Discorso di Giovanni Scuderi, a nome del CC del PMLI, per il 40° Anniversario della scomparsa di Mao
Da Marx a Mao

Care compagne, cari compagni, care amiche, cari amici,
che bello parlare di Mao, il grande maestro del proletariato internazionale che nel 1967, attraverso la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, ci ha aperto gli occhi sul revisionismo e sul riformismo e ci ha lanciati nella grande e titanica missione di abbattere il capitalismo e conquistare l’Italia unita, rossa e socialista e il potere politico da parte del proletariato.
E’ stata una grande gioia per gli occhi e per il cuore vedere Mao vivo nel video, prodotto dalla Commissione centrale di stampa e propaganda del Partito diretta dal compagno Mino Pasca, che è stato proiettato poc’anzi in questa Sala rosso fiammante, in cui si sono svolti nel passato avvenimenti storici del PMLI alcuni dei quali sono stati citati dalla compagna Monica Martenghi.
E’ talmente forte e profondo il nostro attaccamento a Mao che il Comitato centrale non ha potuto fare a meno di rendergli omaggio, il 3 settembre, nella sua città natale, Shaoshan. L’ha fatto tramite il compagno Erne che poco fa, da questa tribuna, ci ha informati della riuscita missione. Non finiremo mai di ringraziarlo per questo suo grande servizio che ha reso a tutto il Partito, accollandosi, peraltro, tutte le spese, nonostante non navighi economicamente in buone acque, per non pesare sulle esigue finanze del Partito. Un esempio, anche su questo piano, di cosa significa essere con e del Partito, con Mao e gli altri grandi Maestri, col proletariato e col socialismo.
Parlare di Mao è necessario, essenziale, irrinunciabile; è come bere dell’acqua fresca e incontaminata alla sorgente, che ripulisce e rigenera la testa dalle scorie dell’influenza della cultura borghese, è come avere in mano la bussola della rivoluzione proletaria. Non dobbiamo mai stancarci di farlo. Non solo in occasione delle commemorazioni che il Comitato centrale del PMLI organizza puntualmente ogni anno, rispettando scrupolosamente una sua decisione presa subito dopo la scomparsa di Mao. Ne dobbiamo parlare nelle istanze centrali, intermedie e di base del Partito ogni volta che ne abbiamo bisogno per risolvere dei problemi, specie quelli più intricati e complessi.
Ringrazio di cuore il Comitato centrale che mi dà la possibilità di commemorare Mao ogni cinque anni. Quest’anno mi è stato dato il compito di trattare il tema da Marx a Mao. Perché sia chiaro che il pensiero di Mao affonda le sue radici nel pensiero degli altri grandi maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin e Stalin. E per questo, come loro fedeli allievi, dobbiamo cercare anche in questa occasione del 40° Anniversario della scomparsa di Mao di imparare ancora altre cose dal loro pensiero e dalla loro opera così ricchi di insegnamenti ideologici e politici, assolutamente necessari per far bene e con successo la lotta di classe contro il capitalismo, la classe dominante borghese e il loro governo Renzi.
Da Marx a Mao c’è un filo rosso ininterrotto sui temi teorici, politici, economici e organizzativi che riguardano l’emancipazione del proletariato, la trasformazione della società capitalista, il socialismo, l’imperialismo, le guerre di liberazione nazionali. In questa occasione non possiamo certo trattarli tutti, ci soffermeremo solo su quelli che attualmente ci servono maggiormente per migliorare il nostro lavoro rivoluzionario e per portare ancora più a fondo la trasformazione della nostra concezione del mondo.
Quando riusciremo ad avere un numero adeguato di intellettuali marxisti-leninisti, specialisti rossi nei vari campi del sapere, potremo meglio, più estesamente e sistematicamente illustrare alle masse, specialmente al proletariato e ai giovani, la grande ricchezza del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
 

Il marxismo
Come sapete, Marx ed Engels sono i fondatori del socialismo scientifico, anche se Engels, che si considerava il “secondo violino”, ha voluto specificare quando Marx era ancora in vita che egli è “l’uomo che per primo ha dato al socialismo, e quindi, a tutto il movimento operaio dei nostri giorni una base scientifica” (1). Comunque è un dato di fatto che tra essi c’era una perfetta unità dialettica di pensiero, oltreché un rapporto personale di amicizia proverbiale. Lo dimostrano anche le opere che hanno scritto assieme: “La sacra famiglia” (1844), “L’ideologia tedesca” (1845-1846), il “Manifesto del Partito comunista” (1848). Essi si incontrano per la prima volta nel settembre del 1844 a Parigi e da allora, per quaranta anni, marciano assieme “fianco a fianco” , come ha detto Engels. Marx aveva 26 anni e Engels 24. Si erano già ripuliti, per vie diverse e parallele, dall’influenza dell’ideologia borghese e della religione ed erano passati dalla sinistra hegeliana al comunismo.
Il marxismo non si afferma nel movimento operaio subito e senza una dura lotta contro i suoi denigratori e contro le varie correnti comuniste utopistiche. All’inizio il termine marxisti era usato dagli oppositori di Marx, in particolare dal capofila degli anarchici Bakunin che accusava i marxisti di essere settari e autoritari. Altri usavano il termine marxista in maniera impropria, non essendolo realmente, è il caso del partito operaio marxista rivoluzionario di Francia. Tanto da costringere Marx a dichiarare: “Tutto quello che so, è che non sono marxista, io” (2). Spetterà a Engels, che pure all’inizio era contrario a usare il termine marxista temendo di personalizzare eccessivamente l’ideologia comunista, a legittimarlo facendolo adottare dalla Prima Internazionale. In una lettera dell’11 giugno 1889 a Laura Lafargue esalta l’avvenimento con queste parole: “Ora che abbiamo vinto, abbiamo dimostrato al mondo che quasi tutti i socialisti d’Europa sono ‘marxisti’ (loro si morderanno le dita per averci dato questo nome!), e loro saranno piantati in asso” (3).
Certo è che il marxismo, ossia il pensiero di Marx ed Engels, ha creato una nuova cultura, quella del proletariato, che si contrappone alla cultura borghese, che è il liberalismo. Un nuovo modo di pensare, di vedere e di analizzare le cose e gli avvenimenti, di interpretare la storia mondiale, di concepire i rapporti tra capitale e lavoro e tra le classi, in particolare tra il proletariato e la borghesia, di considerare il capitalismo e lo Stato che esso esprime. Fondamentale la scoperta del plusvalore, ossia la parte della giornata di lavoro in cui l’operaio lavora gratuitamente per il capitalista, che è la fonte del profitto e della ricchezza della classe dei capitalisti, e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Il marxismo non investe solo il pensiero, che è fondamentale per illuminare la pratica, ma anche l’azione in quanto indica la via dell’emancipazione del proletariato e di tutta l’umanità attraverso la rivoluzione proletaria, la dittatura del proletariato, il socialismo e il comunismo sotto la direzione del Partito comunista finché non viene estinto nel comunismo come lo Stato.
Il marxismo non cade dal cielo ma nasce dalla pratica, dalla lotta all’idealismo, alla religione e a ogni concezione al di sopra delle classi e della conciliazione e della collaborazione tra le classi, dallo studio della realtà e di quanto fino ad allora aveva prodotto l’umanità sui piani filosofico, economico, politico e della scienza. Lenin ha specificato che il “marxismo è il successore legittimo di tutto ciò che l’umanità ha creato di meglio durante il secolo XIX: la filosofia classica tedesca, l’economia politica inglese e il socialismo francese” (4).
