Il piano italiano per l'esercito europeo
La Mogherini ha già pronto un progetto che ha presentato al vertice di Bratislava

“Non è una novità che tra gli Stati membri ci siano posizioni diverse, anche profondamente diverse, su temi come la crescita economica o l'immigrazione. Eppure c'è un terreno che ha tenuto a Bratislava, anzi si è consolidato, ed è quello della politica estera e di difesa comune. Sulla difesa abbiamo iniziato a costruire un nuovo assetto, sulla base di una politica estera che, a dispetto di certe semplificazioni, divisa non è”. Così Federica Mogherini, dal suo punto di vista di alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, ha espresso la sua soddisfazione per i risultati del vertice dei 27 governi della UE tenutosi lo scorso 16 settembre a Bratislava, il primo dopo la Brexit e senza la presenza della Gran Bretagna. Vertice generalmente considerato inconcludente e deludente, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche e dell'immigrazione, ma non evidentemente per quanto riguarda la politica militare e di difesa comune, sulla quale la sintonia tra le cancellerie europee è stata unanime.
“In un contesto geopolitico complesso, rafforzare la cooperazione dell'UE nel campo della sicurezza esterna e della difesa”, indica infatti nella lista degli obiettivi da perseguire la dichiarazione finale del vertice. E tra le “misure concrete” per realizzarlo c'è l'impegno di prendere al Consiglio europeo del prossimo dicembre “la decisione su un piano di attuazione concreta in materia di sicurezza e difesa e sui modi per utilizzare al meglio le possibilità offerte dai trattati, in particolare in materia di capacità”. Può sembrare un programma generico, ma non è così. In realtà, come la soddisfazione della Mogherini dimostra, è solo la sintesi formale di un via libera ad un piano strutturato e in fase già avanzata per la creazione di un vero e proprio esercito europeo, nell'ambito più ampio di una politica estera e di difesa europea. Un piano che vede l'Italia in prima fila, insieme a Francia e Germania, se non di primissima fila nel ruolo di promotrice, dopo l'uscita della Gran Bretagna dalla UE, Paese che più di tutti aveva sempre frenato sull'adozione di una politica di difesa comune.

Il ruolo di punta rivendicato dall'Italia
Questo ruolo di punta che l'Italia di Renzi aspira ad assumere era emerso chiaramente al Vertice di Ventotene con Merkel e Hollande del 22 agosto, che il nuovo duce aveva voluto non a caso tenere sulla portaerei Garibaldi. Con la proposta, accettata senza problemi dai suoi due partner, di creare subito un primo nucleo di esercito comune tra i Paesi “che ci stanno”, con obiettivi, strategie e armamenti integrati ed un unico centro di comando, nonché appositi accordi tra le rispettive industrie belliche nazionali e risorse economiche e finanziarie adeguate da mettere in comune. Il tutto sfruttando quanto già prevedono i trattati europei, senza bisogno di modificarli, e lasciando poi al tempo il compito di formalizzare meglio il progetto e tirarci dentro anche il resto dei 27.
Una proposta già anticipata in parte alcuni giorni prima dai ministri degli Esteri Gentiloni e della Difesa Pinotti in una lettera aperta per il quotidiano francese Le Monde , in cui avevano chiesto, dopo l'uscita del Regno Unito dalla UE, la costruzione di una “Schengen europea della difesa”, con l'obiettivo di formare una “forza multinazionale europea con le funzioni e il mandato stabilito congiuntamente, con una struttura di comando, processo decisionale e meccanismi di bilancio comuni”.
La proposta di Renzi si inseriva perfettamente nel progetto di “Global strategy” per una politica estera e di sicurezza comune presentata da Federica Mogherini al vertice europeo dello scorso giugno. All'immediata vigilia del summit di Bratislava, infatti, in una lettera da lei inviata ai presidenti Junker e Tusk e ai leder europei per ribadire i “cinque blocchi principali” del suo piano, l'alto rappresentante sottolineava, a proposito della politica di difesa, di stare “lavorando in stretta collaborazione con i ministri degli affari Esteri e della Difesa sui principali elementi di un un Piano di Attuazione ('Implementation Plan'), con il focus su quanto concretamente attuabile e progettando sulla base del pieno potenziale che discende dai Trattati europei”.
Mettendo l'accendo sulla necessità di una “cooperazione rafforzata” per la difesa comune, Mogherini aggiungeva che il suo piano “include, tra l'altro, la definizione di un 'Livello europeo di Ambizione', il rafforzamento delle capacità di sviluppo di capacità militari e civili; l'approfondimento della cooperazione europea nella Difesa; la revisione degli strumenti e delle strutture per pianificare le operazione a guida UE, inclusi gli aspetti finanziari; la valorizzazzione delle nostre partnership, a cominciare dalla messa in atto della Dichiarazione UE-NATO di Varsavia”. L'alto rappresentante concludeva poi annunciando l'intenzione di ottenere un primo accordo sulla “Strategia globale” al consiglio dei ministri degli esteri UE di ottobre, e un successivo accordo sul “più specifico 'Implementation Plan'” al Consiglio esteri-difesa di novembre. Il tutto da sottoporre poi all'approvazione del vertice europeo di dicembre, “comprese concrete proposte per l'attuazione della Strategia”.

