Il sostegno per la “inclusione attiva” è una elemosina
L'obolo, 80 euro al mese per ogni componente del nucleo familiare, non copre tutta la platea delle famiglie in povertà assoluta ed è condizionato da specifici impegni per adulti e minori. È erogato al massimo per 12 mesi
Mancia referendaria

La legge delega sulle “norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali” ribattezzato “Ddl povertà” presentato dal Consiglio dei ministri a gennaio inizia a diventare legge. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale 26 maggio 2016 il sostegno per l'inclusione attiva (SIA), nato con il decreto legge 5/2012 in forma sperimentale nelle 12 città più popolose, fa ingresso in tutti gli 8mila comuni Italiani. Dietro queste sigle e un linguaggio burocratico apologetico che sembrerebbe prefigurare chissà quale intervento strutturale che prenda di petto e affronti seriamente la dilagante povertà si nasconde un obolo di 80 euro mensili concessi ai diseredati.
Ricordate la Social card varata dal governo presieduto da Berlusconi nel 2008? Allora una valanga di critiche, più che giustificate, bollarono l'iniziativa come un'elemosina umiliante e offensiva; a questo coro si unì anche il PD che prima con Letta e adesso con Renzi al governo, la ripropone pari pari, salvo qualche aggiustamento. Quella vecchia era indirizzata a pensionati e neonati, quella attuale sembra allargare la platea ma per molti aspetti è più restrittiva in quanto l'ISEE richiesto deve essere sotto i 3.000 euro annui contro i 6.000 della versione berlusconiana. L’ISEE misura la ricchezza non solo in base al reddito e al patrimonio del singolo individuo, ma di tutto il nucleo famigliare e include la casa, magari ottenuta con anni di sacrifici, e conteggia i risparmi di una vita di lavoro.
Le condizioni richieste non si fermano qui. È necessario che del nucleo familiare faccia parte almeno un minorenne, un disabile o una donna in stato di gravidanza. Le famiglie richiedenti non dovranno già usufruire di misure previdenziali superiori a 600 euro mensili e i loro membri non dovranno essere titolari di Naspi (il nuovo assegno di disoccupazione), Asdi (il misero supporto economico ai disoccupati al termine del Naspi) o Social Card disoccupati. Nessun membro del nucleo familiare dovrà inoltre essere in possesso di autoveicoli immatricolati nei dodici mesi antecedenti alla richiesta (o addirittura nei tre anni precedenti, in caso di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.300 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc). Gli interessati dovranno infine avere residenza in Italia da almeno due anni mentre l'erogazione durerà per un massimo di 12 mesi.
L'importo verrà corrisposto attraverso una carta gestita da Poste Italiane oramai privatizzate. Loro sì che trarranno guadagno dalla nuova Social card, assieme a chi otterrà la convenzione per il suo utilizzo. Avrà cadenza bimestrale, sarà spendibile in farmacia, supermercati e per il pagamento delle bollette. Si tratta di 80 euro mensili per ogni persona del nucleo familiare fino a un massimo di 400 per 5 persone o più. Ancora una volta prevale una visone familista in quanto il singolo e una coppia senza figli non avrà diritto neppure agli 80 euro.
È lampante che il SIA non sortirà nessuna efficacia a fronte dei 4 milioni e 600mila di persone in povertà assoluta e oltre 7 milioni in povertà relativa certificati dall'Istat. La misura investirà meno di un milione di persone e anche chi ne beneficerà non otterrà altro che un'elemosina che non cambierà la sua misera esistenza. Una platea che potrebbe rivelarsi ancor più piccola di quella prevista (come avvenne per la vecchia Social card) perché le limitazioni e i requisiti richiesti sono veramente tanti e occorre essere degli incapienti, disoccupati e in mezzo a una strada per averne diritto. Il governo cerca di giustificarsi con la ristrettezza delle risorse però, quando si tratta di salvare i mercati finanziari e le banche, i soldi saltano fuori come un coniglio dal cappello.
Non bisogna dimenticare gli altri obblighi imposti per avere diritto a quest'obolo, che ricorda molto la “tessera del pane” di mussoliniana memoria: si devono mandare i figli a scuola e aderire a un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa predisposto dal Comune di residenza, insomma i famigerati Lavori Socialmente Utili (LSU). Si tratta, è bene ricordarlo, di lavoratori pubblici a nero, persone impiegate nella pubblica amministrazione senza contratto e senza diritti che di fatto sopperiscono alle carenze d’organico nella realizzazione ed erogazione di attività e servizi.
Riguardo ai tempi di attuazione, dal 2 settembre se ne può già fare richiesta. La tempistica non è certo casuale e tutto fa pensare a uno scopo propagandistico dell'elargizione degli 80 euro (una cifra a cui Renzi sembra affezionato) in previsione del referendum sulla controriforma costituzionale che si terrà ad ottobre, dove il nuovo duce di palazzo Chigi si gioca la carriera politica. Costui conta che la misura traini nuovi consensi. Una “mancia referendaria” (che comunque costerà 750 milioni di euro) simile alla “mancia elettorale” del 2015 con gli 80 euro in busta paga a ridosso delle Regionali.
Quando si tratta, invece, di prendere vere misure di sostegno al reddito di precari e disoccupati, migliorare i servizi pubblici, rilanciare la previdenza pubblica, rinnovare i contratti a milioni di lavoratori, evitare privatizzazioni, improvvisamente i soldi spariscono.
Questa misura rientra nel quadro più generale di revisione degli interventi di contrasto alla povertà, o quantomeno ritenute tali. Un riordino che tra l'altro serve a evitare che ogni regione, come già avvenuto in Friuli-Venezia Giulia e in Puglia, prenda autonome iniziative difformi le une dalle altre. Il quadro generale di questa ennesima riforma è comunque già chiaro: invece di redistribuire almeno una parte della ricchezza di chi possiede grandi patrimoni, si preferisce elargire l'elemosina alla parte più debole e poverissima della popolazione a spese di chi sta appena meglio.
Le risorse verranno da “fondi europei, nazionali e regionali”, derivanti dal mancato adeguamento delle pensioni e dai risparmi su quelle di reversibilità, dal blocco dei contratti dei lavoratori del pubblico impiego, dai pesantissimi tagli alla spesa sanitaria e sociale. Un modello che ha come obiettivo la cancellazione del servizio pubblico sanitario nazionale, della previdenza pubblica, la privatizzazione di quanto rimane di trasporto pubblico locale, distribuzione di energia, gestione e manutenzione di autostrade e ferrovie. Un sistema liberista di stile “americano” che si fonda sulle elemosine tipo il SIA, contrapponendo la carità a una politica di giustizia sociale. Che non aiuta in nessun caso a diminuire le diseguaglianze e tanto meno a combattere la povertà ma si limita semplicemente a impedire che la parte della popolazione più emarginata dal sistema economico capitalista muoia letteralmente di fame.

27 luglio 2016