Mao così riassume il marxismo: “Marx ha partecipato alla pratica del movimento rivoluzionario e, in più, ha creato la teoria della rivoluzione. Partendo dalla merce, l’elemento più semplice del capitalismo, egli ha studiato accuratamente la struttura economica della società capitalistica. La merce era ogni giorno sotto gli occhi di milioni di uomini; essi se ne servivano, ma non si rendevano conto di che cosa rappresentasse. Soltanto Marx ha sottoposto la merce ad uno studio scientifico. Egli ha compiuto un enorme lavoro di ricerca sul processo reale di sviluppo della merce e ha tratto da questo fenomeno universale una teoria veramente scientifica. Egli ha studiato la natura, la storia e la rivoluzione proletaria, e ha creato il materialismo dialettico, il materialismo storico e la teoria della rivoluzione proletaria. Così Marx è diventato uno degli intellettuali più completi, l’espressione più alta dell’intelligenza umana. C’è perciò una differenza radicale fra lui e coloro che hanno soltanto conoscenze libresche. Marx ha compiuto nel corso della lotta pratiche inchieste e studi accurati, ha generalizzato il tutto e ha verificato nel corso della lotta pratica le conclusioni alle quali era giunto” (5).
 

Il leninismo
Lenin ha studiato a fondo le opere di Marx ed Engels. A 18 anni studia “Il Capitale” e altri scritti di Marx ed Engels, a 20 anni traduce in russo il “Manifesto del Partito comunista”. Inoltre ha dato un contributo decisivo nell’illustrare e propagandare il pensiero dei fondatori del socialismo scientifico. Basta pensare a “Stato e rivoluzione”, “Karl Marx”, “Friedrich Engels” e “Marxismo e revisionismo”. Ma non c’è opera importante di Lenin che non contenga dei richiami a Marx ed Engels che egli considera fin da subito suoi maestri e ne applica, in maniera creativa, gli insegnamenti conformemente alla situazione concreta della Russia.
Lottando contro lo zarismo, il feudalesimo, il capitalismo e le correnti non marxiste in Russia, dai populisti agli economisti, dai menscevichi ai “marxisti legali”, nonché contro i primi revisionisti del mondo, Bernstein e Kautzky, teorizzando, organizzando e dirigendo la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, dirigendo per sette anni il primo Stato socialista della storia, creando e dirigendo la III Internazionale, Lenin è diventato il successore di Marx ed Engels sviluppandone il pensiero in tutti i campi, incluso quello fondamentale della concezione del Partito del proletariato.
Lenin, dice Stalin, “ha sviluppato ulteriormente la dottrina di Marx ed Engels in conformità con le nuove condizioni di sviluppo, con la nuova fase del capitalismo, con l’imperialismo. Significa che sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx nelle nuove condizioni della lotta di classe, Lenin ha apportato al comune tesoro del marxismo qualcosa di nuovo rispetto a quanto era stato dato da Marx ed Engels, rispetto a quanto si poteva dare nel periodo del capitalismo preimperialistico, e quel che di nuovo ha apportato di Lenin al tesoro del marxismo si basa interamente e completamente sui principi enunciati da Marx ed Engels.
Appunto in questo senso noi diciamo che il leninismo è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie” (6).
Stalin, che dai 16 ai 20 anni, nonostante fosse in seminario per volontà della madre, legge i primi scritti di Lenin, oltre “Il Capitale” e il “Manifesto del Partito comunista”, fin dal primo momento della sua militanza comunista si schiera con Lenin, che conosce personalmente all’età di 26 anni. Lo sostiene attivamente con importanti discorsi e scritti, nella lotta contro i menscevichi, gli anarchici, gli economisti e i populisti. Lenin lo chiama a suo fianco per dirigere assieme la Rivoluzione d’Ottobre e lo propone nell’aprile del 1922 al posto di Segretario generale del Comitato centrale del Partito.
Dopo la morte di Lenin, Stalin salva il Partito, lo Stato e il socialismo dagli assalti dei revisionisti Bucharin, Trotzki, Kamenev, Zinoviev e altri che volevano restaurare il capitalismo in Urss. Nel corso di questa lotta, che si era riversata anche all’interno della III Internazionale e dei Partiti comunisti dei vari Paesi, Stalin ha sistematizzato e sviluppato il leninismo per quanto concerne il Partito, l’edificazione del socialismo, la strategia e la tattica della rivoluzione proletaria, la lotta contro il revisionismo, la questione nazionale, le alleanze antimperialiste. Fondamentali in questo senso le sue opere “Principi del leninismo”, “Questioni del leninismo”, “Storia del Partito comunista (Bolscevico) dell’Urss”–Breve corso, “Problemi economici del socialismo nell’Urss”. Grandiosa e decisiva la sua opera nella seconda guerra mondiale contro il nazismo e il fascismo.
Si può ben dire che il pensiero di Stalin è parte integrante del leninismo. Non a caso Mao, nel 1942, dice che “il marxismo-leninismo è la teoria che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno creato sulla base della pratica, è la conclusione generale che hanno tratto dalla realtà storica e dalla pratica rivoluzionaria… Il marxismo-leninismo è la verità più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà oggettiva e confermata da questa stessa realtà” (7).
 

Il pensiero di Mao
Il marxismo-leninismo ha avuto un ulteriore sviluppo col pensiero di Mao. Mao fin dall’età di 17 anni, quando era un leader studentesco, si è battuto per cambiare il volto della Cina semifeudale e semicoloniale. All’inizio lo faceva in maniera idealista e su una base democratica borghese e riformista. Nel 1936, nell’intervista al giornalista americano Edgar Snow, rievocando le sue esperienze giovanili, ha detto: “A quel tempo le mie idee erano uno strano miscuglio di riformismo democratico, liberalismo, e socialismo utopistico. Avevo una specie di vaga passione per la 'democrazia del XIX secolo', per l'utopismo e il liberalismo vecchio stampo ed ero decisamente antimilitarista e antimperialista” (8). Nel 1957, all'età di 64 anni, ricordando i suoi anni pre-marxisti, spiega come è avvenuta la sua trasformazione della concezione del mondo e della sua pratica sociale: “Un tempo io avevo una quantità di idee non marxiste e solo in seguito ho assimilato il marxismo. Ho studiato un po' di marxismo sui libri iniziando così a trasformare la mia ideologia, ma la trasformazione si è realizzata soprattutto nel corso di una lotta di classe prolungata. E io devo continuare a studiare se voglio ancora progredire, altrimenti tornerei indietro” (9).
Fu la Rivoluzione russa a sconvolgere la vita di Mao. Lo spiega con queste parole: “Fu grazie ai russi che i cinesi scoprirono il marxismo-leninismo. Prima della Rivoluzione d'Ottobre i cinesi non solo ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx e Engels. Le cannonate della Rivoluzione d'Ottobre aiutarono i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumenti per studiare il destino della propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione” (10). E' anche la conclusione di Mao che all'età di 27 anni scopre, legge e fa suo il “Manifesto del Partito comunista” e lo mette immediatamente in pratica cominciando a organizzare politicamente i lavoratori. L'anno dopo, nel 1921, è uno dei dodici fondatori del Partito comunista cinese che egemonizza totalmente nel 1935 dopo una lunga e dura lotta contro i revisionisti di destra e di “sinistra” dimostrando nei fatti la giustezza della sua linea proletaria rivoluzionaria, la corretta via della rivoluzione cinese.
Il pensiero di Mao ha il suo primo sviluppo durante la prima guerra civile rivoluzionaria (1924-1927) e la seconda guerra civile rivoluzionaria (1927-1936). Un ulteriore sviluppo nella guerra di resistenza contro il Giappone (1937-1945) e nella terza guerra civile rivoluzionaria (1945-1949) che si concluse con la fondazione della Repubblica popolare cinese. Raggiunge il suo apice nel corso dei successivi 27 anni di rivoluzione socialista e di edificazione del socialismo in Cina, i cui ultimi dieci anni sono marcati dalla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. Un'esperienza di valore universale che non ha precedenti nella storia del socialismo di cui il Comitato centrale del PMLI, nel maggio scorso, ha celebrato il cinquantenario su “Il Bolscevico”.
