Al referendum di ottobre
Vota NO alla controriforma piduista e fascista del Senato
Documento del Comitato centrale del PMLI

Il referendum di ottobre sulla controriforma piduista e fascista Renzi-Boschi della Costituzione è una battaglia di importanza storica per tutti gli antifascisti, i democratici e i progressisti. Esso rappresenta un punto di svolta cruciale, perché sono in ballo l'affossamento definitivo della Costituzione del 1948 e delle residue libertà democratico-borghesi e la difesa dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari.
Il nuovo duce Renzi si sta giocando la carriera politica con questo referendum, tanto da averlo definito “la madre di tutte le sfide” e da proclamare che andrebbe a casa se vincesse il No. Il suo obiettivo è vincere il referendum per blindarsi al potere almeno fino al 2023 (non a caso ha dichiarato che si “contenterebbe” di due mandati), o addirittura per un ventennio, come i suoi maestri Berlusconi e Mussolini, così da poter completare senza problemi il regime neofascista e la sua politica liberista, antisindacale e interventista fino a cambiare i connotati istituzionali, economici e politici al Paese. Anche perché adesso, col parlamento uscito dal porcellum, egli non ha il controllo pieno del Senato e sa che non potrebbe durare tanto più a lungo.

I contenuti della controriforma
Renzi e Boschi mentono spudoratamente quando parlano demagogicamente di “tagli ai costi della politica” per mezzo miliardo, mentre si tratta invece di qualche decina di milioni, e quando dicono che la loro “riforma”, che cambia oltre 40 articoli della Costituzione, non ne tocca la prima parte. In realtà la tocca eccome, grazie anche alla legge elettorale ultra maggioritaria Italicum, un meccanismo truffaldino che consente al candidato premier della lista vincente di assicurarsi la maggioranza assoluta in parlamento con appena il 25-30% dell'elettorato. L'abbiamo bollato Italicum “fascistissimum” perché è peggiore della legge truffa democristiana e più simile alla legge Acerbo di mussoliniana memoria e manomette l'impianto complessivo della Carta del '48, trasformando surrettiziamente la forma della Repubblica e del governo da parlamentare a presidenziale, nella versione del “premierato forte”.
L'equilibrio dei poteri su cui si basano le democrazie parlamentari borghesi viene scardinato. Grazie all'abnorme premio di maggioranza e i 100 capilista da lui personalmente nominati, e all'abolizione del bicameralismo perfetto, con la fiducia al governo votata dalla sola Camera dei deputati (la sola anche a votare la dichiarazione di guerra), e l'obbligo di quest'ultima di votare le leggi del governo entro 70 giorni, il presidente del Consiglio viene ad assumere infatti una posizione nettamente prevalente rispetto al parlamento. Anche perché controllerà facilmente pure il nuovo Senato composto da consiglieri regionali e sindaci, altri nominati che faranno a gara per entrarci e acquisire l'immunità parlamentare. Da questa posizione di forza potrà poi nominare il presidente della Repubblica, 10 su 15 giudici della Corte costituzionale e un terzo del Consiglio superiore della magistratura, oltre al suo vicepresidente e al presidente (che è lo stesso capo dello Stato).
Completano l'opera la “riforma” del Titolo V, che è concepita per togliere alle Regioni e alle comunità locali il potere decisionale su questioni vitali per le masse come la politica energetica e la difesa dell'ambiente, concentrandole nelle mani del governo come “materie di interesse strategico nazionale”, e l'innalzamento delle firme per i referendum abrogativi e per le leggi di iniziativa popolare, che insieme all'abolizione delle province costituiscono un'altra riduzione secca della rappresentanza e della democrazia borghesi.

L'antico disegno piduista e fascista
Questa controriforma ha ben noti padrini politici, sia a livello internazionale che nazionale. A livello internazionale sono da ricercare nella grande finanza massonica mondiale, a cominciare dalla Trilateral fondata nel 1973 dal magnate americano Rockefeller e dagli ex segretari di Stato Usa Kissinger e Brzezinski con l'intento dichiarato, come del resto si propone anche l'altra associazione massonica bianca internazionale, Bilderberg, di imporre una sorta di governo mondiale di potentati economici e tecnocrati in grado di dettare ai vari governi nazionali un'unica politica liberista, anticomunista e interventista.
La politica ispiratrice della controriforma costituzionale emerge chiaramente anche nel famigerato documento golpista del 2013 della banca di affari americana JP Morgan, in cui si mettono sotto accusa “I sistemi politici della periferia meridionale dell’Europa” e le loro Costituzioni nate dalla sconfitta del fascismo, che ancora oggi “mostrano una forte influenza delle idee socialiste” e sono caratterizzati da “esecutivi deboli e governi centrali deboli nei confronti delle regioni”.
A livello interno il filo nero della controriforma Renzi-Boschi porta fino alla P2 e al “Piano di rinascita democratica” e allo “Schema R” di Gelli. Piano che nasce a metà degli anni '70 come la Trilateral, e il cui disegno presidenzialista procede dapprima per la via golpista, per poi essere incorporato nella “grande riforma” di Craxi negli anni '80, essere poi ripreso dalla Bicamerale golpista di D'Alema nel '97 e dalla controriforma costituzionale del 2006 di Berlusconi, e infine approdare alla controriforma Renzi-Boschi, concepita nelle stanze del Nazareno insieme al piduista di Arcore nel gennaio 2014, tenuta a battesimo dal rinnegato Napolitano, allora presidente della Repubblica, e benedetta oggi anche dal suo successore Mattarella.

