Cosa ho imparato studiando alcune opere di Marx ed Engels


di Enrico Chiavacci
Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, ha chiesto al compagno Enrico Chiavacci, Responsabile dell'Organizzazione di Rufina, che per il Partito si occupa, tra l'altro, dei problemi ecologici e ambientalisti, di esporre su “Il Bolscevico” quello che ha imparato dallo studio delle opere di Marx ed Engels sulla natura.
Ecco quanto ha scritto, ringraziandolo per questo importante contributo che ci stimola a studiare con attenzione e metodo le opere dei Maestri in base ai problemi che dobbiamo affrontare.
 
L’elemento principale che mi preme sottolineare e che ho letto dalla penna di Engels con estremo piacere e con ancora più fiducia nel proseguire i miei studi, è stato il capire che, seppur nella grande diversità di spessore umano e di capacità, in fondo i Maestri sono uomini uguali a noi. Il passo che segue mostra la grande umiltà di Engels nell’affrontare un compito – quello dello sviluppo della concezione dialettica e materialistica della natura – su di un tema che vedeva sia lui che Marx fondamentalmente impreparati. Una condizione frequente a molti di noi quando ci troviamo ad analizzare aspetti tecnici i cui fondamentali ci sfuggono, che però, per forza di cose, debbano essere approfonditi anche se ad un primo momento essi ci appaiono come enormi ostacoli insormontabili, di fronte a piccoli marxisti-leninisti inadeguati al compito:
“Per una concezione dialettica e ad un tempo materialistica della natura è necessario che siano note la matematica e le scienze naturali. Marx aveva solide cognizioni di matematica, ma le scienze naturali le potevamo seguire solo parzialmente, saltuariamente, sporadicamente. Perciò, quando col mio ritiro dalla mia azienda commerciale ed il mio trasferimento a Londra, ne ebbi il tempo, nella misura in cui mi fu possibile mi sottoposi ad una completa 'muda' matematica e naturalistica, come la chiama Liebig, e vi consacrai la parte migliore di otto anni.
Ero precisamente nel bel mezzo di questo processo di muda, quando mi si presentò l’occasione di occuparmi della cosiddetta filosofia della natura del signor Duhring. E’ quindi fin troppo naturale che più di una volta io non trovi l’esatta espressione tecnica e che mi muova in generale con una certa goffaggine nel campo della scienza e della natura.”
(Antidühring, [1878] Edizioni Rinascita, 1950, Pag.15)
Un aspetto che traspare in tutti i testi finora studiati è il pieno riconoscimento dei progressi compiuti dai Maestri – nessuno escluso – nella sperimentazione e nella ricerca scientifica in ogni campo, nonostante i numerosi errori, nonostante le conclusioni affrettate o incomplete degli scienziati e dei filosofi che li avevano preceduti poiché le loro ricerche dialettiche, grazie allo sviluppo del metodo scientifico, partono da una base solida e da principi definiti. Penso alle teorie Darwiniane all’epoca confermate:
“La natura è il banco di prova della dialettica e noi dobbiamo dire a lode delle moderne scienze naturali che esse hanno fornito a questo banco di prova un materiale estremamente ricco che va accumulandosi giornalmente e che di conseguenza esse hanno dimostrato che, in ultima analisi, la natura procede dialetticamente e non metafisicamente, che non si muove nell’eterna uniformità di un circolo che di continuo si ripete ma percorre una vera storia. Qui bisogna far menzione, prima di ogni altro, di Darwin che ha assestato alla concezione metafisica della natura il colpo più vigoroso con la sua dimostrazione che tutta quanta la natura organica, quale oggi esiste, piante, animali e conseguentemente anche l’uomo, è il prodotto di un processo di sviluppo che è durato milioni di anni. Ma poiché sino ad ora i naturalisti che hanno appreso a pensare dialetticamente si possono contare sulle dita, la confusione senza limiti che domina oggi nelle scienze naturali teoriche e che porta alla disperazione maestri e scolari, scrittori e lettori si spiega con questo conflitto tra i risultati che sono stati scoperti e la maniera tradizionale di pensare.”
(L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza – 1882 Editori Riuniti, 1971, pag.88)
Ed ancora:
“Ad ogni scoperta che fa epoca nel campo delle scienze naturali, il materialismo deve cambiare la sua forma, in una nuova via dell’evoluzione. Il materialismo del ‘700 era prevalentemente meccanico perché fra tutte le scienze naturali soltanto la meccanica dei corpi celesti e terrestri era giunta ad un certo risultato conclusivo. La biologia era ancora in fasce, l’organismo vegetale e animale era stato indagato solo all’ingrosso e veniva spiegato solo con cause puramente meccaniche. Come per Descartes l’animale, così pei materialisti del secolo XVIII l’uomo era una macchina.”
(Ludovico Feuerbach ed il punto d’approdo dell’ideologia tedesca, 1845, Ed. Rinascita 1950, pag. 31)
Mi è facile pensare che questo processo di riferimento e di rilancio della ricerca e dello studio dialettico e materialista, se animato dalla volontà di scoprire la verità e non di coprirla laddove scomoda, è anche un caposaldo della nostra attività all’interno del Partito poiché qualsiasi argomento sul quale siamo chiamati ad intervenire, sia conosciuto o no, in misura limitata o ampia, dovrebbe essere trattato e sviluppato partendo proprio da ciò che il Partito attraverso il suo giornale o i suoi documenti ha già elaborato su quel tema poiché quello è il frutto di precedenti analisi marxiste-leniniste che devono, se necessario, essere aggiornate o modificate ma non ignorate. Esse sono il nostro punto di partenza e di riferimento che la critica, l’esperienza e la dialettica aggiorneranno mantenendolo uno strumento vivo, utile per l’attività di ogni giorno.
Credo di aver percepito nei Maestri la costante voglia di approfondire e di conoscere ogni argomento, ogni scienza utile ben oltre lo stretto necessario; aprire a discipline ignorate da tanti economisti contemporanei dell’epoca di Marx ed Engels, mostra secondo me la loro convinzione per la quale anche uno sviluppo in certi campi all’epoca “minori” avrebbe portato a una nuova concezione dell’umanità, al chiarimento di una natura dialettica finalmente compresa dalle masse, ed infine a dare un supporto importante allo sviluppo del socialismo scientifico e dei comunisti.
 
“Con la presa di possesso dei mezzi di produzione da parte della società, viene eliminata la produzione di merci e con ciò il dominio del prodotto sui produttori. L’anarchia all’interno della produzione sociale viene sostituita dall’organizzazione cosciente secondo un piano. La lotta per l’esistenza individuale cessa. In questo modo, in un certo senso, l’uomo si separa definitivamente dal regno degli animali e passa da condizioni di esistenza animali a condizioni di esistenza effettivamente umane. La cerchia di condizioni di vita che circondano gli uomini e che sinora li hanno dominati passa sotto il dominio e il controllo degli uomini, che adesso, per la prima volta, coscienti ed effettivi padroni della natura, perché, ed in quanto, diventano padroni della propria organizzazione sociale. Le leggi della loro attività sociale che sino allora stavano di fronte agli uomini come leggi di natura estranee che li dominavano, vengono ora applicate dagli uomini con piena cognizione di causa e quindi dominate. L’organizzazione sociale propria degli uomini che sinora stava loro di fronte come una necessità imposta dalla natura e dalla storia, diventa ora la loro propria libera azione. Le forze obiettive ed estranee che sinora hanno dominato la storia passano sotto il controllo degli uomini stessi. Solo da questo momento gli uomini stessi faranno con piena coscienza la loro storia, solo da questo momento le cause sociali da loro poste in azione avranno prevalentemente, ed in misura sempre crescente, anche gli effetti che essi hanno voluto. E’ questo il salto dell’umanità dal regno della necessità a quello della libertà.”
(L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, 1882 - Editori Riuniti, 1971, pag.88)
Questi scritti sono una campionario di indagine e di studio materialistico e dialettico; la capacità di analisi e di argomentazione attraverso la quale Engels demolisce punto per punto, virgola per virgola, le tesi di Dűhring nell’Antidűhring, ci fa capire che soffermarsi su ogni particolare, considerare nella sua interezza uno scritto o un documento, è essenziale per esprimersi nel merito in maniera ampia e corretta. Argomentare, come detto, la critica è indispensabile per essere a nostra volta compresi e, in ultima analisi, appoggiati e seguiti. Anche ne “La sacra famiglia” di Marx ed Engels, il percorso dialettico è evidente e, sempre su questo tema centrale, appare da ogni testo finora studiato che i molti esempi utilizzati dai Maestri per un unico elemento di analisi, servono per far chiarezza e non temere smentita; l’anticipare anche le eventuali “giustificazioni” del testo o dell’intervento criticato è un altro strumento particolarmente importante che dà particolare forza a questi scritti ed a questo modo di pensare.