Il pensiero di Mao racchiude in sé tutto ciò che hanno dato Marx, Engels, Lenin e Stalin più quello che Mao ha apportato di nuovo al tesoro comune del marxismo-leninismo in tutti i fronti di lotta del proletariato contro la borghesia e i suoi servi revisionisti. Fondamentale il suo pensiero alimentato dalla lotta contro il revisionismo all'interno della Cina e del movimento comunista internazionale, dalla lotta contro l'imperialismo americano e il socialimperialismo sovietico rappresentato dalle cricche revisioniste di Krusciov e di Breznev che hanno restaurato il capitalismo in Urss.
Condividere e applicare il pensiero di Mao, oltre quello di Marx, Engels, Lenin e Stalin, ancora oggi distingue i veri Partiti comunisti da quelli falsi.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non finirà mai di svilupparsi, è una scienza e in quanto tale non può non svilupparsi in base alle nuove conoscenze, alle nuove esperienze, ai nuovi avvenimenti nazionali e internazionali, alle novità della lotta di classe e della lotta per la produzione. Solo che fino a oggi i suoi sviluppi sono per lo più di valore locale. Non è ancora emersa dalla lotta di classe una esperienza proletaria rivoluzionaria e marxista-leninista che abbia un valore universale.
Il PMLI, per esempio, ha con modestia apportato dei contributi al marxismo-leninismo-pensiero di Mao circa il Partito, la posizione elettorale, il sindacato e la lotta antimperialista e al revisionismo, contributi che non hanno un valore universale e si riferiscono alla situazione concreta del nostro Paese. Possono servire ad altri partiti che si trovano nella nostra stessa situazione, ma non necessariamente a tutti i partiti. Così come le esperienze di partiti esteri che si richiamano al marxismo-leninismo-pensiero di Mao possono essere utili al nostro Partito. Si insegna e si impara contemporaneamente gli uni dagli altri. Ma gli insegnamenti di carattere universale tutt'oggi si ricavano solo da Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, gli unici grandi maestri del proletariato internazionale.
Tutti e cinque hanno per noi la stessa importanza e li consideriamo di pari livello. Il pensiero di ciascuno di essi ci è indispensabile per trasformare l'Italia e noi stessi. Anche se abbiamo un rapporto del tutto particolare, specifico e storico con Mao, come abbiamo detto all'inizio di questo discorso.
 

Il revisionismo
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non è combattuto solo dalla borghesia, dagli imperialisti, dai reazionari e dai fascisti, ma anche dai revisionisti, ossia dai suoi revisori travestiti da comunisti e finanche da marxisti-leninisti. I revisionisti antichi e moderni di tutti i paesi hanno sempre cercato di svuotare il marxismo dalla sua anima proletaria e rivoluzionaria per trasformarlo in una corrente borghese riformista allo scopo di impedire l'avvento della rivoluzione proletaria e del socialismo.
I revisionisti antichi erano capeggiati da Bernstein e poi da Kautzky ma non ebbero successo, perché Lenin fece loro barba e capelli smascherandoli sui piani ideologico e politico. Lenin di Bernstein ha scritto: “La socialdemocrazia deve trasformarsi da partito di rivoluzione sociale in partito democratico di riforme sociali. Bernstein ha appoggiato questa rivendicazione politica con tutta una batteria di 'nuovi' argomenti e considerazioni abbastanza ben concatenate. Si nega la possibilità di dare un fondamento scientifico al socialismo e di provarne la necessità e l'inevitabilità dal punto di vista della concezione materialistica della storia; si nega il fatto della miseria crescente, della proletarizzazione, dell'inasprimento delle contraddizioni capitalistiche; si dichiara inconsistente il concetto di 'scopo finale' e si respinge categoricamente l'idea della dittatura del proletariato; si nega la teoria della lotta di classe, che sarebbe inapplicabile in una società rigorosamente democratica, amministrata secondo la volontà della maggioranza” (11).
Lenin di Kautzky ha scritto: “Kautzky ha travisato in modo inverosimile il concetto di dittatura del proletariato, trasformando Marx in un liberale volgare, e si è degradato lui stesso a livello di un liberale, che ripete logore frasi sulla 'democrazia pura' abbellendo e offuscando il contenuto di classe della democrazia borghese e paventa soprattutto la violenza rivoluzionaria della classe oppressa. Quando Kautzky 'interpreta' il concetto di 'dittatura rivoluzionaria del proletariato' in modo da far scomparire la violenza rivoluzionaria della classe oppressa sugli oppressori, batte un primato mondiale della contraffazione liberale di Marx. Il rinnegato Bernstein sembra un cucciolo accanto al rinnegato Kautzky” (12).
Dopo la morte di Lenin si fecero avanti Trotzki, Bucharin, Kamenev, Zinoviev e altri simili, ma furono prontamente bloccati e sbaragliati da Stalin, che confutò le loro false teorizzazioni sulla edificazione del socialismo in Urss e sulla rivoluzione mondiale. Toccò a Mao tenere testa ai revisionisti moderni usciti allo scoperto dopo la morte di Stalin. A livello mondiale avevano al centro prima la cricca di Krusciov poi quella di Breznev, in Cina erano rappresentati dalla cricca di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping, e in Italia da Togliatti.
Sia gli antichi sia i moderni revisionisti in particolare non tolleravano la concezione del Partito del proletariato, la dittatura del proletariato, la rivoluzione proletaria, il materialismo dialettico e il materialismo storico, la lotta di classe. Muoversi all'interno della libertà, della democrazia e del parlamentarismo borghesi era la loro politica. Mao così sintetizza la natura dei revisionisti: “Negare i principi fondamentali del marxismo, negare le sue verità universali, questo è il revisionismo. I revisionisti cancellano la differenza tra socialismo e capitalismo, tra dittatura del proletariato e quella della borghesia. Ciò che sostengono di fatto non è la linea socialista, ma quella capitalista” (13).
Mao ha avuto un ruolo fondamentale nello smascherare i revisionisti moderni fin da quando hanno preso il potere in Urss nel 1956 con un colpo di Stato. Egli ha detto a proposito: “Vorrei dire qualcosa sul XX Congresso del Partito comunista dell'Unione sovietica. Secondo me ci sono due spade: una è Lenin, l'altra è Stalin. Adesso i russi hanno gettato via quella spada che è Stalin. L'hanno raccolta Gomulka e certi ungheresi per colpire l'Unione Sovietica, per combattere il cosiddetto stalinismo. I partiti comunisti di diversi paesi europei criticano anche loro l'Unione Sovietica. Il loro leader è Togliatti. Anche l'imperialismo ha raccolto questa spada per lanciarsi all'attacco, Dulles l'ha presa e se n'è servito per qualche manovra. Questa spada non è stata data in prestito, bensì gettata via. Noi in Cina non l'abbiamo gettata via. Noi in primo luogo abbiamo difeso Stalin e in secondo luogo abbiamo criticato i suoi errori, abbiamo scritto l'articolo Sull'esperienza storica della dittatura del proletariato. Non abbiamo fatto come certuni che hanno screditato e distrutto Stalin, abbiamo agito in base alla situazione reale.
Si può dire che alcuni dirigenti sovietici hanno in qualche misura gettato via anche quella spada che è Lenin? Secondo me lo hanno fatto in misura notevole. La rivoluzione d'Ottobre è ancora valida? Può costituire o no un modello per tutti i paesi? Nel rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica si dice che si può conquistare il potere seguendo la via parlamentare, ossia che i vari paesi possono fare a meno di prendere esempio dalla rivoluzione d'Ottobre. Una volta aperta questa breccia, sostanzialmente si è gettato via il leninismo” (14).
