Lo Stato islamico bombardato dagli Usa in Libia e dalla Russia in Siria
Soldati italiani operano già in Libia
L'Italia si ritiri dalla guerra imperialista contro lo Stato islamico e tratti con esso

Dal 1° agosto, su ordine del capofila imperialista Obama, elicotteri, aerei e droni americani hanno iniziato a bombardare la città di Sirte, in appoggio alle truppe filogovernative in grave difficoltà nella battaglia per riconquistare la città occupata circa un anno fa dalle forze dello Stato islamico. L'operazione, denominata in codice Fulmine dell'Odissea , e che secondo i comandi Usa durerà non meno di 30-40 giorni di bombardamenti ininterrotti, era stata “richiesta” dal governo di “unità nazionale” basato a Tripoli, ed annunciata in contemporanea dal fantoccio libico Al Serraj e dal portavoce del Pentagono Peter Cook.
Nella sua dichiarazione Serraj ha voluto precisare che i raid Usa “andranno avanti fin quando sarà necessario, ma non ci saranno truppe di terra”. Ed inoltre che “il governo di accordo nazionale respinge qualsiasi intervento straniero senza la sua autorizzazione”: ciò per cercare di non smascherarsi per quello che è, e cioè un fantoccio degli imperialisti americani e europeo. Anche perché il governo di Tobruk del generale Haftar, sostenuto dall'Egitto e dalla Francia, ha subito bollato l'intervento americano concordato con Serraj come “illegale”, e perfino il gran muftì di Tripoli, la massima autorità islamica del Paese, lo ha definito tale. Per non parlare del governo Russo, che ha minacciato di chiamare in causa il Consiglio di sicurezza dell'Onu per bocciare i raid anche a suo dire “illegali” in Libia. Ma per l'Onu è tutto regolare, dato che fonti del palazzo di vetro li hanno definiti “in linea con le risoluzioni” adottate sulla Libia.
Da giorni l'offensiva militare lanciata dalle truppe filogovernative contro la roccaforte dell'IS in Libia aveva subito una forte battuta d'arresto con centinaia di perdite per la resistenza superiore al previsto dei combattenti islamici asserragliati nella città. E questo nonostante l'appoggio fornito direttamente sul campo da forze speciali americane, britanniche ed anche italiane, benché la presenza di queste ultime, continui ad essere smentita dal governo di Roma: “Non ci sono soldati italiani che combattono in Libia”, aveva affermato per esempio a fine aprile una nota del governo, smentendo categoricamente la notizia diffusa da una fonte israeliana di un'imboscata dell'IS in cui sarebbero caduti dei soldati inglesi ed italiani. Ufficialmente l'Italia ammetteva solo il supporto alle truppe libiche di un ponte aereo sanitario con Roma per soccorrere ed evacuare gli assedianti feriti.

Pronti a concedere le basi italiane per bombardare la Libia
Ora l'intervento americano trascina inevitabilmente anche il nostro Paese nell'escalation imperialista in Libia. Prontamente il ministro degli Esteri Gentiloni ha emesso un comunicato in appoggio all'offensiva su Sirte ribadendo che l'Italia “sostiene il governo di unità nazionale e lo incoraggia a realizzare le iniziative necessarie a ridare stabilità e pace al popolo libico. In particolare l'operazione per liberare la città di Sirte da Daesh”. Quanto ai bombardamenti, “se ci saranno richieste per l'uso della base di Sigonella le valuteremo e se prenderemo delle decisioni ne informeremo il parlamento”, ha aggiunto il ministro per confutare le voci secondo le quali la base siciliana già sarebbe coinvolta nei raid Usa su Sirte.
Questi questi ultimi, infatti, partono ufficialmente dalla portaerei Uss Wasp che incrocia nelle acque libiche, ma secondo la rivista specializzata online The Avionist , vi avrebbe preso parte anche un drone Reaper decollato dalla base siciliana, lanciando i micidiali missili Hellfire sulle posizioni dell'IS.
Rispondendo al Question time il 3 agosto, in un parlamento semivuoto per le imminenti ferie estive, la ministra della Difesa Pinotti ha continuato a negare che i bombardieri e i droni Usa utilizzino le basi in Italia per bombardare il territorio libico, assicurando che “l'operazione non ha finora interessato l'Italia né logisticamente né per il sorvolo del territorio nazionale”. Ma d'altro canto l'ex scout piddina con l'elmetto ha anche ribadito che comunque “il governo è pronto a considerare positivamente un eventuale utilizzo delle basi e degli spazi aerei nazionali a supporto dell'operazione”: una formula ipocrita per nascondere che gli americani possono usare le basi italiane come e quando vogliono, ammesso che non lo stiano già facendo con il compiacente silenzio del governo Renzi.
Del resto già a febbraio il Wall Street Journal aveva rivelato che la base di Sigonella era usata per i voli spia dei droni Usa sulla Libia, in base ad un accordo segreto tra i due governi siglato a Washington. In ogni caso il governo Renzi ha fatto sapere che non ha intenzione di concedere un dibattito parlamentare sull'argomento, tanto meno con un voto vincolante dell'aula, per cui la concessione delle basi, non solo Sigonella ma anche quella di Aviano, sarà praticamente automatica non appena richiesta ufficialmente dal governo americano. Anche perché, sempre secondo la guerrafondaia Pinotti, l'escalation imperialista in Libia “si sviluppa in piena coerenza con la risoluzione delle Nazioni Unite numero 2259 del 2015 a seguito di una specifica richiesta di supporto formulata dal legittimo governo libico per il contrasto all'Isis nell'area di Sirte”: una risposta secca anche alla richiesta informale del governo Russo a quello italiano di non lasciarsi coinvolgere nell'intervento “illegale” degli americani in Libia concedendo loro l'uso delle proprie basi.