Molteplici sul tema della natura e della creazione sono i passaggi fondamentali che riguardano la religione e la concezione materialistica del mondo:
“Il mondo materiale, percepibile dai sensi, e a cui noi stessi apparteniamo, è il solo mondo reale e la nostra coscienza ed il nostro pensiero, per quanto appaiano soprasensibili, sono il prodotto di un organo materiale corporeo, il cervello. La materia non è un prodotto dello spirito ma lo spirito stesso non è altro che il prodotto della materia. Questo, naturalmente è materialismo puro”.
(Ludovico Feuerbach ed il punto d’approdo dell’ideologia tedesca, 1845 - Ed. Rinascita 1950, pag.30)
Nell’Antidűhring ho trovato la più chiarificatrice delle esposizioni che riguardano appunto la religione e la sua origine:
“Ma ogni religione non è altro che il fantastico riflesso nella testa degli uomini di quelle potenze esterne che dominano la sua esistenza quotidiana, riflesso nel quale le potenze terrene assumono la forza di potenze sovra terrene. Agli inizi della storia sono anzitutto le potenze della natura quelle che subiscono questo riflesso e che nello sviluppo ulteriore passano nei vari popoli per le più svariate e variopinte personificazioni. Questo primo processo è stato eseguito, almeno per i popoli indoeuropei, dalla mitologia comparata, risalendo sino alla sua origine dei Veda indiani, e mostrato in particolare nel suo sviluppo verso gli indiani, i persiani, i greci, i romani, i germani e, nella misura in cui il materiale è sufficiente anche verso i celti, i lituani e gli slavi. Ma presto, accanto alle forze naturali entrano in azione anche forze sociali, forze che si ergono di fronte agli uomini altrettanto estranee e, all’inizio, altrettanto inspiegabili, e li dominano con la medesima necessità naturale delle stesse forze della natura. Le forme fantastiche nelle quali in principio si riflettevano solo le misteriose forze della natura, acquisiscono di conseguenza attributi sociali e diventano rappresentanti di forze storiche. Ad un grado di sviluppo ancora posteriore tutti gli attributi naturali e sociali dei molti dei vengono trasferiti ad un solo dio onnipotente che a sua volta è, esso stesso, solo il riflesso dell’uomo astratto. Così sorse il monoteismo, che fu storicamente l’ultimo prodotto della tarda filosofia volgare greca e trovò la sua incarnazione in Jahvè, dio esclusivamente nazionale degli ebrei. In questa forma comoda, palpabile, adattabile a tutto, la religione può continuare a sussistere come forma immediata, cioè sensibile del rapporto degli uomini alle forze naturali e sociali estranee che li dominano sino a quando gli uomini sono sotto il dominio di tali forze. Ma noi abbiamo visto ripetutamente che nella società borghese attuale gli uomini sono dominati, come la forza estranea, dai rapporti economici creati da loro stessi e dai mezzi di produzione da loro stessi prodotti. La base reale dell’azione riflessa della religione continua dunque a sussistere e con essa lo stesso riflesso religioso. Ed anche se l’economia borghese da adito ad una certa conoscenza del nesso causale di questo dominio estraneo, ciò in sostanza non cambia niente. L’economia borghese non può né in genere impedire le crisi, né garantire il singolo capitalista da perdite, cattivi debitori e fallimenti e neppure garantire il singolo operaio dalla disoccupazione e dalla miseria. Si dice sempre: l’uomo propone e dio (cioè il dominio estraneo del modo di produzione capitalistico) dispone. La semplice conoscenza anche se va molto più lontano e molto più a fondo di quella dell’economia borghese, non basta per sottomettere le forze sociali al dominio della società. Per questo occorre anzitutto un’azione sociale. E quando questa azione sarà compiuta, quando la società, mediante la presa di possesso e l’uso pianificato di tutti i mezzi di produzione, avrà liberato se stessa e tutti i suoi membri dall’asservimento in cui essi sono mantenuti al presente da questi mezzi di produzione prodotti da loro stessi, ma che si ergono di fronte a loro come una prepotente forza estranea, quando dunque l’uomo non più semplicemente proporrà ma anche disporrà, allora soltanto sparirà l’ultima forza estranea che oggi ha ancora il suo riflesso nella religione e conseguentemente sparirà anche lo stesso riflesso religioso, per la semplice ragione che non ci sarà più niente da rispecchiare.”