Mao da allora non ha dato tregua ai revisionisti kruscioviani che si annidavano anche nel Partito comunista cinese. E quando quest'ultimi hanno cominciato a brigare per restaurare il capitalismo in Cina gli ha scatenato contro la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria mettendo a nudo le “raffinate” teorizzazioni pseudo-marxiste-leniniste di Liu e Deng da una parte e di Lin Biao dall'altra parte. Quello che è stato prodotto da Mao nell'arco di tempo che va dal 1956 alla sua morte è di fondamentale importanza per farsi un'idea approfondita del revisionismo, per acquisire una autentica concezione proletaria del mondo e per capire quello che è veramente successo nel movimento comunista internazionale.
Mao ha diretto anche la lotta contro i leader revisionisti dei principali partiti comunisti, tra cui Togliatti contro il quale, tra la fine del 1962 e i primi mesi del 1963, sono stati scritti due storici editoriali in cui vengono approfonditamente smascherati la “via parlamentare al socialismo”, le cosiddette “riforme di struttura” e la Costituzione borghese italiana. Il primo editoriale, che è stato pubblicato su “Il Quotidiano del popolo”, organo del Comitato centrale del PCC, porta il titolo “Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi”. Il secondo, che è stato pubblicato su “Bandiera Rossa”, rivista teorica del Comitato centrale del PCC, porta il titolo “Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi”.
In Italia vi sono state varie forme di revisionismo: prima quella di Turati, poi quella di Bordiga, subito dopo quella di Gramsci e Togliatti, poi quella dell'“eurocomunismo” di Berlinguer, successivamente quella della “rifondazione del comunismo” di Cossutta, Diliberto, Bertinotti, Vendola, Rizzo e Ferrero. Tutte queste forme di revisionismo hanno prodotto il PD del nuovo duce Renzi e la decomunistizzazione, la deideologizzazione e la derivoluzionarizzazione delle masse.
Attualmente una nuova forma di revisionismo è espressa dal partito comunista dell'imbroglione trasformista Marco Rizzo, che si maschera dietro il marxismo-leninismo escludendo però Mao, il suo pensiero e la sua opera. Questo apre una nuova fase della lotta contro il revisionismo incentrata sulla lotta politica, sulle posizioni politiche più che sulle questioni ideologiche e teoriche. Perché il suddetto partito, onnipresente nei media borghesi, principalmente in quelli della destra berlusconiana, non ha nulla da spartire col marxismo-leninismo.
 

La concezione proletaria del mondo
“Per quel che concerne la concezione del mondo - afferma Mao - nel mondo attuale ci sono fondamentalmente solo due 'scuole', quella della borghesia e quella del proletariato. O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta quella della borghesia. La concezione comunista del mondo è la concezione del mondo del proletariato e non la concezione del mondo di altre classi” (15).
Le fondamenta della concezione proletaria del mondo le hanno gettate Marx ed Engels dimostrando che la materia è una realtà obiettiva ed esiste indipendentemente dalla nostra coscienza, che la natura, la materia, ha la priorità sullo spirito, che è la materia che produce lo spirito e che essa esiste indipendentemente dallo spirito, che al primo posto c'è l'essere e al secondo il pensiero, che pensiero e coscienza sono prodotti del cervello umano, che la scienza ci dà la possibilità di conoscere le cose per mezzo dell'esperienza; dimostrando che tutta la storia fino ad allora esistita, eccettuato il periodo del comunismo primitivo, è una storia di lotta di classi tra le classe dominanti e le classi dominate, tra le classi sfruttatrici e le classi sfruttate e che la classe borghese dominante ha adempiuto la sua missione storica e che il proletariato deve prendere il suo posto per liberare se stesso e l'intera umanità; dimostrando come nella società borghese capitalista avviene lo sfruttamento dell'operaio da parte del capitalista mediante il plusvalore.
Fondamentale la seguente citazione di Marx: “Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive e materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono determinate forme sociali di coscienza. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale” (16).
L'essenza della concezione proletaria del mondo è costituita dal materialismo dialettico e dal materialismo storico. Il primo, che è la base filosofica e teorica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, ha scoperto le leggi che regolano e governano lo sviluppo del movimento, della natura, dei fenomeni, delle cose e dell'universo. Il secondo, che è la base scientifica e storica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, avvalendosi della dialettica, ha scoperto le leggi che regolano e governano lo sviluppo storico della società umana. Entrambi si contrappongono all'idealismo e alla metafisica che appartengono alla concezione borghese del mondo.
Lenin con “Materialismo ed empiriocriticismo”, Stalin con “Materialismo dialettico e materialismo storico”, Mao con “Sulla pratica”, “Sulla contraddizione” e “Da dove provengono le idee giuste”, hanno sviluppato a fondo la concezione proletaria del mondo.
Tutti noi marxisti-leninisti, a cominciare dai massimi livelli, abbiamo il dovere rivoluzionario di acquisire la concezione proletaria del mondo per liberarci completamente e totalmente dalla ideologia, dalla cultura, dalla morale, dalla politica e della pratica sociale borghesi; per rivoluzionarizzare integralmente la propria mentalità, coscienza, modo di pensare, di vivere e di agire conformemente al materialismo dialettico e al materialismo storico e mettendo al bando ogni forma di idealismo, di metafisica, di revisionismo e di riformismo; per dare dei contributi rivoluzionari e marxisti-leninisti qualificati alla costruzione del Partito e alla trasformazione dell'Italia in senso socialista.
 

Capitalismo e socialismo
Marx ed Engels hanno insegnato ai comunisti di tutti i paesi, spiegandone i motivi in termini teorici e pratici, che il loro scopo è quello di abbattere il capitalismo e realizzare il socialismo. Lenin, Stalin e Mao l'hanno non solo confermato, sviluppandone la spiegazione in base alla realtà nazionale e internazionale di allora, ma anche messo in pratica facendo tabula rasa del capitalismo ed edificando il socialismo nei rispettivi paesi, che sono i nostri due modelli di riferimento.
Mao, nel 1955, ha detto: “Il nostro scopo è di estirpare il capitalismo, di estirparlo su tutto il globo, di farlo diventare un oggetto storico. Tutto quello che appare nel corso della storia dovrà sempre essere eliminato. Non c'è cosa o fenomeno nel mondo che non sia prodotto dalla storia; alla vita succede sempre la morte. Il capitalismo è un prodotto della storia, deve, dunque, morire, c'è un ottimo posto sottoterra per 'dormire' che lo aspetta” (17).
I sinceri comunisti italiani per lungo tempo, specie durante la Resistenza e fino alle Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette, hanno tenuto bene a mente questo scopo ma poi, per colpa dei revisionisti e non avendo mai assimilato adeguatamente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, gradualmente il socialismo è uscito dalla loro mente. Anche perché la propaganda borghese e revisionista via via ha cancellato dal linguaggio le parole stesse di capitalismo, socialismo, imperialismo. Ora però, con l'acutizzarsi delle contraddizioni generate dalla crisi economica e finanziaria del capitalismo scoppiata nel 2008 negli Usa e che ha investito tutto il mondo, compresa l'Italia, tali parole sono ritornate a circolare e a essere oggetto di discussioni. Ma non vengono interpretate correttamente. Non si dice infatti che il capitalismo non è compatibile con gli interessi e i bisogni del proletariato e delle masse e quindi va soppresso, e che il socialismo non è conquistabile senza la rivoluzione proletaria e stando nei limiti della Costituzione. Per lo più si arriva a prendere come modello i socialdemocratici riformisti Jeremy Corbyn, segretario del Partito laburista inglese, e Bernie Sanders, candidato, poi bocciato e passato dalla parte di Hilary Clinton, alle primarie del partito democratico degli Usa, che criticano certi effetti del capitalismo, ma non si sognano nemmeno di metterlo in discussione.
