Sesto Fiorentino
La comunità cinese si rivolta contro i controlli vessatori
Vuole giustizia. La polizia carica anche donne e bambini. Muso duro di Rossi, governatore PD della Toscana

Da una compagna sestese del PMLI
È il tardo pomeriggio di mercoledì 29 giugno all'Osmannoro (Sesto Fiorentino), chiamata anche Chinatown della Toscana. Ennesimo controllo di polizia e carabinieri a una fabbrica di pelletteria cinese, una delle miriadi che ci sono in quella zona della Piana fra Firenze e Prato. Inizia a montare la protesta dei lavoratori cinesi. Da prima si riuniscono in una specie di assemblea in piazza Marconi, i lavoratori arrivano sia da Firenze che da Prato a centinaia richiamati dal tam tam di we Chat, il social più usato dalla comunità cinese.
La rabbia esplode dopo che le “forze dell'ordine” impediscono a suon di spintoni l'uscita dalla fabbrica all'anziano titolare dell'azienda cinese controllata mentre cerca di portare fuori il nipotino di 10 mesi che ha in braccio. I lavoratori lanciano contro la polizia e i carabinieri quello che trovano (lattine, pietre, legni) e si barricano dentro i cancelli della fabbrica. Le “forze dell'ordine” di Renzi una volta che riescono a sfondare lo sbarramento dei lavoratori rispondono con una brutale carica che non risparmia nessuno, donne e bambini compresi. “Questo è un massacro - urla una giovane cinese in italiano - I poliziotti hanno caricato anziani e donne, è una vergogna, una risposta esagerata, hanno cancellato i video dai nostri telefoni”. “Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
Esplode la rabbia per i controlli vessatori. “Le forze dell’ordine vengono in questa zona quasi tutti i giorni, entrano in modo aggressivo nelle nostre fabbriche e, sempre e comunque, trovano qualcosa che non va. Piccoli difetti alle macchine tessili, che ci costano multe salate. E così le istituzioni si arricchiscono sulla nostra pelle” dice un ragazzo e continua “mentre quasi ogni notte i ladri vengono a rubare nelle nostre fabbriche”. Un altro ragazzo afferma: “Le forze dell’ordine si accorgono di noi soltanto per castigarci”. La “nostra è la rabbia per i controlli eccessivi, non siamo criminali, ma persone normali che lavorano per 15 ore al giorno”. E intanto è quasi notte e le lavoratrici e i lavoratori cinesi restano nel piazzale. “Vogliamo che i colpevoli paghino”. Le ambulanze portano via i feriti che sono una decina compreso il bimbo che l'anziano aveva in braccio. Due gli arrestati con l'accusa di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.
La rivolta continua l'indomani davanti al Palazzo di Giustizia a Firenze mentre si tiene il processo per direttissima ai due arrestati. Donne e uomini innalzano cartelli contro la violenza della polizia e altri con su scritto “Stato italiano mafioso”. Alcuni di essi diffondono un volantino bilingue (italiano-cinese) nel quale si legge: “Noi cittadini cinesi, grandi lavoratori, ogni giorno dobbiamo preoccuparci dei veri ladri. E ogni giorno viviamo nella preoccupazione che i ladri con licenza (Stato italiano) ci vengano a prendere il nostro guadagno ottenuto con tanta fatica. Ed oggi, vediamo che i carabinieri e la polizia non lasciano neanche scampo ai bambini e agli anziani, facendo loro del male. Stato italiano, mafia con la licenza”.
Nessuna parola di solidarietà per i lavoratori cinesi e di condanna verso le brutali cariche della “forze dell'ordine” si è levata dai vari rappresentanti istituzionali, i sindaci Nardella (Firenze) e Falchi (neo eletto a Sesto Fiorentino), compresi i sindacati Cgil, Cisl e Uil. Nelle loro parole emerge invece unanime la convinzione che i controlli vessatori sono utili per combattere il lavoro nero e le irregolarità soprattutto dopo la tragedia del 1 dicembre 2013 al Macrolotto di Prato in cui morirono carbonizzati 7 lavoratori cinesi in un rogo all'interno della fabbrica.
Addirittura quelle del governatore della Toscana Rossi (PD) trasudano xenofobia quando dopo l'accaduto della rivolta dell'Osmannoro a muso duro afferma: “la comunità cinese non dovrebbe girare con tanto contante che è sinonimo di nero. Del resto nei negozi cinesi i Pos per il bancomat non si trovano. Io sono per l' uso del denaro tracciabile. Questo potrebbe contribuire a risolvere parte di questo problema”.
Noi marxisti-leninisti esprimiamo la nostra solidarietà militante verso la comunità cinese dell'Osmannoro brutalmente caricata dalle “forze dell'ordine” del governo Renzi, vittima di accaniti e vessatori controlli che nelle forme e nei contenuti e modalità trasudano xenofobia nei confronti di queste lavoratrici e lavoratori da parte delle istituzioni locali.
Il lavoro nero e le irregolarità non si combattono con la militarizzazione delle fabbriche. Non si potrà mai avere una reale sicurezza sul lavoro e garanzie concrete di salute dei lavoratori, siano essi di nazionalità cinese o italiana, se non viene prima estirpata alla radice la fonte del supersfruttamento dell'uomo sull'uomo, della tratta degli schiavi moderni costretti a lavorare oltre 15 ore al giorno in condizioni disumane nella ricerca del massimo profitto: il capitalismo.

6 luglio 2016