(Antidűhring, 1878 - Edizioni Rinascita, 1950, Pagg. 342/344)
Oltre agli elementi oggettivamente superati e alla mia grande difficoltà di comprendere alcuni passaggi filosofici e tecnici per mancanza di conoscenze sul tema specifico, una cosa che salta agli occhi è la grande attualità di certi scritti. Su tutti il passo seguente ci conferma che il patrimonio di cultura, di analisi e di esperienza che i Maestri ci hanno lasciato è vivo ed attuale perché lo stesso, nella sua essenza, è il nemico contro il quale ancora oggi ci battiamo. Il passo che segue sembra scritto oggi:
“Da qualche decina di anni la storia dell’industria e del commercio non è che la storia della ribellione delle moderne forze produttive contro i moderni rapporti di produzione, contro i rapporti di proprietà che sono le condizioni di esistenza della borghesia e del suo dominio. Basti ricordare le crisi commerciali, che nei loro ritorni periodici sempre più minacciosamente mettono in forse l’esistenza di tutta la società borghese. Nelle crisi commerciali viene regolarmente distrutta una gran parte non solo dei prodotti già ottenuti, ma anche delle forze produttive che erano già state create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in ogni altra epoca sarebbe apparsa un controsenso: l’epidemia della sovrapproduzione. La società si trova improvvisamente ricacciata in uno stato di momentanea barbarie; una carestia, una guerra generale di sterminio sembrano averle tolto tutti i mezzi di sussistenza; l’industria, il commercio sembrano annientati, e perché?
Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. (…) I rapporti borghesi sono diventati troppo angusti per contenere le ricchezze da essi prodotte. Con quale mezzo riesce la borghesia a superare la crisi? Per un verso, distruggendo forzatamente una grande quantità di forze produttive; per un altro verso conquistando nuovi mercati e sfruttando più intensamente i mercati già esistenti. Con quale mezzo dunque? Preparando crisi più estese e più violente e riducendo i mezzi per prevenire le crisi.”
(Il Manifesto del Partito Comunista, 1848 – Edito PMLI-Piccola biblioteca marxista-leninista pagg. 34-35 edizioni Il bolscevico)
Per quanto riguarda l’ampia sfera di ricerca costituita dall’argomento “Natura”, e sul rapporto natura-lavoro, numerosissime ed illuminanti sono le conclusioni alle quali giungono Marx ed Engels nelle poche opere che ho avuto modo di consultare e sarebbe troppo lungo ed altrettanto punitivo per quelle che rimarrebbero fuori, indicarne solo alcune.
A parte l’origine del mondo attraverso la quale e con il grande aiuto di Darwin, si smaschera ogni forma di idealismo o di religione, è il passo che segue il punto di partenza dal quale è necessario leggere ogni avvenimento che ancora oggi riguarda l’ecologia, l’ambiente, la devastazione ambientale e lo sfruttamento delle risorse naturali.
Nulla in economia è neutro, nulla esula dal conflitto fra capitalismo e socialismo, e tutto ha origine dalla natura perché tutto ciò che ci circonda ne deriva e quindi, per forza di cose, tutto non può che avere origine da lì.
“Ogni progresso dell’agricoltura capitalistica costituisce un progresso non solo nell’arte di rapinare l’operaio, ma anche nell’arte di rapinare il suolo; ogni progresso nell’accrescimento della sua fertilità per un dato periodo di tempo, costituisce insieme un progresso alla rovina delle fonti durevoli di questa fertilità. Quanto più un paese, per esempio gli Stati Uniti d’America del Nord, parte dalla grande industria come sfondo del proprio sviluppo, tanto più rapido è questo processo di distruzione. La produzione capitalistica sviluppa quindi la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo minando al contempo le fonti da cui sgorga ogni ricchezza: la terra e l’operaio.”
(Marx, Il Capitale, 22.7.1867, Libro primo, Editori Riuniti, pagg. 551-553)
Di grande aiuto per provare ad acquisire un punto di vista corretto sul rapporto uomo-ambiente-animali, estremamente attuale al giorno d'oggi, è la citazione che segue e che apre ad altre numerose ed ampie riflessioni su questi elementi naturali e sull’assoluta importanza del lavoro che li modifica nel tempo:
“Insomma, l'animale si limita a usufruire della natura. esterna, e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l'uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi modificandola: la domina . Questa è l'ultima, essenziale differenza tra l'uomo e gli altri -animali, ed è ancora una volta il lavoro che opera questa differenza.”
(cit. dal 1873 al 1883 ed alcune integrazioni furono redatte nel 1885 – 1886. Dialettica della Natura, Opere Marx - Engels, Editori Riuniti, vol. XXV, p.467)
Concludo facendo mio un messaggio di Engels che a mio avviso e per quanto finora studiato, rappresenta l’essenza della necessità del socialismo, poiché solo con esso potremo davvero dargli gambe:
“Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato.”
(cit. dal 1873 al 1883 ed alcune integrazioni furono redatte nel 1885 – 1886. Dialettica della Natura, Opere Marx - Engels, Editori Riuniti, vol. XXV, p.468)

31 agosto 2016