6 arresti per corruzione a Roma
Mazzette, regali e favori ai funzionari comunali per gestire i campi rom

A lucrare sui migranti e i campi Rom di Roma non c'era solo la banda di Mafia Capitale di Buzzi e Carminati ma anche altri imprenditori sempre del mondo delle cooperative e sempre in combutta con funzionari e dipendenti del Campidoglio in servizio al Dipartimento delle politiche sociali e della salute.
A svelarlo è la nuova inchiesta della procura di Roma condotta dai Pubblici ministeri (Pm) Carlo Lasperanza, Edoardo De Santis, Luca Tescaroli e Maria Letizia Golfieri e coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, che ruota intorno a un giro di mazzette, regali e favori elargiti tra il 2013 e il 2014 da diversi imprenditori a favore di alcuni dirigenti e impegati del comune di Roma per ottenere in affidamento diretto una serie di appalti inerenti la bonifica di alcuni campi nomadi come quello di Castel Romano e di via Candoni, e in alcuni casi di non completare neppure i lavori.
Sulla base di questa ipotesi investigativa, il 20 luglio il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Flavia Costantini ha ordinato l'arresto degli imprenditori delle Coop, Roberto Chierici e Massimo Colangelo; insieme a Loris Talone, imprenditore nonché assessore all'Agricoltura al Comune di Artena, e Salvatore Di Maggio, presidente del Consorzio "Alberto Bastiani Onlus". Ai domiciliari sono finiti il funzionario del Comune di Roma, Alessandra Morgillo e il vigile urbano Eliseo De Luca. I reati risalgono al periodo compreso tra la fine del 2013 e il marzo del 2014. Le accuse a vario titolo sono di corruzione, falso in atto pubblico e turbativa d’asta.
Insieme agli arresti la Gip ha anche disposto una misura interdittiva per il funzionario Vito Fulco. Mentre nel registro degli indagati figura fra gli altri anche il nome di Emanuela Salvatori la dirigente dell’Area Inclusione sociale dell’Ufficio Rom, Sinti e Caminanti del medesimo dipartimento che lo scorso novembre è stata condannata a 4 anni di reclusione, in abbreviato, per i suoi affari con il boss piddino delle cooperative Salvatore Buzzi in una delle tante ruberie di Mafia Capitale.
Gli imprenditori ottenevano il via libera dopo aver presentato una richiesta con firme false e riuscivano a ottenere dai funzionari capitolini anche la retrodatazione su alcuni documenti. In cambio uno dei colletti bianchi indagati aveva ottenuto l’assunzione della figlia in una delle cooperative e tra le contestazioni c’è anche la pubblicità gratuita per lo studio dentistico della una parente di un'indagata.
Il pagamento delle mazzette tra imprenditori e funzionari avveniva anche all’interno degli uffici del Campidoglio. Agli atti dell'inchiesta c'è infatti il filmato di un episodio avvenuto negli uffici del dipartimento politiche sociali. Le bustarelle avevano importi che variavano dai 3.000 euro in su. L’inchiesta è partita da una serie di intercettazioni telefoniche in cui alcuni abitanti dei campi Rom raccontavano del giro di mazzette tra imprenditori e funzionari comunali.
Il filone investigativo non è lo stesso di Mafia Capitale, hanno precisato gli inquirenti, ma il sistema di sfruttamento dei più deboli e indifesi per fare soldi è sempre quello! Ossia il sistema architettato da Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto dell'allora sindaco Walter Veltroni e capo della polizia provinciale di Roma, e messo in pratica da Buzzi e Carminati che addirittura si vantavano che: “Con immigrati e Rom si fanno molti più soldi che con la droga”.
Per rendersi conto del giro di affari che ruota intorno ai migranti e ai campi Rom basta leggere il dossier dell’Associazione 21 Luglio intitolato significativamente “Campi nomadi Spa”, pubblicato a giugno 2014 e dedicato ai costi della segregazione, della concentrazione e degli sgomberi dei Rom a Roma nell’anno 2013, esattamente l’epoca a cui si riferiscono i fatti incriminati. Un costo che supera i 24 milioni di euro annui. Nel corposo documento vengono descritti minuziosamente gli otto “villaggi della solidarietà” presenti a Roma, e come sono costretti a vivere i Rom (4.391 nel 2013) che vi risiedono: "isolamento fisico e relazionale", "precaria condizione igienico-sanitaria", "spazi inadeguati e asfittici", "servizi interni insufficienti", "unità abitative in stato di grave deterioramento e al di sotto dei requisiti minimi previsti dagli standard internazionali".
Un esempio eloquente è il campo di Candoni: situato a 12,4 km dal centro, direzione sud, "inaugurato nel 2000 per accogliere inizialmente 480 persone provenienti dalla Romania" e ampliato nel 2004 per concentrare altre 170 persone provenienti dalla Bosnia. Nel 2013 vi vivevano 820 persone di cui 450 minori. "L’ufficio postale più vicino dista 4 km e il negozio di generi alimentari è a 2,3 km. Nell’anno scolastico 2013-2014 risultano iscritti 326 minori distribuiti in 45 plessi scolastici con l’ausilio di 5 linee di trasporto scolastico. Di essi solo 4 sono iscritti ad una scuola superiore".
Il dossier stima che nel solo 2013 la spesa per questo campo è stata di 2.393.699 euro: il 46,2% per la gestione, il 31,6% per la sicurezza, il 21,4% per la scolarizzazione e solo lo 0,8% per l’inclusione sociale. Soldi che sono andati ai nove soggetti operanti: le partecipate del comune e cooperative private, tra le quali la Coop 29 Giugno, guidata da Buzzi fino all’arresto del 3 dicembre 2014. Tutti gli interventi sono stati affidati per via diretta, tranne quelli per la scolarizzazione passati attraverso due bandi.
Stessa solfa per Castel Romano, sorto nel 2005 a 5 km da Pomezia, e che all’epoca ospitava 989 abitanti di cui 520 minori, originari di Bosnia, Serbia, Montenegro e Romania. In questo caso nel 2013 si spesero 5.354.788 euro per la gestione (il 70,7%), la sicurezza (il 17,1%), la scolarizzazione (il 12,2%). Soldi incassati dai 16 soggetti operanti per affidamento diretto, nemmeno un centesimo alle famiglie. Il 36,1% di queste risorse pubbliche è stato assorbito dalla Eriches 29, consorzio collegato anch’esso alla 29 Giugno. A gestire e coordinare le attività inerenti a questi "villaggi" è l’Ufficio Nomadi del Dipartimento politiche sociali, finito di nuovo sotto la lente dei magistrati, all’interno del quale operavano nel 2013 "un funzionario direttivo amministrativo che svolge il ruolo di responsabile ed un assistente sociale" ossia Emanuela Salvatori, all’epoca responsabile dell’Ufficio Rom del Dipartimento Politiche Sociali e dunque anello di congiunzione fra la “terra di mezzo” di Buzzi e Carminati e gli sviluppi di queste nuove indagini.

7 settembre 2016