Insulso balletto tra Renzi, sinistra PD e SEL-SI
Sporchi giochi intorno all'Italicum

Il 21 settembre, con 293 sì, 157 no e 13 astenuti, la Camera ha approvato una mozione della maggioranza, PD, alfaniani e centristi misti, a cui si sono aggiunti anche i verdiniani, che auspica una generica discussione tra i vari gruppi parlamentari per valutare proposte di possibili modifiche alla legge elettorale Italicum: quella che Renzi aveva imposto al parlamento con ben tre voti di fiducia, e che aveva sempre considerato intoccabile; quella che aveva definito la migliore del mondo e che ci avrebbero copiato anche altri Paesi.
Ma in realtà non è che il nuovo duce abbia cambiato idea: si tratta semplicemente di un espediente tattico a costo zero che gli serve per guadagnare tempo fino a dopo il referendum sulla controriforma del Senato, e per ingraziarsi il sì della minoranza del suo partito, fingendo come contropartita una “apertura” alle sue richieste di modifica dell'Italicum, che così com'è formulato la cancellerebbe per sempre dal parlamento.
La mozione governativa si limita infatti ad impegnare la Camera “ad avviare, nelle sedi competenti, una discussione sulla legge 6 maggio 2015, n. 52, al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte”. Senza quindi una data certa, il che può significare anche mai, specie se il nuovo duce vincesse il referendum, e comunque senza il minimo cenno al merito di queste fantomatiche proposte. Tra l'altro la votazione è stata immediatamente preceduta dalla decisione della Corte costituzionale di rinviare a nuovo ruolo, vale a dire almeno al prossimo anno, e comunque di sicuro a dopo il referendum, la sentenza sulle istanze di incostituzionalità dell'Italicum: sentenza che era stata fissata per il 4 ottobre pensando appunto di scavalcare il referendum, previsto a quel momento per il 2 ottobre.

Il favore della Consulta a Renzi
Il rinvio è stato spiegato dal presidente della Consulta, Paolo Grossi (che si è avvalso dei suoi speciali poteri per decretarlo dato che non tutti i giudici erano d'accordo), con la motivazione che un giudizio favorevole o contrario all'incostituzionalità della legge avrebbe potuto influenzare il risultato del referendum. Così facendo la Corte ha tolto le castagne dal fuoco per conto di Renzi, che non a caso, insieme a Mattarella, l'ha definita una decisione saggia.
Se ci fosse stata una sentenza di incostituzionalità dell'Italicum prima del referendum, infatti, non solo sarebbe stato un duro colpo per Renzi, ma anche in caso di vittoria del sì sarebbe venuta a mancare la principale architrave su cui si regge tutta la sua controriforma piduista della Costituzione. Mentre ora invece, se vincesse il sì, sarebbe più facile per i giudici filorenziani far prevalere la tesi della costituzionalità dell'Italicum, pena il rischio di contraddire una “riforma” costituzionale sancita da referendum popolare. Il che non impedirebbe comunque a Renzi di modificare l'Italicum quando e come gli tornasse più utile, qualora i sondaggi continuassero a dare per favorito il M5S.
Con questo rinvio della Corte e con la mozione sull'Italicum passata alla Camera, il nuovo duce può quindi tirare fiato e vantarsi pure di aver offerto un ramoscello d'ulivo a bersaniani e cuperliani, togliendo loro ogni alibi per non dichiararsi esplicitamente a favore del sì. E c'è riuscito almeno per quanto riguarda la minoranza che fa capo a Cuperlo, il quale, pur non partecipando al voto insieme al gruppo di Bersani e Speranza (42 sono stati i “non voti” tra i deputati PD, di cui almeno 33 rivendicati dalla sinistra come certi), ha dichiarato di apprezzare “l'atto di apertura” del premier, anche se il testo della mozione del governo “è timido e reticente”. Bersani invece non ha apprezzato la furbata della mozione “aria fritta”, e si è sfogato bofonchiando all'indirizzo di Renzi, alla maniera di Craxi che si riferiva ad Andreotti, che “le volpi finiscono in pellicceria”.

Il balletto tra Renzi, sinistra PD e SEL-SI
Tutto era nato comunque da un'iniziativa di SEL-Sinistra italiana, che aveva presentato per prima una mozione che chiedeva “una riforma in tempi rapidissimi” dell'l'Italicum per quelle parti che presentano “evidenti profili di incostituzionalità”, anche al fine di evitare “una nuova pronuncia di illegittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale”. Cioè praticamente quello che chiedevano bersaniani e cuperliani, a nome e per conto dei quali i vari Scotto, Airaudo, Fratoianni, Fassina e Attorre l'avevano firmata. Una mozione all'acqua di rose, palesemente invitante il nuovo duce a fare qualche concessione sull'Italicum in cambio di inconfessabili contropartite sul referendum.
Ma siccome ci poteva essere il pericolo teorico di una convergenza di tutte le opposizioni su quella mozione, a scanso equivoci anche il PD correva ai ripari presentandone una sua insieme agli alfaniani, quella che è stata appunto approvata e che è stata definita “aria fritta” dai bersaniani e troppo “timida” dai cuperliani, delusi per l'occasione persa. E non certo perché a costoro importi un fico secco della “difesa della Costituzione” e baggianate simili, ma semplicemente perché gli preme salvarsi la poltrona, sapendo che con l'Italicum, con le prime cento candidature bloccate e presentabili in dieci collegi, decise insindacabilmente dal segretario premier, non avrebbero la minima probabilità di rientrare in parlamento.
Per la cronaca tutte le altre tre mozioni, quella di SEL-SI, quella del M5S e quella di FI-Lega-Fd'I, sono state respinte. