Vertice italo-tedesco di Maranello
Spot pubblicitario di Renzi alla Ferrari
La cancelliera Merkel appoggia la controriforma del Senato e apre alla deroga Ue per finanziare il dopo sisma

“Ci sono due Paesi-guida in Europa, la Germania e noi”: questa la certezza che Renzi amerebbe ripetere – secondo quanto riporta la sua più fedele pennivendola del Corriere della Sera , Maria Teresa Meli – e che secondo lei sarebbe uscita rafforzata dal vertice bilaterale del 31 agosto a Maranello con Angela Merkel. Un vertice che segue di pochi giorni quello trilaterale di Ventotene con la presenza anche del presidente francese Hollande, e dal quale il presidente del Consiglio si aspettava quell'appoggio alla sua richiesta di flessibilità sullo sforamento dei limiti di bilancio rigidamente fissati dalla UE che nel summit di Ventotene era mancato, per non dire che era stato freddamente respinto dalla cancelliera tedesca.
A Ventotene Renzi aveva scelto come set mediatico del vertice la portaerei Garibaldi, a sottolineare il diritto dell'Italia a far parte del gruppo di testa della UE accanto a Francia e Germania, in quanto potenza anche militare di primo piano in Europa e di primissimo nella regione Mediterraneo-Nord Africa, ora che dopo il referendum sulla Brexit dal tavolo del Risiko europeo verrà a mancare un giocatore importante come il Regno Unito. Per il bilaterale con la Germania Renzi ha scelto Maranello, sede della Ferrari, una “eccellenza” dell'industria nazionale famosa nel mondo, per sottolineare che nonostante la stagnazione e i conti che si ostinano a non tornare l'Italia è ancora una potenza economica, la terza in Europa e tra le prime sei o sette nel mondo.
Non a caso nello stesso giorno Renzi aveva fatto diffondere da Palazzo Chigi uno spot autoelogiativo di trenta slide, per celebrare con una raffica di numeri positivi sapientemente manipolati i trenta mesi del suo governo. Un biglietto da visita dai colori sgargianti da presentare in aggiunta alla vetrina super tecnologica delle prestigiose “rosse” di Maranello, per non sfigurare davanti alla delegazione di ministri e industriali della più forte e prosperosa potenza economica d'Europa. Ma anche per confutare affannosamente i desolanti dati appena diffusi dall'Istat sugli indicatori economici di luglio, che descrivono un'Italia ancora inchiodata ad una crescita dello zerovirgola e un'occupazione reale di nuovo in calo nonostante il drogaggio dei miliardi regalati alle imprese con il Jobs Act.

Set mediatico in casa dell'amicone Marchionne
A fare gli onori di casa alla visita di Renzi e della Merkel allo stabilimento Ferrari è stato l'amministratore delegato di FCA Sergio Marchionne, accompagnato dal presidente dell'azienda ex Fiat, John Elkann. Un reciproco spot pubblicitario in diretta mondiale e a costo zero (per loro), quello messo in scena dal premier e dal suo grande amico e sostenitore politico Marchionne sul set della Ferrari. E poiché uno dei temi in agenda era la ricostruzione dei paesi devastati dal terremoto nell'Italia centrale, i due padroni di casa ne hanno approfittato per fare bella figura facendo annunciare da Renzi che metteranno all'asta per beneficenza un esemplare speciale di Ferrari a favore dei terremotati, base d'asta un milione di euro.
Quisquilie in confronto ai miliardi che risparmieranno col trasferimento in Olanda della sede torinese della Exor, la finanziaria cassaforte della famiglia Agnelli-Elkann che controlla la ex Fiat, appena annunciato dal Lingotto. Per non parlare del sontuoso regalo che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro di Renzi, Luca Lotti, aveva appena fatto a Marchionne e alla sua Ferrari sbloccando ben 68 milioni di contributi pubblici – di cui 20 dalla Regione Lombardia di Maroni e il resto prelevati dai fondi del non ancora abolito ente inutile Pra, il Pubblico registro automobilistico – da pagare al boss della Formula 1, Ecclestone, per consentire al circuito di Monza di poter ospitare le gare mondiali ancora per i prossimi tre anni.
Con tanta profusione di mezzi e di spot accuratamente preparati – compreso l'incontro con carezze al cane Leo che ha salvato una bambina a Pescara del Tronto - alla fine Renzi qualcosa in più che al militaresco summit di Ventotene è riuscito a spremere alla cancelliera di ferro. Sul piano politico ha incassato un riconoscimento pubblico che la stabilità del suo governo e il successo della sua controriforma del Senato sono importanti per la stabilità stessa della UE, indebolita da anni di politiche di austerità, dalle spinte centrifughe “populiste” antimigranti e xenofobe, e adesso messa in crisi anche dalla Brexit: “La collaborazione tra Italia e Germania è migliorata rispetto all'inizio del suo governo. I nostri rapporti sono ottimi grazie alla stabilità del vostro governo”, ha riconosciuto infatti a Renzi la cancelliera in conferenza stampa. Augurandogli poi “molto successo nell'implementare l'agenda delle riforme, che fanno bene all'Italia ma anche all'Europa”.

