L'editore de La7 aiutato da Banca Intesa
Cairo si prende il “Corriere della Sera”
Battuta la cordata dei vecchi soci guidati da Bonomi e targata Mediobanca

A fine luglio Urbano Cairo, proprietario della rete tv La7, è diventato anche azionista di maggioranza del “Corriere della Sera”, da 150 anni storico quotidiano di riferimento del grande capitale finanziario e industriale italiano. Lo è diventato vincendo una battaglia finanziaria durata un paio di mesi contro una cordata avversaria guidata dal finanziere milanese Andrea Bonomi e dall'ad di Mediobanca, Alberto Nagel, che avevano riunito nella International media holding (Imh) gli altri principali azionisti del gruppo Rcs (Rizzoli-Corriere della Sera) per contrastare la scalata dell'editore piemontese: la Pirelli di Marco Tronchetti Provera, la UnipolSai e l'industriale Diego Della Valle.
La vittoria di Cairo e della sua Opas (offerta pubblica di acquisto con scambio di azioni con la Cairo communication), contro l'Opa (solo acquisto in contanti) della cordata Imh è apparsa chiara già a metà luglio, quando Cairo era riuscito a mettere insieme il 48,8% delle azioni Rcs, mentre i suoi avversari si erano fermati al 37,7%, sommando le rispettive quote azionarie, che pure erano ben maggiori in partenza, arrivando al 22%, con quelle che erano riusciti a rastrellare sul mercato. Alla fine l'Opas di Cairo si è chiusa con un netto 51%, incoronandolo come il nuovo padrone assoluto del gruppo milanese.
La battaglia per il controllo del “Corsera” si era aperta dopo l'uscita di scena di John Elkann, che proseguendo la politica della famiglia Agnelli aveva esercitato fin qui il controllo del gruppo editoriale. Dopo la trasformazione della Fiat in Fca e il suo disimpegno dall'Italia, con la conseguente cessione de “La Stampa” al gruppo “Espresso-La Repubblica”, il vuoto di potere apertosi al vertice di Rcs ha rimesso in moto la lotta per ridisegnare gli equilibri all'interno del patto di sindacato che controlla il quotidiano, da sempre considerato espressione del “salotto buono” della grande borghesia italiana.

Le forze in campo e i loro sponsor
L'idea degli avversari di Cairo, e cioè Bonomi, Nagel, Tronchetti Provera e Della Valle, sarebbe stata, secondo alcuni osservatori, quella di creare una grande holding che mettesse insieme Rcs, “Il Sole 24 Ore” e il gruppo Class, editore di “Milano finanza”, per costituire un gruppo alternativo a quello di De Benedetti. Secondo altri sarebbe stata solo una reazione di pura sopravvivenza del vecchio “salotto buono”, con al centro Mediobanca creata da Cuccia ed ereditata da Nagel, contro un “outsider” deciso a mandarlo in pezzi. La proposta di Cairo, che, al contrario di essi, tutti finanzieri e industriali, si fregia della nomea di “editore puro”, almeno a parole era quella di costituire un gruppo sinergico tra La7 e Rcs, per rimettere in sesto il gruppo milanese, che negli ultimi 5 anni ha perso qualcosa come 1,5 miliardi, e tornare a farlo guadagnare, pur in una situazione di generale difficoltà attraversata da tutti i quotidiani, che nell'era di Internet perdono inesorabilmente quote di lettori e di pubblicità. Difficoltà che avevano già portato Rcs a disfarsi del settore Libri, recentemente acquistato dalla Mondadori di Berlusconi, per creare il più grande gruppo editoriale europeo, la cosiddetta “Mondazzoli”.
Alla fine il mercato sembra aver creduto di più alla proposta di Cairo che alla cordata messa frettolosamente in piedi da Mediobanca per stopparne la scalata: “E' la dimostrazione di come progetti industriali ben concepiti, e presentati in maniera convincente, siano in grado di affermarsi e di coinvolgere la maggioranza di grandi investitori internazionali e risparmiatori”, ha dichiarato in proposito Carlo Messina, ad di Banca Intesa, che con i suoi soldi è stata determinante per garantire la vittoria di Cairo. Messina e il presidente del più potente gruppo bancario italiano, Gian Maria Gros Pietro, sono stati infatti i grandi sponsor della scalata di Cairo a Rcs, senza l'aiuto dei quali la sua offerta di acquisto pagando con azioni del suo gruppo invece di contanti non avrebbe avuto la minima possibilità di riuscita.
Dunque, per capire come cambieranno gli equilibri nel “salotto buono” del grande capitale finanziario e industriale, e in particolare nel sistema dell'informazione, dopo l'acquisizione del “Corsera” da parte di Cairo, bisogna partire da qui, anche se le bocce sono ancora in movimento e le carte sono state scoperte solo in minima parte. Di sicuro se ne avvantaggia il gruppo bancario della finanza cattolica Intesa Sanpaolo, primo creditore di Rcs, il cui presidente onorario Giovanni Bazoli, il “grande vecchio” di Rcs da tempo oggetto degli attacchi di Della Valle, è politicamente vicino all'area prodiana del PD. Mentre ne esce ulteriormente indebolita quella che un tempo fu la supremazia incontrastata di Mediobanca nel disegnare gli equilibri di potere.