Axel Honneth, erede della famigerata Scuola di Francoforte revisionista, è oggi uno dei maggiori teorici della “necessità” del socialismo. Ma, se andiamo a leggere il suo recente libro “L'idea del socialismo”, notiamo che si tratta di una classica ricetta socialdemocratica, se non liberale, in quanto cerca di coniugare il socialismo con la libertà, la democrazia, la fraternità al di sopra delle classi. Un socialismo in cui, guarda caso, viene escluso il ruolo storico del proletariato che viene sostituito da quello dei cittadini. L'autore infatti sostiene che “ormai da lungo tempo è diventato fuorviante considerare il socialismo soltanto quale espressione intellettuale degli interessi degli operai dell'industria, o addirittura quale portavoce di un proletariato fin da sempre rivoluzionario... Non si dà più la sola e semplice contrapposizione tra 'lavoratori' e ‘capitalisti', bisogna infatti anche tenere presenti, attribuendo loro pari rilevanza e conflittualità, i partner amati, i membri della famiglia e, sul piano politico, le cittadine e i cittadini”(18).
Anche il berlingueriano Enrico Rossi, governatore della Toscana e candidato al posto di segretario nazionale del PD, seguendo la linea del suddetto autore tedesco, ha riesumato la parola socialismo, intitolando il suo libro fresco di stampa addirittura “Rivoluzione socialista”. Ma sono solo parole, fumo negli occhi, in quanto sostiene che bisogna “fare tesoro delle analisi di Gramsci sul capitale sano e il capitale produttivo, che ritroviamo nei Quaderni a proposito dell'americanismo, mi pare questo il terreno di intesa tra i liberali e la mia idea di socialismo”(19).
Il socialismo non ha nulla a che vedere con questa robaccia riformista. Perché socialismo significa essenzialmente abbattimento del sistema economico capitalistico e della sua sovrastruttura statale, istituzionale, giuridica, culturale e morale, nonché abbattimento della classe dominante borghese che vanno sostituiti con l'economia socialista e con la sovrastruttura proletaria e con la dittatura del proletariato.
Come abbiamo già avuto modo di dire nel quinto Anniversario della scomparsa di Mao, “Socialismo in Italia significa anche abrogazione della Costituzione borghese e promulgazione di una nuova Costituzione socialista; soppressione delle Forze armate, della polizia e della finanza della borghesia e istituzione dell'Esercito rosso e dell'armamento del popolo; soppressione dell'apparato giudiziario borghese e istituzione di un nuovo apparato giudiziario formato e diretto dal popolo; soppressione dell'elettoralismo e del parlamentarismo borghesi e istituzione di un nuovo sistema elettorale basato sull'unità economica e produttiva (officine, fabbriche, aziende agricole, ecc.), sulla libertà e segretezza del voto, dal quale voto per un certo periodo verranno esclusi gli ex sfruttatori e nemici del popolo, e sulla revocabilità in ogni momento degli eletti, e l'istituzione di un sistema di assemblee popolari in cui sia unito il potere esecutivo con quello legislativo; sostituzione della vecchia politica estera imperialista e delle alleanze Nato e Cee (allora non era nata l'Unione europea) con una politica estera socialista basata sull'internazionalismo proletario, sui cinque principi della coesistenza pacifica con gli Stati a diverso regime sociale e sull'alleanza con i paesi non allineati e del Terzo mondo.
Ma soprattutto socialismo significa in Italia dare tutto il potere alla classe operaia, che si deve insediare dal basso in alto in tutti i campi della gestione dello Stato, in tutto l’edificio dello Stato, esercitando con forza e sicurezza la dittatura del proletariato. La classe operaia attraverso il suo Partito deve dirigere tutto, dal governo alle singole istituzioni, dalle imprese alle banche, dai mezzi di comunicazione di massa ai centri culturali, educativi, ricreativi e così via. Niente deve sfuggire al suo controllo e alla sua direzione perché solo così i lavoratori possono soddisfare effettivamente il loro diritto al lavoro, alla casa, all’istruzione, alla previdenza sociale, al riposo e vivere in piena libertà e democrazia”.
La conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato è sempre stato il chiodo fisso, la missione storica dei marxisti-leninisti italiani. Fin dal 1967, quando abbiamo cominciato a creare le condizioni per la fondazione del PMLI, che è avvenuta dieci anni dopo. Ma non abbiamo ancora le forze necessarie per assolvere a tale missione, poiché il proletariato è in uno stato pre-marxista, completamente all’oscuro del suo ruolo di classe generale e dei suoi compiti rivoluzionari. Vive, pensa, opera e combatte come una classe in sé non come una classe per sé cosciente della propria funzione storica il cui scopo è quello di liberarsi del capitalismo e conquistare il socialismo e il potere politico, cosciente che senza la direzione del suo Partito, al quale ha il dovere di dare tutta la sua forza intellettuale e materiale, non potrà nemmeno migliorare soddisfacentemente le proprie condizioni di vita e di lavoro sotto il capitalismo.
Spetta a noi marxisti-leninisti, perseverando negli sforzi e migliorandoli, convincere il proletariato ad acquisire la coscienza di essere una classe per sé e ad armarsi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao per combattere il capitalismo, i padroni, la classe dominante borghese, le loro istituzioni e il loro governo. Non è facile, date le poche forze che abbiamo e le nostre ancora limitate capacità, ma è quello che dobbiamo fare avendo fiducia nel proletariato, soprattutto nelle nuove generazioni di operaie e di operai. Dobbiamo avere piena fiducia che prima o poi il socialismo ritornerà di moda, di gran moda e che alla fine il proletariato l’abbraccerà.
 

Il governo Renzi
Gli affari, gli interessi e gli obiettivi del capitalismo italiano sono oggi amministrati, tutelati e sostenuti dal governo Renzi, che sta scaricando sulle spalle del proletariato, dei lavoratori, delle masse popolari e sui giovani tutte le difficoltà e i problemi del capitalismo per farlo uscire dalla crisi che ancora lo attanaglia.
Renzi chiacchiera molto in tv, sul web e sui giornali, si autoincensa, si atteggia a statista europeo e mondiale ma non è riuscito a risolvere i problemi del Mezzogiorno, della disoccupazione, delle pensioni, degli esodati, della povertà, della precarietà, dei senza casa, dei giovani, degli studenti, del femminicidio, delle tasse, dell’evasione fiscale, della corruzione, del dissesto idrogeologico, della prevenzione antisismica, dell’ambiente, delle mafie, dell’immigrazione, dei braccianti.
La sua politica interna neofascista, liberista, antisindacale e di lacrime e sangue e la sua politica estera nazionalista, interventista e neocolonialista sono totalmente al servizio del capitalismo e della classe dominante borghese.
Egli ha accentrato il potere sul governo e su di sé esautorando il parlamento, ed ora con la controriforma del senato tenta di completare il regime neofascista perseguito dalla P2, dai fascisti e da Berlusconi. Va fermato, votando NO al referendum. Questa è una battaglia storica antifascista che riguarda tutto il popolo, compreso gli astensionisti, che in questo caso hanno il dovere e l’interesse a recarsi alle urne e votare NO. Perché, come ha detto il Comitato centrale del PMLI nel documento sul referendum, “esso rappresenta un punto di svolta cruciale, perché sono in ballo l’affossamento definitivo della Costituzione del 1948 e delle residue libertà democratico-borghesi e la difesa dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari”.
Il nostro Partito deve partecipare attivamente e senza risparmio di energie alla battaglia referendaria, unendosi a tutte le forze con le quali è possibile unirsi, entrando nei Comitati per il NO promossi dalla “sinistra” borghese, pur mantenendo ferme le nostre motivazioni, che vanno esposte con la massima dialettica e con spirito unitario. Fino alla celebrazione del referendum dobbiamo concentrarci interamente su questa fondamentale battaglia antifascista.
In politica estera, Renzi sta seguendo le orme di Mussolini. Vuole allargare lo spazio politico, economico, commerciale e l’influenza dell’imperialismo italiano in Medio Oriente e nel Nord Africa. Per questo ha dislocato ingenti forze militari in quelle zone, specie in Iraq e si è unito alla Santa Alleanza imperialista che sta facendo la guerra allo Stato islamico il quale si oppone al suo dominio, come a quello degli imperialisti russi e cinesi.
L’Italia non partecipa ancora direttamente ai criminali bombardamenti, che non risparmiano nemmeno gli ospedali e le abitazioni civili, degli Usa, Francia, Gran Bretagna e Russia in Libia e in Iraq, solo perché Renzi pensa che tenendo le nostre forze militari in seconda linea si possono evitare le ritorsioni terroristiche dello Stato islamico. Ma già ci sono dei segnali che preannunciano tali ritorsioni che pagherà caramente l’incolpevole popolo italiano.
Prima che ciò avvenga, chiediamo ancora una volta con forza al governo Renzi di ritirare immediatamente l’Italia dalla guerra allo Stato islamico e di trattare con esso.
Tra il PMLI e lo Stato islamico esiste un abisso incolmabile dal punto di vista ideologico, culturale, tattico e strategico, e non condividiamo tutti i suoi metodi di lotta, atti e obiettivi, in particolare gli attentati terroristici nei confronti di civili innocenti e incolpevoli. Ciononostante, trattandosi al momento di una contraddizione secondaria rispetto a quella principale della lotta all’imperialismo, non possiamo non appoggiarlo perché tra i due belligeranti è esso che ha ragione.
Naturalmente, se e quando la contraddizione tra noi e lo Stato islamico dovesse diventare la contraddizione principale, in conseguenza del cambiamento della situazione internazionale, rivedremo prontamente la nostra posizione. Per adesso non possiamo certo stare dalla parte dell’imperialismo che è il comune nemico.
Con il Jobs Act, con tutte le altre controriforme del “mercato del lavoro”, con la controriforma del pubblico impiego e con quella della “Buona scuola”, Renzi ha distrutto il diritto democratico borghese del lavoro e ha introdotto anche nei settori pubblici le relazioni sindacali di stampo mussoliniano già introdotte da Marchionne alla Fiat.
Mai si era arrivati al punto che passassero sette anni per il rinnovo del contratto di lavoro nel pubblico impiego. E ancora non ci siamo. Ci appelliamo perciò alla Cgil, alla Cisl, alla Uil e ai “sindacati di base” affinché proclamino assieme al più presto uno sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma per il rinnovo immediato dei contratti del pubblico impiego, dei metalmeccanici, degli edili, tessili, trasporti-logistica, ecc., nonché per il lavoro, l’aumento dei salari e delle pensioni minime e basse, per difendere il contratto collettivo nazionale del lavoro, sotto attacco da parte del governo e della Confindustria. Non si deve aspettare il varo della legge di stabilità che già si preannuncia a favore degli industriali e a sfavore dei lavoratori e delle masse.
Noi siamo dalla parte delle masse sfruttate e oppresse perché i loro problemi sono i nostri problemi, perché siamo contro ogni ingiustizia sociale, perché siamo per l’abolizione delle classi.
Mentre esprimiamo il nostro profondo dolore per le vittime, morti e feriti, del devastante terremoto dell’Italia centrale, chiediamo con forza al governo che inizi subito la ricostruzione delle città scomparse e che vengano risarciti adeguatamente i superstiti per i danni subiti. Al contempo rivolgiamo un caloroso e riconoscente plauso alle soccorritrici e ai soccorritori che notte e giorno scavando con le mani nude hanno salvato tante vite umane. Una immagine bellissima del grande cuore dell’amato popolo italiano.
Matteo Renzi sta dimostrando di essere uno dei peggiori governanti espressi dalla borghesia, della stessa stregua di Mussolini, Scelba, Tambroni, Andreotti, Craxi, Prodi, D’Alema, Monti e Berlusconi. Lo dimostra anche l’esclusione dell’ANPI, favorevole al NO al referendum, dalle Feste de l’Unità , come è accaduto a Firenze e in altre città, la negazione della parola ai partigiani in occasione della celebrazione della liberazione di Firenze dal nazi-fascismo, la campagna per la natalità di mussoliniana memoria che offende gravemente le donne, la proposta di dotare l’Unione europea di un proprio esercito. Va cacciato via, prima che compia ulteriori danni.
Liberarsi del governo Renzi è una necessità, ma nessuno si deve illudere che perdurando il capitalismo sia possibile cambiare sostanzialmente le condizioni delle masse e tipo di società. Nemmeno se andasse al governo il movimento 5 stelle, perché anch’esso è al servizio del capitalismo e della classe dominante borghese. Altrimenti non si capirebbe l’appoggio che riceve da importanti settori della finanza e dell’industria italiani e esteri, inclusi quelli Usa e di Israele.
Ciò che sta accadendo nella giunta di Roma diretta dall’ambiziosa bugiarda Virginia Raggi, ammanigliata con elementi di destra, dimostra chiaramente che il M5S se non è zuppa borghese e capitalista è pan bagnato della stessa classe.
Definirsi semplici cittadini e non onorevoli, come strombazzano i parlamentari e gli amministratori regionali e comunali del M5S, è una palese mistificazione, perché anch’essi fanno parte delle istituzioni borghesi che opprimono i veri cittadini. Il loro scopo, come ha detto Raggi,presentando il suo programma al consiglio comunale è quello di “riconsegnare la fiducia nella propria amministrazione cittadina… Roma capitale, le sue istituzioni e aziende devono tornare interlocutori credibili per tutti”.
Per noi marxisti-leninisti, i governi borghesi centrali, regionali e comunali, comunque denominati e qualunque sia la loro composizione e direzione, vanno sempre combattuti e rovesciati l’uno dietro l’altro fino alla conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato.
 

Il Partito
Per combattere e sconfiggere il capitalismo e i suoi governi, occorre un forte, radicato e legato alle masse partito autenticamente proletario, rivoluzionario e marxista-leninista. Mao ha rilevato che “nell’epoca del capitalismo e dell’imperialismo è necessario un partito rivoluzionario come il partito comunista. Senza un tale partito il popolo non può assolutamente rovesciare i nemici che l’opprimono” (20). Lenin, occupandosi delle contraddizioni esistenti nel partito socialista italiano nel 1920, ha scritto: “Attualmente la cosa più importante e assolutamente necessaria per la vittoria della rivoluzione in Italia è questa: che l’avanguardia effettiva del proletariato rivoluzionario italiano costituisca un partito completamente comunista, incapace di oscillare e dar prova di debolezza nel momento decisivo, un partito che riunisca in sé il massimo di entusiasmo, la dedizione della causa rivoluzionaria, un’energia, una fermezza e un’audacia illimitata” (21).
Marx ed Engels nel “Manifesto del Partito comunista” pubblicato nel 1848 hanno gettato le fondamenta del partito del proletariato. Lenin in particolare con il “Che fare?”, Stalin con i già citati “Principi del leninismo” e “Questioni del leninismo”, Mao con “Rettificare lo stile di lavoro del Partito”, “Come correggere le idee errate”, “Contro il liberalismo” hanno sviluppato la concezione proletaria del Partito, specialmente per quanto riguarda la struttura, la composizione, il centralismo democratico e la risoluzione delle contraddizioni al suo interno.
Noi ci siamo ispirati a tali opere per fondare il PMLI di cui il prossimo anno ricorre il 40° Anniversario della nascita. Ne abbiamo fatta tanta di strada, e tutta in salita, per costruire il Partito. Ma abbiamo le energie per scalare le prossime vette ancora più alte, che richiedono durissimi sforzi e un impegno più qualificato. Anche perché abbiamo pochissimi mezzi e risorse economiche e siamo oggetto di un assordante silenzio stampa. La nostra è la tipica situazione in cui si trovano i pionieri che aprono una nuova strada nell’incredulità e nello scetticismo degli osservatori.