Contentino della Merkel a Renzi sulla flessibilità
Altrettanto incoraggiante, anche se senza sbilanciarsi più di tanto, è stata sulla flessibiltà invocata da Renzi. E' da un pezzo che costui batte su questo tasto per reclamare dalla UE il diritto di poter sforare i limiti di bilancio, che secondo il Fiscal compact dovrebbe scendere all'1,1% nel 2017, fino ad azzerarsi nel 2018, come inserito del resto nella nostra Costituzione. Volta a volta, a seconda degli spot elettorali che gli servivano, il nuovo duce lo ha chiesto per finanziare la “ripresa” economica e l'occupazione, per abbassare le tasse, e ultimamente, siccome sull'onda dell'emozione nazionale suscitata dal sisma si è sbilanciato lanciando il funambolico piano “Casa Italia”, lo chiede per poter far fronte all'annosa questione della messa in sicurezza del Paese dai disastri naturali.
Si tratta di un investimento ingente anche solo per cominciare dalle opere più urgenti (si parla di almeno tre miliardi l'anno). Soldi che Renzi potrebbe prendere dalle inutili e costose grandi opere, come ad esempio la Tav, tagliando le spese militari, a cominciare dai costosissimi F-35, oppure mettendo una patrimoniale sulle grandi ricchezze e così via, ma non ci pensa nemmeno lontanamente: allora li chiede alla UE, la quale risponde picche avendogli già concesso l'1,8% invece dell'1,1% il prossimo anno e il rinvio dell'azzeramento del rapporto deficit/pil al 2019, e sottolineando che le regole comunitarie consentono lo sforamento del bilancio solo per affrontare l'emergenza immediata del dopo terremoto, e non certo piani di ricostruzione a lunga scadenza. Per tutta risposta, alla vigilia del vertice con la Merkel, Renzi ha fatto la voce grossa dichiarando che “all'Europa diciamo che quel che serve per 'Casa Italia' lo prendiamo. Punto”.
Alla fine dell'incontro di Maranello, per compiacere il suo narcisismo e chiudere la faccenda con poca spesa, la cancelliera gli ha dato un contentino dichiarando che “l'Italia presenterà un piano trasparente e sono sicurissima che, data la catastrofe, in Europa troveremo una soluzione sensata e ragionevole”. Ma precisando però, a scanso di equivoci, che “naturalmente il partner è la Commissione europea, non la Germania”. E da parte sua il nuovo duce, ben felice della via d'uscita offertagli dalla Merkel, pur ribadendo che secondo lui anche i soldi per la prevenzione andrebbero scorporati dal calcolo del deficit nel corso dei prossimi anni, ha detto che di questo tema “ne discuteremo con le autorità europee”. Come dire che potrà sempre dare la colpa a loro se il suo fantascientifico piano “Casa Italia” farà la fine degli altri suoi spot elettorali.

7 settembre 2016