L'uscita dalla Cgil di una parte del Sindacato è un'altra cosa
Un gravissimo errore

Le vicende legate al “licenziamento” del portavoce del Sindacato è un'altra cosa e i provvedimenti disciplinari verso i delegati della Fiom di alcuni stabilimenti FCA (ex Fiat) del Centro-Sud Italia ha avuto ulteriori sviluppi. Sergio Bellavita (il portavoce dell'area), Maria Pia Zanni del direttivo nazionale della Funzione Pubblica e Stefania Fantauzzi, Cgil nazionale e delegata RSA Fca Termoli, hanno abbandonato la Cgil assieme a una ventina di delegati, quasi tutti provenienti dalle fabbriche ex Fiat.
Non si tratta del primo caso, lo stesso Giorgio Cremaschi, leader prima della “Rete 28 aprile” e in seguito portavoce di quest'area ha lasciato la Cgil da diversi mesi. Altri delegati lo hanno fatto, quasi sempre andando a finire nell'USB (Unione Sindacale di Base), come è avvenuto per gli ultimi tre fuoriusciti; la motivazione di questi abbandoni è più o meno sempre la stessa: la Cgil non ammette più pareri discordanti al suo interno e non ci sono più gli spazi per portare avanti posizioni diverse da quelle della segreteria.
Noi marxisti-leninisti pensiamo che la scelta di abbandonare la Cgil sia un gravissimo errore. Con questo non spostiamo di una virgola il nostro giudizio sul grave atteggiamento tenuto dalla Camusso e da Landini verso la minoranza e più in generale contro chi si oppone alla loro linea. Il segretario generale e quello della Fiom sono alla ricerca dell'unità a tutti i costi con Cisl e Uil (alle condizioni di questi), di relazioni “amichevoli” con Marchionne e la Confindustria, tanto da essere disponibili ad accettare il loro “nuovo modello contrattuale” che consiste nella cancellazione quasi totale del contratto nazionale, da considerarsi valido solo per delineare un salario minimo per ogni categoria mentre la dinamica salariale è legata esclusivamente all'aumento della produttività aziendale. Un sindacato cogestionario e istituzionale.
Chi si oppone e chiede invece un sindacato più combattivo e conflittuale, che rappresenti i reali interessi dei lavoratori, a cominciare dai precari, pensionati, disoccupati e rifiuti di andare a braccetto con industriali, banchieri e loro governi viene combattuto e messo ai margini. Dobbiamo essere comunque onesti: fatti del genere non rappresentano una novità come alcuni esponenti della suddetta area lasciano intendere nelle loro dichiarazioni. Ad esempio ci viene in mente quanto avvenne alla Piaggio (l'azienda di motocicli con stabilimento principale in Toscana) nel 2004, quando vennero espulsi 11 iscritti alla Fiom per motivi del tutto simili a quelli attuali.
Ma non crediamo che la risposta più giusta sia quella di mollare la Cgil. Oltretutto per andare a finire in uno dei tanti “sindacati di base” dove l'attaccamento alle poltrone, dirigenti inamovibili, fazioni, democrazia limitata e provvedimenti disciplinari sono il pane quotidiano come in Cgil. Basti citare proprio l'USB, che ha fatto fuoco e fiamme contro il Testo Unico sulla rappresentanza ma poi lo ha firmato per non perdere i posti dentro le RSU, e quelli che non erano d'accordo con questa decisione sono stati espulsi. Per non parlare del settarismo che mette spesso le varie sigle le une contro le altre, ben rappresentato dall'invito al boicottaggio attuato da quasi tutti i sindacati non confederali verso lo sciopero generale contro la Legge di Stabilità e il Jobs Act indetto da Cgil e Uil il 12 dicembre 2014.
Proprio la gravità della situazione e degli attacchi della segreteria, invece dell'abbandono, avrebbe richiesto un “serrate le fila”, una reazione compatta dell'area. Invece tra documenti alternativi, chi se ne è andato, chi è uscito dall'area ma non dalla Cgil, il Sindacato è un'altra cosa si sta disfacendo e rischia la scomparsa. Oggettivamente, anche se in buona fede, questa scelta non fa altro che lasciare campo libero a Camusso e Landini favorendo il loro gioco. Staccare un drappello di delegati, combattivi e con largo seguito nelle loro fabbriche, dal resto degli altri lavoratori, per collocarsi in una organizzazione che si ritiene “più a sinistra” della Cgil ma con una rappresentatività ristretta e spesso corporativa, è un avanzamento verso un sindacato più autorevole e strumento efficace nel rappresentare gli interessi dei lavoratori? Crediamo di no. I fatti lo dimostrano.
Questo tipo di ragionamento scissionista, che confonde i diversi ruoli del sindacato e del partito, non porta da nessuna parte, è un atteggiamento tipicamente trotzkista che porta quella che si ritiene “l'avanguardia operaia” in un vicolo cieco senza prospettive e possibilità d'influire sulla massa dei lavoratori. Non staremo qui a ribadire cosa pensiamo della Cgil, del resto lo diciamo continuamente su “Il Bolscevico”, nei nostri volantini, nelle piazze e nello stesso sindacato. Ma nella Cgil ancora oggi si ritrova la maggioranza della classe operaia italiana ed è una grande organizzazione di massa. È questo il motivo principale per cui crediamo sia ancora utile lavorare in questo sindacato.
Noi marxisti-leninisti crediamo che l'obiettivo strategico per cui occorre e valga la pena lottare non è cambiare la Cgil che peraltro giudichiamo impossibile, né aggiungere altre sigle, ma lavorare alacremente per costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori. Ciò comporta il superamento del modello del sindacato degli iscritti, il sindacato associativo promosso da correnti sindacali partitiche; comporta, allorché le condizioni saranno mature, allorché la maggioranza degli operai e dei lavoratori lo chiederanno, lo scioglimento delle attuali confederazioni Cisl e Uil e Cgil e dei non confederali.
Solo in questo modo sarà possibile realizzare l'unità sindacale di tutti i lavoratori e pensionati privati e pubblici, sarà possibile dare vita a un'organizzazione sindacale di tutti i lavoratori libera dalla soffocante e mastodontica burocrazia sindacale e dai vincoli e dalle compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo, con al centro la difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.

8 giugno 2016