Come dice Mao “il risveglio politico del popolo non è una cosa facile. Per eliminare le idee errate diffuse fra il popolo, dobbiamo fare seri e considerevoli sforzi” (22). Una verità che noi verifichiamo quotidianamente che non ci deve scoraggiare, anzi ci deve spronare a continuare a fare “seri e considerevoli sforzi” per risvegliare alla lotta rivoluzionaria il proletariato e l’intero popolo italiano. Tenendo ferma la nostra missione storica; migliorando il nostro lavoro giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza, azione dopo azione, analisi dopo analisi, discorso dopo discorso, articolo dopo articolo, studio dopo studio; occupandoci dei problemi quotidiani delle masse; applicando la parola d’ordine “Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi concentrarsi sulle priorità, studiare”; il tutto sulla base della linea, delle indicazioni e delle misure del 5° Congresso nazionale del PMLI e dei documenti successivi del Comitato centrale e dell’Ufficio politico del Partito. Consapevoli, come dice Mao, che “fin dai tempi antichi nessuna cosa avanzata è stata ben accolta sin dall’inizio: tutte si sono attirate ingiurie. Così è stato fin dall’inizio per il marxismo e i partiti comunisti. Anche tra diecimila anni le cose avanzate all’inizio attireranno ingiurie su di sé” (23).
Nel 1957 Mao ha detto: “’Chi non ha paura di morire di mille ferite, osa disarcionare l’imperatore- questo è l’indomabile spirito necessario nella nostra lotta per il socialismo e il comunismo” . In genere i militanti del PMLI hanno questo spirito rivoluzionario e resistono, salvo i pentiti della scelta marxista-leninista, alle sirene della borghesia che ci invitano, direttamente o indirettamente anche tramite i partner e i familiari, a desistere dalla militanza marxista-leninista e a passare nel campo del riformismo e del parlamentarismo. Comunque tutti quanti, nessuno escluso, compreso i più forti e determinati tra di noi, dobbiamo rafforzare lo spirito rivoluzionario e la militanza di Partito facendo continui bagni di marxismo-leninismo-pensiero di Mao e bagni di massa, cercando di incarnare quanto più ci è possibile le dieci indicazioni di Mao sui militanti marxisti-leninisti che sono state pubblicate con grande rilievo sul numero 27 del 2015 de “Il Bolscevico”. La prima delle quali prescrive che “un comunista deve essere franco, leale e attivo, deve mettere gli interessi della rivoluzione al di sopra della sua stessa vita e subordinare gli interessi personali a quelli della rivoluzione; sempre e ovunque, deve essere fedele ai principi giusti e condurre una lotta instancabile contro ogni idea e azione errata, in modo da consolidare la vita collettiva del Partito e rafforzare i legami del Partito con le masse; deve pensare più al Partito che agli individui, più agli altri che a se stesso. Solo così può essere considerato un comunista” (24).
Ai nuovi militanti, fin dal primi giorni in cui entrano nel Partito, dobbiamo spiegare a fondo tali indicazioni affinché essi siano pienamente coscienti della scelta ideologica, politica e organizzativa fatta, che non può non comportare una svolta radicale della propria vita. Essi vanno presi per mano per tutto il periodo della loro candidatura, e lasciandogliela solo quando siamo sicuri che sono in grado di camminare ideologicamente, politicamente e organizzativamente con le proprie gambe.
Non a tutti è concesso di essere marxisti-leninisti, anche se tutti i membri del proletariato, del popolo e delle masse giovanili possono diventarlo. Ci vuole la stoffa di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, dei martiri comunisti italiani e dei vari paesi, dei fondatori del PMLI fedeli alla causa. Ciò che ha detto Stalin, commemorando Lenin nel 1924, per i membri del suo Partito, vale anche per i membri del nostro Partito. Ricordiamoci queste sue parole: “Noi comunisti siamo gente di una fattura particolare. Siamo fatti di una materia speciale. Siamo coloro che formano l’esercito del grande stratega proletario, l’esercito del compagno Lenin. Nulla è più elevato dell’onore di appartenere a questo esercito. Nulla è più elevato dell’appellativo di membro del partito che è stato fondato e diretto dal compagno Lenin. Non a tutti è dato essere membri di un tale partito. Non a tutti è dato sopportare i rovesci e le tempeste che l’appartenenza a un tale partito comporta. I figli della classe operaia, i figli del bisogno e della lotta, i figli delle privazioni inimmaginabili e degli sforzi eroici: ecco coloro che innanzitutto, debbono appartenere a un tale partito. Ecco perché il partito dei leninisti, il partito dei comunisti, si chiama al tempo stesso partito della classe operaia” (25).
La nostra stessa esperienza dimostra che solo coloro che vogliono veramente e nei fatti trasformare l’Italia e se stessi, costi quel che costi, sono capaci di affrontare e superare tutte le avversità e le prove della lotta di classe, nonché quelle della propria vita personale: disoccupazione, licenziamenti, malattia, vecchiaia, problemi familiari. Il che non significa che non possa sopraggiungere, come accade specie tra i militanti più deboli ideologicamente e più sensibili alla propaganda borghese e dei falsi comunisti, un momento di scoramento, di pessimismo, constatando la lentezza della crescita numerica del Partito, la lontananza dell’avvento del socialismo e le difficoltà per ottenere il consenso e l’appoggio delle masse che già ci conoscono. Ma la nostra militanza non può e non deve dipendere dall’uno o dall’altro fattore, che pure esistono nella realtà. Perché a monte di ogni altra considerazione sta la nostra scelta di vita rivoluzionaria e marxista-leninista, che non deve essere condizionata dai risultati immediati auspicati. Dobbiamo fare tutto quello che siamo in grado di fare con assoluta tranquillità, sicuri che il nostro lavoro sarà proseguito da nostri successori prossimi e futuri, che si passeranno la fiaccola rivoluzionaria e marxista-leninista del PMLI fino a raggiungere la vittoria.
I più anziani tra di noi hanno dato e continuano a dare, con lo spirito rivoluzionario del primo giorno della loro militanza, tutto se stessi alla nobile causa del socialismo, il nostro auspicio è che i giovani militanti facciano altrettanto e portino ancora più in alto e più avanti il PMLI. Noi abbiamo una grande fiducia nei loro confronti, a loro affidiamo l’avvenire del PMLI. Lavoriamo affinché tanti altri ragazze e ragazzi anticapitalisti e antimperialisti che vogliono il socialismo prendano esempio da loro e si uniscano al PMLI come militanti o simpatizzanti. Insieme abbiamo un nuovo mondo da conquistare. La cosa più bella cui possa aspirare un vero rivoluzionario.
Oggi più che preoccuparci di quando arriverà il socialismo, di quando avverrà la svolta rivoluzionaria della lotta di classe, di quando il proletariato si schiererà con noi, dobbiamo preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso radicandolo ed estendendolo nelle città e regioni dove siamo presenti, in modo da ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia. Questo deve essere il nostro obiettivo strategico a medio termine. Questo è quello che ci è richiesto dall’attuale lotta di classe e dall’attuale situazione del nostro Paese. Se non ce la facciamo a raggiungere tale obiettivo a medio termine, non ci resta che rilanciarlo una o più volte fino a conquistarlo. Non tutto dipende da noi, cioè dalle nostre capacità e dal nostro impegno. Noi abbiamo in mano solo metà della chiave del problema, l’altra metà l’hanno la lotta di classe, il proletariato e le nuove generazioni.
La piazza è il nostro ambiente ideale e naturale di lotta, assieme a quello delle fabbriche, dei campi, delle scuole e delle università. Frequentiamola il più possibile per diffondere i messaggi del Partito, per raccogliere le rivendicazioni, le idee, le proposte e le informazioni delle masse e per stringerci sempre più ad esse. Gli ambienti in cui operiamo devono essere conosciuti a fondo e studiati in maniera sistematica e tale da aiutarci a intervenire con volantini, documenti, comunicati stampa, articoli ben calibrati e fondati sulla realtà concreta. Come è stato fatto in occasione delle ultime elezioni comunali, esemplare in questo caso il programma e gli articoli elettorali della Cellula “Mao” di Milano. Nei nostri interventi orali e scritti teniamo sempre presente tre cose: massima dialettica, argomentazione e documentazione. Prima di scrivere un pezzo (documento, articolo, volantino, discorso, comunicato stampa) su un qualsiasi tema, bisogna leggere l’ultimo pezzo che è stato scritto dalle istanze o dalle Commissioni centrali del Partito o da “Il Bolscevico” e chiedersi se è giusto o sbagliato. Se è sbagliato, è necessario correggerlo attraverso il pezzo che stiamo scrivendo; se è giusto, occorre attualizzarlo e vedere se è possibile aggiungervi qualcos’altro.