Gioco di squadra Renzi-Gentiloni-Pinotti-Mogherini
Come si vede il coordinamento tra il governo Renzi e la Mogherini è palese, per non dire sfacciato. D'altra parte il nuovo duce non se l'è certo scelta a caso per quel ruolo di “ministra” degli esteri e della difesa europea. Le linee guida del piano italiano, recepite nella “Strategia globale” della Mogherini, erano state fissate in un documento elaborato una decina di giorni prima di Bratislava dai ministeri degli Esteri e della Difesa. Vi si prospetta innanzi tutto la necessità di incentivare la collaborazione tra le industrie e i laboratori di ricerca, con un'opportuna politica di defiscalizzazione e di sovvenzioni ai settori strategici ad alta tecnologia, e anche sospendendo per essi il “patto di stabilità”, per meglio affrontare gli ingenti investimenti, insostenibili per i singoli Paesi, necessari per l'ammodernamento degli armamenti del nuovo esercito europeo. A questo proposito Mauro Moretti, amministratore delegato di Leonardo, l'ex Finmeccanica finora più legata ad accordi con la Gran Bretagna, ha già dichiarato di essere pronto a collaborare con i francesi di Airbus.
Nel documento italiano si auspica poi la presentazione di un “Libro bianco della Difesa europea” per la razionalizzazione del personale militare e dei sistemi d'arma sul modello di quello adottato dal ministero della guerrafondaia Pinotti. Si invita a sfruttare gli spazi giuridici già esistenti nel trattato di Lisbona per mettere in piedi una “cooperazione strutturata permanente” tra i Paesi che decidono di aderire subito al progetto, e di formare con questi un “ristretto gruppo di contatto a livello politico e militare”, con la creazione di un “Direttorato centrale per le missioni militari e civili”, che valorizzi anche i “centri di eccellenza (bellica s'intende, ndr) esistenti nelle singole nazioni”. A questo proposito il documento sottolinea che l'Italia vanta un primato nell'addestramento dei piloti militari e nelle missioni con i droni.

Le proposte della Mogherini a Bratislava
In una lunga intervista dell'8 settembre al megafono ufficioso di Renzi, La Repubblica , Federica Mogherini, dopo aver ricordato che la UE è già impegnata in ben 17 operazioni militari e “civili” in campo internazionale, e che “molte cose concrete possono essere fatte senza bisogno di toccare i trattati”, ha spiegato quali sono nel concreto le proposte che poi ha presentato al vertice di Bratislava.
Al primo posto ci sono i “battlegroups”, ovvero “unità multinazionali europee di intervento rapido”: “Esistono già da anni, lavorano e si addestrano insieme. Ma non sono mai stati utilizzati sul terreno”, ha sottolineato Mogherini. Al secondo c'è il ricorso “all'articolo 44 del Trattato, che prevede la possibilità di delegare a un ristretto gruppo di Paesi il compito di condurre azioni militari in nome e per conto di tutta l'Unione”. Al terzo posto c'è la creazione a Bruxelles di un “Quartier generale comune che gestisca tutte le operazioni militari e civili”. E infine al quarto la messa in comune delle risorse per i “giganteschi investimenti che sono necessari nel settore della Difesa”.
Giganteschi investimenti bellici che il vertice della UE ha evidentemente approvato all'unanimità e senza battere ciglio, mentre gli stessi 27 governi continuano a predicare e imporre una politica di lacrime e sangue per le masse lavoratrici e popolari europee, e corrono a sbarrare e armare le frontiere per respingere i profughi e i migranti che bussano alle sue porte per sfuggire alla guerra e alla fame. Questo è dunque il vero volto dell'Unione europea imperialista, che vuol dotarsi di un esercito adeguato a supportare la sua politica espansionista, neocolonialista e interventista, e nella cui costruzione l'Italia del nuovo duce Renzi ambisce ad avere un ruolo di primo piano!

21 settembre 2016