Non a caso Renzi, Hollande e Merkel si sono incontrati su una nave da guerra
Al vertice di Ventotene al primo posto la Difesa

“Ce la giochiamo, perché le condizioni sono cambiate. L'Italia è tornata nel gruppo di testa dell'Unione”: questa spavalda dichiarazione di Renzi all'immediata vigilia del vertice a tre di Ventotene del 22 agosto con la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande, rivela chiaramente le ambizioni riposte dal nuovo duce in questo summit da lui fortemente voluto e mediaticamente organizzato di tutto punto nell'isola-simbolo dove nel 1941 fu scritto dal liberale Altiero Spinelli ed altri confinati dal fascismo il Manifesto per un'Europa libera e unita, a cui viene attribuita la genesi ideale e politica della UE.
Per Renzi cioè il vertice di Ventotene era un'occasione per inserirsi nel gruppo di testa dell'Europa accanto a Francia e Germania, sfruttando lo spazio lasciato libero dalla Gran Bretagna dopo il referendum sulla Brexit, anche se ufficialmente lo motivava sventolando la bandierina del “rilancio dell'Unione”: “Molti hanno pensato, dopo la Brexit, che l'UE fosse finita. Non è così: abbiamo voglia di scrivere il futuro”, ha esordito pomposamente Renzi nella conferenza stampa finale. Per Merkel e Hollande, al di là della retorica europeistica, culminata nella visita con omaggio floreale alla tomba di Altiero Spinelli, il vertice aveva invece un valore poco più che interlocutorio, più che altro una conferma di esistenza in vita dell'Europa in vista del summit del 16 settembre a Bratislava dei 27 capi di governo della UE, il primo senza la Gran Bretagna, dove si dovrà discutere delle temute incognite del dopo Brexit.
Dei quattro temi in agenda sui quali sperava di portare a casa qualcosa - politiche per i giovani, flessibilità nei conti pubblici per l'Italia, immigrazione e difesa comune europea – Renzi è stato accontentato solo su quest'ultimo, che è stato in realtà il piatto forte, se non l'unico, del summit. Un tema, quello della difesa europea, al quale Renzi teneva comunque molto, aspirando ad occupare il posto riservato finora a Londra, ma giocando un ruolo propulsivo di punta, anziché frenante e interdittivo come quello giocato di fatto dai britannici. Non a caso per tenere il vertice a tre il premier italiano ha scelto l'ammiraglia della nostra flotta militare, la portaerei Garibaldi, con la scusa che farlo svolgere sull'isola avrebbe disturbato i turisti. In realtà si è trattato di una ben studiata mossa politico-mediatica, con tutto quello che è costata, senza risparmiare in uomini e mezzi, per ostentare davanti ai due alleati la forza dell'imperialismo italiano e rivendicare un ruolo di primo piano nella determinazione e nella conduzione della politica militare europea.

Le orecchie da mercanti di Merkel e Hollande
Sulla flessibilità, con la quale Renzi sperava di strappare l'autorizzazione a sforare i conti di una decina di miliardi da investire nella riduzione delle tasse per alimentare l'asfittica “ripresa”, è arrivato un secco nein dalla cancelliera tedesca, che si guarda bene dall'allentare i rigidi vincoli europei difesi a spada tratta dal suo governo prima delle consultazioni elettorali che la aspettano al varco a settembre e nel 2017. Infatti mentre ha lodato l'antioperaio e antisindacale Jobs Act di Renzi (“Non può dare effetti in poche settimane. É una buona riforma, e io la sostengo”, lo ha difeso), ha invece liquidato le sue speranze sentenziando che “il patto di stabilità contiene già molta flessibilità, che va impiegata in maniera saggia”. Renzi sta pensando allora di rifarsi avanti nelle prossime settimane proponendo uno scambio tra la flessibilità e la “riforma” dei contratti, consegnando cioè all'Europa quello scalpo dei contratti collettivi, da abolire e sostituire con la contrattazione azienda per azienda, che la BCE aveva già messo al primo punto nella lettera di ultimatum consegnata al governo Berlusconi nel 2011.
Bottino magro anche sull'immigrazione, dove invece di riparlare delle quote di rifugiati approdati in Italia da redistribuire tra tutti i 27 della UE, che non ne vogliono neanche sentir parlare, la Merkel si è limitata a fare una parziale apertura su un maggiore contributo del suo Paese alla missione Frontex: quella missione navale militare nel Mediterraneo per sorvegliare le frontiere esterne della UE e “contrastare il traffico di esseri umani e gli scafisti”, che ultimamente si è distinta nel fare fuoco sui barconi dei migranti davanti all'isola greca di Chios. In compenso la cancelliera di ferro ha ribadito con forza la giustezza e la bontà del vergognoso accordo col dittatore fascista Erdogan per trattenere in Turchia i rifugiati siriani. Quanto ai giovani, tutto quello che il pomposo vertice di Ventotene ha saputo spremere è stata la promessa di rilanciare il programma Erasmus e di riconvertire l'ex carcere isolano in un campus universitario per gli studenti europei. Neanche è stato nominato il grave problema della disoccupazione giovanile (e delle misure per contrastarla) che affligge tutta l'Europa e massimamente l'Italia.

Tutti d'accordo sulla difesa europea
Tutt'altra musica è suonata invece sul tema della difesa europea. Qui le orecchie da mercante dei due interlocutori di Renzi si sono fatte sensibili, soprattutto quelle di Hollande, ossessionato dal tema della sicurezza, della difesa delle frontiere e della condivisione dei dati di intelligence per combattere il “terrorismo”: “Dobbiamo proteggere meglio le frontiere europee e condividere di più le informazioni di intelligence. Vogliamo anche maggior coordinamento, più mezzi e più risorse nel settore della difesa”, ha convenuto infatti con Renzi il presidente francese. Tutti hanno poi accennato all'importanza di essere “più presenti in Africa con la UE”.
Come si è già detto l'Italia imperialista di Renzi aspira ad avere un ruolo guida in questo processo per costruire una difesa militare comune in Europa, eventualmente anche cominciando subito con un numero ristretto di Paesi che accettano di essere della partita. È quello che non a caso avevano già proposto l'11 agosto i ministri degli Esteri Gentiloni e della Difesa Pinotti in una lettera aperta per il quotidiano francese Le Monde , in cui avevano chiesto, dopo l'uscita del Regno Unito dalla UE, la costruzione di una “Schengen europea della difesa”, con l'obiettivo di formare una “forza multinazionale europea con le funzioni e il mandato stabilito congiuntamente, con una struttura di comando, processo decisionale e meccanismi di bilancio comuni”.
Si tratterebbe di un organismo militare non in concorrenza con la NATO, assicurano i due ministri, le cui forze e competenze “sarebbero a disposizione non sole dell'UE, per le missioni militari, ma anche della NATO e delle Nazioni Unite”. E con l'Italia che grazie alla “sua tradizionale attenzione all'Alleanza atlantica e le sue relazioni con gli Stati Uniti”, è pronta a lavorare “per dissipare ogni timore di sovrapposizioni o duplicazioni con la NATO”: pronta cioè – è il sottotesto della proposta – a fare le veci della Gran Bretagna nel fare da garante in Europa con il diffidente alleato d'oltreoceano.
 
 
 

31 agosto 2016