Renzi esalta la vocazione interventista dell'Italia
D'altra parte sono sempre più insistenti le notizie della presenza da mesi di forze speciali italiane operanti sul suolo libico, in particolare a Sirte, in appoggio alle truppe filogovernative libiche che stanno rioccupando gradualmente la città, alle quali indicano i bersagli da colpire e forniscono addestramento per sminare il terreno. Il loro invio in gran segreto e senza informare il parlamento è stato consentito a Renzi grazie al decreto (secretato dal governo) che istituisce una catena di comando direttamente tra il premier e le forze speciali inviate nelle “aree di crisi”, appositamente dotate di speciali immunità e rispondenti solo a lui. Non a caso l'11 agosto Renzi ha voluto fare visita al Comitato operativo interforze di Roma per parlare ai militari italiani impegnati all'estero, ai quali ha inviato “un saluto riconoscente e colmo di gratitudine da parte di tutto il governo”, proclamando che “il mondo di oggi ha bisogno di voi, ha bisogno di noi, dell'Italia”, per ribadire la irrinunciabile vocazione interventista del suo governo e delle forze armate italiane dovunque siano in gioco gli interessi nazionali.
Tutto questo mentre in Siria continuano e anzi si intensificano i bombardamenti e le stragi di civili, in particolare da parte dell'aviazione del nuovo zar imperialista Putin alleato del dittatore Assad. Nel mese di agosto le stragi hanno riguardato soprattutto la città di Aleppo, assediate dalle forze governative che cercano di strapparla agli oppositori grazie anche ai raid russi, che ultimamente si servono anche di basi avanzate in territorio iraniano. Sono stati colpiti e distrutti anche alcuni ospedali, con molte vittime tra la popolazione e in particolare bambini, e si segnala anche l'uso di gas letali. La popolazione di Aleppo è stremata dai bombardamenti e dalla ormai totale assenza di rifornimenti di viveri, acqua e medicinali.

I bombardamenti moltiplicano il terrorismo
I bombardamenti Usa in Libia e quelli Russi e degli imperialisti europei in Siria e Iraq contro lo Stato islamico rischiano paradossalmente di moltiplicare e spandere gli attentati terroristici in Italia ed Europa, perché scacciati dai loro territori in Medio Oriente e in Nord Africa migliaia di foreign fighters potrebbero tornare nei loro Paesi d'origine e intensificare il terrorismo come ritorsione contro i tanto vantati “successi” imperialisti. Lo ha paventato davanti al Senato americano anche il capo del Fbi, James Comey, il quale ha avvertito che a causa delle sconfitte e della fine del loro controllo territoriale in Siria, in Iraq e in Libia, “a un certo punto ci sarà una diaspora di terroristi come non l'abbiamo mai vista”, con “centinaia di potenziali terroristi che costituiscono un pericolo per la sicurezza dell'Europa”.
D'altra parte lo Stato islamico ha messo in guardia più volte ed esplicitamente i Paesi imperialisti dal continuare i bombardamenti sul territorio del Califfato, avvertendo i loro governi e le loro popolazioni civili che andranno incontro ad inevitabili ritorsioni terroristiche, anche se i governi imperialisti e i media al loro servizio nascondono tali avvertimenti all'opinione pubblica affinché non chieda la fine dei bombardamenti e la cessazione della guerra contro l'IS. In un video postato in rete nei giorni dell'attacco ad una chiesa di Rouen in Francia, parlando dalla roccaforte dell'Is di Raqqa in Siria, un uomo dal volto coperto affermava: “Come voi spargete il nostro sangue noi spargiamo il vostro. E come ci combattete vi combattiamo... questa è la nostra risposta ai vostri raid aerei, crociati. Questa operazione è solo l'inizio di una catena di uccisioni e attacchi sui Paesi della coalizione. Vi abbiamo avvertito in passato: le nostre azioni e le nostre parole rimarranno ferme. E proseguiremo a colpirvi fino a quando voi ci uccidete: fermate i bombardamenti”.
A questo punto anche il nostro Paese, che finora era stato relativamente risparmiato, è esposto come non mai agli attentati terroristici dell'IS per colpa della politica interventista e guerrafondaia di Renzi, Pinotti e Gentiloni in Libia, dopo il già pesante invio di truppe italiane in Afghanistan e Iraq. La barbarie imperialista non può fermare la barbarie del terrorismo, ma anzi lo genera e lo alimenta, in una spirale insensata e senza fine. L'Italia deve ritirarsi dalla guerra imperialista contro lo Stato islamico, e trattare con esso: solo così sarà possibile evitare serie e sanguinose conseguenze per il popolo italiano e contribuire a ridare una speranza di pace a quelle martoriate regioni.
 

31 agosto 2016