L'Italia di Renzi ha il triste primato dei giovani che né studiano né lavorano

 
Ogni volta che esce qualche dato sulla condizione lavorativa dei giovani in Italia sembra di leggere un bollettino di guerra. Ancora più grave quando si tratta dei giovani, per i quali si profila un deserto di disoccupazione e precarietà.
Questa volta a infrangere le bugie del governo Renzi sull'Italia che riparte e dà futuro ai giovani è stato l'Eurostat, l'ufficio di statistica europeo, che lo scorso 12 agosto ha pubblicato un rapporto sulla situazione lavorativa dei giovani nei Paesi membri dell'Ue nel corso del 2015. L'Italia detiene il triste record del 31,1% dei giovani fra i 20 e i 24 anni che non lavorano né studiano, i cosiddetti Neet (dall'inglese “not in education, employment or training”, ossia, che non vanno a scuola, non lavorano e neanche stanno formandosi), a seguito di un aumento costante dal 2008, anno d'inizio della crisi finanziaria capitalistica.
L'Italia va peggio di Grecia (26,1%), Croazia (24,2%), Romania (24,1%), Bulgaria (24%), Spagna e Cipro (entrambe 22,2%), cioè gli altri Paesi dove il tasso dei giovani che non studiano né lavorano supera il 20%, in generale tutti colpiti duramente dalla crisi e con gravi situazioni occupazionali e di compressione dei contratti. Il Paese che se la cava meglio è la Germania, dove il tasso Neet è calato del 5,9% negli ultimi dieci anni, ma anche i giovani tedeschi hanno poco da rallegrarsi visto che ciò è stato ottenuto precarizzando al massimo il lavoro soprattutto giovanile, non grazie a chissà quale artificio del capitalismo teutonico.
La media Ue è del 17,3%, ossia ben cinque milioni di giovani fra i 20 e i 24 anni. Il tasso sale al 19,2% fra i giovani fra i 25 e i 29 anni. Un esercito a cui vanno aggiunti i disoccupati.
Ma cosa si intende per “giovani che non lavorano né studiano”? Nella stragrande maggioranza si tratta di giovani che, una volta completati o lasciati gli studi superiori o universitari, faticano ad entrare nel cosiddetto mercato del lavoro, almeno con contratti regolari, visto che la categoria Neet comprende anche chi si barcamena fra lavoro nero e piccoli impieghi, oppure cerca di ovviare alla propria condizione lavorando nel volontariato e nelle Onlus, pur di sentirsi utili. Non parliamo quindi fannulloni o bamboccioni, ma di ragazze e ragazzi che considerano inutile cercare lavoro tramite i canali ufficiali, sapendo che ad attenderli c'è il deserto occupazionale o la precarietà più selvaggia. Del resto l'Istat a giugno rilevava come 3 giovani Neet su 4 vorrebbero lavorare.
In altre parole, è una condizione che chiama direttamente in causa le politiche occupazionali del governo Renzi, che propina ai giovani precariato, tutele e diritti inesistenti e bassi salari, quando non lavoro gratuito nella sua nuova formula prediletta del “volontariato” e del “servizio civile universale”.

31 agosto 2016