Perché Renzi si sta giocando la carriera politica
Questa controriforma porta quindi chiaramente impresso il marchio della P2 e Renzi è colui che sta per completare il disegno fascista e presidenzialista di Gelli. Egli dice che se perde andrà a casa, ma non solo e non tanto per ricattare l'imbelle e capitolarda sinistra del PD con la minaccia delle elezioni anticipate e la conseguente perdita della poltrona parlamentare, quanto per chiamare a raccolta attorno a sé tutte le forze borghesi reazionarie nazionali e internazionali. Le quali sanno, dopo che in trent'anni ci hanno già provato invano Craxi, D’Alema e Berlusconi, che o la controriforma passa ora con Renzi, o dovrà essere rinviata a chissà chi e a chissà quando.
Ecco perché la Banca centrale europea e la Commissione europea premono sull'Italia per completare al più presto il processo delle “riforme”. Ed ecco perché la Merkel si è detta “impressionata” dalle “riforme” di Renzi, e anche la Confindustria di Vincenzo Boccia si è schierata apertamente per il Sì al referendum, sottolineando che “Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il Titolo V della Costituzione, e con soddisfazione, oggi, vediamo che questo traguardo è a portata di mano”. Anche la stragrande maggioranza della stampa di regime e i suoi pennivendoli, per non parlare della nuova Rai renziana, sono schierati apertamente a favore del SI’.

Creare un fronte unito per il No
A questa santa alleanza golpista occorre contrapporre un fronte unito di tutte le forze antifasciste, democratiche e progressiste per infliggerle una dura sconfitta e far vincere il No. Il PMLI, che ha denunciato per primo e pressoché da solo la controriforma fascista e piduista del Senato fin dall'indomani del patto del Nazareno, partecipa con convinzione al fronte unito per il No, pur sulla base di proprie motivazioni diverse da tutte le altre forze che ne fanno parte. Anche tra le forze democratiche e antifasciste, infatti, ci sono posizioni che vanno dalla difesa letterale della Costituzione del '48 fino all'accettazione della sua modifica con proposte anche simili a quelle della Renzi-Boschi purché a certe condizioni, come l'abolizione parziale o perfino totale del Senato, e l'accettazione del premierato purché “temperato” dalle preferenze, dall'elezione dei senatori, da poteri di “bilanciamento” assegnati al parlamento, e così via.
Il PMLI non sta né con la nuova né con la vecchia Costituzione: noi non ci appiattiamo sulla difesa della Costituzione del '48, perché non esiste più, essendo stata già cancellata di fatto dal regime neofascista, e soprattutto perché, pur essendo una Costituzione influenzata dalla Resistenza e dall'antifascismo, è comunque una Costituzione borghese e anticomunista, che sancisce la proprietà privata e il capitalismo e recepisce il Concordato con il Vaticano.
E' giusto e utile difendere le libertà democratico-borghesi che la Costituzione formalmente garantisce, alla fine però bisognerà cambiarla, ma da sinistra, per sostituirla completamente con una Costituzione socialista, una volta abbattuto il sistema capitalista e conquistato il socialismo. Nel frattempo lavoriamo per abbattere Renzi e il suo governo capitalista, neofascista, liberista, piduista e interventista, anche attraverso la vittoria del No al referendum.

Uniamoci per affossare la controriforma al referendum
Fermo restando che per noi marxisti-leninisti non è il referendum ma la lotta di classe, di massa e di piazza lo strumento privilegiato per lottare contro la classe dominante borghese in camicia nera e i suoi governi e per difendere i diritti e gli interessi delle masse lavoratrici, popolari e giovanili, bisogna andare a votare e votare No al referendum del 2 ottobre.
Ciò non è in contraddizione con la nostra indicazione tattica astensionista alle elezioni politiche, amministrative e di principio per le europee. Qui non si tratta di delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi o l'imperialismo europeo, ma di una scelta concreta da fare su una questione specifica e ben definita. Facciamo perciò appello agli astensionisti di sinistra affinché non disertino le urne ma anzi siano in prima fila in questa battaglia. Senza farsi intimidire o fuorviare dall'accusa dei renziani e dei loro pennivendoli di votare No insieme alla destra. Anche se nello schieramento per il No sono presenti partiti della destra, che non ci stanno certo per difendere la Costituzione del '48 ma solo per motivi strumentali ed elettoralistici, bisogna essere consapevoli che in questa battaglia la destra è rappresentata proprio da Renzi e la sua banda e da chi lavora per la vittoria del Sì. Da chi lavora cioè per completare il piano fascista e golpista della P2.
Antifascisti, democratici, progressisti, astensionisti di sinistra, uniamoci per impedire che si realizzi il disegno mussoliniano di Renzi e per mandarlo a casa! Lottiamo uniti nelle piazze, nelle scuole e in tutti i luoghi di lavoro, partecipiamo ai Comitati per il NO, per sconfiggere la sua strapotente macchina propagandistica e demagogica e per convincere milioni di elettori ad affossare sotto una valanga di NO al referendum di ottobre la sua controriforma fascista e piduista del Senato!
 
Il Comitato centrale del PMLI
 
Firenze, 21 giugno 2016

22 giugno 2016