Belgio
60 mila in piazza a Bruxelles bocciano la controriforma del lavoro
I sindacati: "ci sarà la guerriglia" se il governo non ritira la legge Peeters

 
Il 31 maggio un partecipatissimo sciopero generale del pubblico impiego ha bloccato il Belgio; treni e bus fermi in Vallonia e a Bruxelles, ritardi e voli cancellati negli aeroporti, scuole chiuse e lavoratori in corteo nel centro della capitale per protestare contro la politica di austerità e il ridimensionamento dei servizi pubblici promossa dal premier di “centro-destra” Charles Michel.
Il principale sindacato belga, la Cgsp, che aveva indetto lo sciopero depositava un preavviso per il suo prolungamento per altri tre giorni; una settimana intera di mobilitazione che non si vedeva nel paese dal 1986. Il responsabile della Cgsp annunciava: "se la politica del governo rimarrà immutata, ci sarà la guerriglia e se necessario andremo sino in fondo. Se sarà necessario, tutto il nostro comparto è pronto a fermarsi pur di far cambiare la politica del governo sui servizi pubblici".
Lo sciopero del pubblico impiego del 31 maggio era una delle iniziative di lotta messe in calendario dalle organizzazioni sindacali in preparazione dello sciopero generale previsto per il 24 giugno, come era stato annunciato nelle manifestazioni per lo sciopero del 24 maggio che avevano visto almeno 60 mila manifestanti in corteo per le strade di Bruxelles contro le misure governative adottate dal premier Michel per rendere ancora più precario il lavoro, misure analoghe al Jobs Act di Renzi e alla Loi Travail di Hollande.
Le politiche di austerità imposte dalla Ue a tutti i paesi membri e applicate dai governi della destra come della "sinistra" borghese hanno voluto dire per i lavoratori e pensionati belgi una diminuzione del potere di acquisto di cento euro al mese, denunciavano i sindacati, grazie a vari aumenti delle tasse, dall’Iva sull’elettricità alle imposte su alcol, tabacco e benzina diesel. Di pari passo con la riduzione delle imposte alle imprese, un regalo di Michel ai padroni.
A innescare la protesta sindacale è stata la cosiddetta legge Peeters sul lavoro, presentata ad aprile dal vicepremier e ministro del Lavoro Kris Peeters con l’obiettivo di rendere il lavoro "flessibile e maneggevole". Tra le misure previste vi è quella dell’aumento delle ore lavorative settimanali da 38 a 45, con la possibilità per le aziende di prolungarla e di arrivare fino a 11 ore di lavoro al giorno, 50 alla settimana.
Per il ritiro della legge si sono pronunciati i principali sindacati Belgi, che possono contare su una base di più della metà dei lavoratori iscritti, e una ventina di organizzazioni giovanili.

8 giugno 2016