Le masse cinesi ricordano Mao nel 40° anniversario della sua morte

 
Checché ne dicano la borghesia e i suoi servi revisionisti cinesi, d'Italia e del resto del mondo, che cercano di svilire la sua memoria e infangare la sua opera, Mao resta vivo nel cuore del popolo cinese. Sono state le stesse masse cinesi a dimostrarlo esibendo orgogliosamente il loro attaccamento all'artefice della rivoluzione cinese e grande Maestro del proletariato internazionale con una miriade di iniziative volte a commemorare il 40° Anniversario della sua scomparsa, in qualche caso persino in aperta o velata contrapposizione al regime fascista e capitalista di Pechino. Lo testimonia anche il compagno Erne che ha visto con i suoi occhi cosa è accaduto a Shaoshan e a Pechino durante l'omaggio che ha reso a Mao in quelle due città a nome del CC del PMLI (vedi servizio a pagina 16).
I media ufficiali hanno volutamente occultato non soltanto queste celebrazioni, per quanto possibile, ma anche la ricorrenza stessa. Non una parola sull'edizione cartacea del “Quotidiano del popolo”, l'organo del partito revisionista, appena qualche galleria fotografica o memorie dei suoi assistenti sull'edizione online e sull'agenzia di stampa governativa “Xinhua”. Eppure tutti gli onori erano stati tributati nel 2014 all'anniversario della morte di Hu Yaobang, un dirigente di destra degli anni Ottanta riabilitato da Hu Jintao. Su Wechat, popolare app di messaggistica di proprietà della cinese Tencent, molto vicina al governo di Pechino, è stata persino lanciata una innocua campagna, se non addirittura truffaldina, per acquistare “fiori virtuali” per Mao. Un articolo sottotono è invece apparso sul “Global Times”, costola in inglese del “Quotidiano del popolo”, che però ha buttato tutto sul folkloristico e sul nostalgico e ha recuperato la figura di Mao come “grande patriota ed eroe nazionale” (parole dell'attuale presidente Xi Jinping) svuotandola del suo contenuto rivoluzionario e antirevisionista.
La realtà è invece ben diversa e lo stesso “Global Times” si è lasciato sfuggire le parole di un certo “commentatore di sinistra”, il noto personaggio televisivo Sima Nan, secondo cui commemorare Mao “è molto comune in Cina, non solo fra chi ha subìto negativamente le svendite delle imprese statali all'inizio delle riforme”. E infatti a migliaia si sono riversati a Shaoshan, suo paese natale, per rendere omaggio alla casa dove nacque ed alla sua statua nella piazza centrale, in quella che è stata classificata come la celebrazione più partecipata negli ultimi vent'anni. Presenti sia anziani, fra cui veterani della rivoluzione per i quali è ancora ben vivo il ricordo di Mao e del socialismo, sia giovani che saggiano sulla propria pelle le delizie dello sfruttamento capitalistico favorito dal regime revisionista. Shaoshan è peraltro una tappa obbligata del cosiddetto “turismo rosso” sempre più diffuso in Cina.
Code interminabili anche in piazza Tian'anmen a Pechino per entrare nel mausoleo dove riposano le spoglie di Mao già nei giorni precedenti il 9 Settembre, giorno dell'Anniversario, quando le visite hanno raggiunto il picco, tanto da obbligare i gestori a tenere il mausoleo aperto anche nel pomeriggio in via straordinaria. Un operaio, intervistato dall'inglese “Daily Mail” sulla piazza, ha contrapposto le folle che si riversano sul mausoleo di Mao al deserto desolante che circonda il mausoleo di Deng Xiaoping, il restauratore del capitalismo in Cina, aggiungendo che con Mao “le nostre vite sarebbero decisamente migliori” perché esisterebbe il diritto alla sanità gratuita e non ci sarebbe da temere la miseria. Simili commenti sono stati raccolti da altri giornali occidentali da cinesi di tutte le età che puntano il dito contro le disparità sociali della Cina capitalista odierna rimpiangendo l'era di Mao.
Altre commemorazioni si sono svolte nel resto della Cina, anche se è difficile avere notizie approfondite al riguardo perché oscurate dai media di regime. Si ha notizia di una conferenza organizzata dalla “Società del pensiero di Mao Zedong” di Hong Kong; al “Wall Street Journal”, un esponente dell'associazione ha denunciato come oggi “i contadini perdono la terra, gli operai vengono lasciati a casa dal lavoro e i ricchi rubano le risorse della nazione”, protetti dai dirigenti seguiti a Mao, “traditori del popolo cinese”. Numerosi siti di sinistra hanno pubblicato articoli commemorativi attaccando anche esplicitamente la restaurazione del capitalismo; è il caso per esempio di “Mao Flag” che, al termine di un articolo in cui enumera le disgrazie causate al popolo cinese dalle “riforme” capitalistiche, sentenzia: “Solo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao può salvare la Cina”.
Tanto era il timore di Pechino per le sortite virtuali e reali dei “neomaoisti” che i commenti su Weibo, il “Facebook cinese”, sono stati addirittura bloccati. L'agenzia “Reuters” con un'ex Guardia rossa che voleva fondare un partito esplicitamente “in difesa di Mao Zedong”, che però ora risulta irrintracciabile, probabilmente agli arresti.
In conclusione, per il partito revisionista e fascista oggi diretto da Xi Jinping, Mao va bene finché ci si limita al suo ritratto in piazza Tian'anmen e si tace o si getta fango su tutto quello che ha detto e fatto dopo il 1956, cioè nei vent'anni dedicati soprattutto alla lotta al revisionismo e che culminarono nella Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. Un abisso rispetto alle masse lavoratrici e povere dell'immensa Cina che vedono in lui il condottiero della loro emancipazione e un esempio da seguire tutt'oggi in contrapposizione al capitalismo restaurato.

14 settembre 2016