I possibili risvolti politici
Però ad aiutare Cairo sembra ci sia stato anche lo zampino discreto di Berlusconi, attraverso Mediolanum. D'altra parte Cairo viene proprio dal mondo di Berlusconi, essendo stato suo assistente a Mediaset, passato poi a Publitalia e a Mondadori, prima di rilevare La7 in stato semi fallimentare dalla Telecom, allora di Tronchetti Provera. Oggi, oltre alla rete televisiva, che ha guadagnato un certo spazio tra Rai e Mediaset, Cairo possiede anche una serie di pubblicazioni di carattere cosiddetto “popolare” (gossip e quant'altro) e il Torino calcio. Lui comunque smentisce le voci di aver avuto l'aiuto di Berlusconi: “Silvio Berlusconi e la Fininvest non hanno avuto niente a che fare con la conquista di Rcs”, ha dichiarato il nuovo proprietario del “Corsera”. Che d'altro canto assicura di non volersi ingerire nella gestione del quotidiano, ma di pensare solo a rilanciare il gruppo Rcs: “Lì bisogna intervenire. Con più ricchezza editoriale. Con nuovi prodotti. E non escluderei anche con nuovi giornali”, ha sottolineato al riguardo.
Anche Renzi e il suo “giglio magico” hanno cercato sempre di mostrarsi neutrali in questa vicenda, per quanto le voci più insistenti li dessero schierati dalla parte della cordata Imh. Anche perché finora il “Corsera” non è stato certo ostile al nuovo duce, facendo anzi a gara con “La Repubblica” nel supportarlo in tutti i modi. Ma c'è anche chi sostiene che ci sia già stato un abboccamento tra Cairo e il responsabile per l'editoria del PD, che guarda caso è il fedelissimo e onnipresente Luca Lotti. Se questo è vero, probabilmente gli avrà chiesto garanzie quantomeno sul mantenimento dell'attuale linea editoriale, in cambio ovviamente di qualcos'altro.
Per capire appieno quale sarà il senso politico di questa operazione occorre perciò aspettare almeno la nomina del nuovo direttore del giornale e di conseguenza quale sarà la sua linea editoriale. Anche perché per adesso tutto il vertice del gruppo Rcs è dimissionario e il nuovo proprietario ha assunto le cariche di presidente e di amministratore delegato con pieni poteri di delega per la normale amministrazione, in attesa dell'assemblea del 26 settembre che dovrà rinnovare l'intero Consiglio di amministrazione. Quel che è certo è che questa è solo l'ultima delle incessanti lotte che si sono succedute incessantemente negli ultimi decenni per il controllo finanziario e politico del più importante quotidiano italiano, almeno a partire dai tempi della P2 di Licio Gelli.

28 settembre 2016