio il padronato, in quanto “Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il Titolo V della Costituzione”, Boccia ha schierato fin da ora gli industriali con Renzi per il sì al referendum, col sottolineare significativamente che “con soddisfazione, oggi, vediamo che questo traguardo è a portata di mano”, e relegando a puro atto formale la decisione ufficiale con la quale “la nostra posizione e le conseguenti azioni sul referendum verranno decise nel Consiglio Generale convocato per il 23 giugno”.

Mai un governo così “sensibile alle istanze delle imprese”
Uno schieramento così aperto e sfacciato della Confindustria col premier e il suo governo non si era visto neanche al tempo di Berlusconi, tant'è che quest'ultimo, sentendosi evidentemente punto da gelosia, si è sfogato accusando gli industriali di farsi “aspiranti sudditi” di Renzi, che “ha voluto cambiare la Costituzione, che è di tutti, per cucirsi addosso un abito su misura”. “Se io avessi fatto un decimo di quello che sta facendo lui – ha aggiunto non senza ragione il predecessore e maestro di Renzi – avrebbero fatto la rivoluzione”.
Gli ha risposto con logica inoppugnabile l'ex vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, che respingendo le accuse di Berlusconi ha dichiarato al quotidiano ufficioso di Palazzo Chigi, la Repubblica del 29 maggio: “Abbiamo creduto che potesse riformare in senso liberale l'economia, ma poi ci siamo resi conto che questo non è avvenuto. E ora ha assunto posizioni che non riesco più a comprendere. Del resto, era l'avvocato Agnelli a sostenere che Confindustria per sua natura è governativa e sfido chiunque a sostenere che questo governo non sia sensibile alle istanze delle imprese italiane”.
Quanto il governo del nuovo duce Renzi sia “sensibile” alle istanze dei capitalisti, e solo a quelle, lo ha confermato poi col suo intervento il neo titolare del Mise, Carlo Calenda, il quale si è profuso nell'assicurare gli industriali che il governo fa proprie tutte le loro richieste presentate da Boccia: a cominciare dalla “riforma dello Stato in Italia”, sulla quale, ha detto, “ci giochiamo una partita cruciale”, perché “non possiamo più rimanere in balia dei veti locali quando si parla di infrastrutture fondamentali o avere processi legislativi infiniti”. Per finire alla crescita della produttività, che per il sostituto della Guidi “deve essere al centro della nostra azione” e “richiede una assunzione di responsabilità condivisa tra industria e governo. E del resto non esiste in un paese moderno la possibilità di fare politica se non con le imprese e per le imprese”.
Un governo con le imprese e per le imprese: questo è infatti il governo Renzi secondo la stessa definizione datagli dal titolare di uno dei suoi ministeri chiave, che non a caso ha concluso la sua sviolinata assicurando l'apertura del Mise alle imprese (alla faccia di chi accusa il governo di lobbismo), annunciando che “dalla prossima settimana inizieremo il confronto con voi”, e definendo “un immenso privilegio” la possibilità di lavorare fianco a fianco con i padroni del vapore.
 
 

8 giugno 2016