Il nostro Partito cresce, si rafforza, diventa più saggio, più esperto e più maturo attraverso la lotta ideologica attiva tra le idee, le opinioni, le proposte e le iniziative giuste e quelle sbagliate. E’ un processo dialettico del tutto naturale perché, come dice Mao, “contrapposizione e lotta tra idee diverse sorgono costantemente nel Partito: ciò è il riflesso nel Partito delle contraddizioni di classe esistenti nella società e della contraddizione tra il nuovo e il vecchio” (26).
Le contraddizioni in seno al popolo e le contraddizioni antagonistiche, fin qui il nostro Partito le ha affrontate in maniera corretta attraverso la critica e l’autocritica in modo franco, leale, sincero e con spirito unitario. Dobbiamo continuare a fare così anche in futuro. E’ la nostra forza.
Quando le nostre opinioni non vengono condivise, non è il caso di prendersela sul piano personale, di drammatizzare o rompere col Partito. Bisogna sempre saper aspettare che i nuovi avvenimenti e i fatti ci diano ragione. Se ogni militante o simpatizzante attivo rompesse col Partito per una qualsiasi questione, anche se importante e rilevante, alla fine il PMLI cesserebbe di esistere. Chi se ne avvantaggerebbe allora? Il proletariato o la borghesia, l’antimperialismo o l’imperialismo? Rimaniamo uniti e in cordata, aiutandoci l’un l’altro a scalare le montagne che ci attendono nella nostra Lunga Marcia politica e organizzativa.
Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao ci hanno lasciato in eredità un grande patrimonio ideologico, politico e organizzativo, facciamolo fruttare. Ciascuno in base alle proprie possibilità e capacità e secondo il posto e il ruolo che il Partito ci ha assegnato. Con tranquillità e serenità,senza affanni, un passo per volta, imparando e insegnando gli uni dagli altri, dando il meglio di noi stessi, tenendo ben alte le bandiere dei grandi maestri del proletariato internazionale, del socialismo, dell’anticapitalismo, dell’antimperialismo, dell’antifascismo, dell’antirazzismo, dell’internazionalismo proletario e del PMLI.
Marx all’età di 17 anni, nel tema di tedesco per la licenza liceale ha scritto delle parole che ci toccano ancora la mente e il cuore. Basta sostituire alla scelta professionale la scelta marxista-leninista, all’umanesimo e all’idealismo il materialismo. Ecco quando ci ha detto: “Quando abbiamo scelto la professione nella quale possiamo maggiormente operare per l’umanità, allora gli oneri non possono più schiacciarci, perché essi sono soltanto un sacrificio per il bene di tutti; allora non gustiamo una gioia povera, limitata ed egoistica, ma la nostra felicità appartiene a milioni, le nostre imprese vivono silenziose, ma eternamente operanti, e le nostre ceneri saranno bagnate dalle lacrime ardenti di uomini nobili” (27).
Viva, viva, viva i grandi maestri del proletariato internazionale!
Prendiamo esempio da Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao per trasformare l’Italia e noi stessi!
Viva il marxismo-leninismo-pensiero di Mao!
Gloria eterna a Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao!
Con Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao per sempre contro il capitalismo per il socialismo!
Cacciamo il nuovo duce Renzi!
Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo!
Avanti, avanti, avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista!
Con i Maestri e il PMLI vinceremo!
Note
1 – Engels, Carlo Marx, 1878 in Carlo Marx, scritti scelti, Edizioni in lingue estere – Mosca, vol. I, p. 5
2 – Engels, Lettera a Paul Lafargue, 27 agosto 1890, opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLVIII, p. 478
3 – Engels, Lettera a Laura Lafargue, 11 giugno 1889, opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLVIII, p. 250
4 – Lenin, Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, 3 marzo 1913, opere complete, Editori Riuniti, vol. 19, p. 9
5 – Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, 1° febbraio 1942, opere scelte, Casa editrice in lingue estere – Pechino, vol. III, p. 36
6 – Stalin, Intervista con al prima delegazione operaia americana, 9 settembre 1927, opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 10, pp. 104-105
7 – Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, 1° febbraio 1942, opere scelte, Casa editrice in lingue estere – Pechino, vol. III, p. 58
8 – Mao, Stella rossa sulla Cina, Edizioni Einaudi, 1974, p. 168
9 – Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 1957, Piccola biblioteca marxista-leninista-5, p. 26
10 – Mao, Sulla dittatura democratica popolare, 30 luglio 1949, opere scelte, Casa editrice in lingue estere-Pechino, vol. IV, pp. 425-426
11 – Lenin, Che fare, autunno 1901 – febbraio 1902, opere scelte, Editori Riuniti, vol. 5, p. 325
12 – Lenin, la Rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautzky, ottobre-novembre 1918, opere scelte, Editori Riuniti, vol. 28, pp. 245-246
13 – Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista sul lavoro di propaganda, 12 marzo 1957, in Mao Zedong “Rivoluzione e costruzione, scritti e discorsi 1949-1957”, Einaudi editore, p. 600
14 – Mao, Discorso alla II Sessione plenaria dell’VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese, 15 novembre 1956, in Mao Zedong “Rivoluzione e costruzione, scritti e discorsi 1949-1957”, Einaudi editore, pp. 454-455
15 – Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese, 12 marzo 1957, in Mao Zedong “Rivoluzione e costruzione, scritti e discorsi 1949-1957”, Einaudi editore, p. 590
16 – Marx, Prefazione a Per la critica dell’economia politica, gennaio 1859, opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XXX, pp. 298-299
17 – Mao Il dibattito sulla cooperazione agricola e l’odierna lotta di classe, 11 ottobre 1955 in Mao Zedong “Rivoluzione e costruzione, scritti e discorsi 1949-1957”, Einaudi editore, p. 252
18 – Axel Honneth, L’idea di socialismo, un sogno necessario, Feltrinelli 2016, pp. 93-120
19 – Enrico Rossi, Rivoluzione socialista, Castelvecchi 2016, p. 17
20 – Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, 1° febbraio 1942, opere scelte Casa editrice in lingue estere-Pechino, vol. III, p. 31
21 – Lenin, A proposito della lotta in seno al partito socialista italiano, 4 novembre 1920, opere scelte, Editori Riuniti, vol. 31, p. 365
22 – Mao, La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di resistenza contro il Giappone, 13 agosto 1945, opere scelte, Casa editrice in lingue estere-Pechino, vol. IV, pp. 15-16
23 – Mao, Discorsi alla Conferenza de segretari dei Comitati di partito delle province, municipalità e regioni autonome, 27 gennaio 1957, in Mao Zedong “Rivoluzione e costruzione, scritti e discorsi 1949-1957”, Einaudi editore, p. 504
24 – Mao, Contro il liberalismo, 7 settembre 1937, opere scelte, Casa editrice in lingue estere-Pechino, vol. II, p. 27
25 – Stalin, Lenin è morto, discorso pronunciato al II Congresso dei soviet dell’Urss il 26 gennaio 1924, opere scelte, Edizioni Rinascita, vol. 6, p. 65
26 – Mao, Sulla contraddizione, agosto 1937, ibidem, vol. I, p. 336
27 – Marx, Considerazioni di un giovane in occasione della scelta d una professione, 12 agosto 1835, opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. I, p. 7
 
 
 

14 settembre 2016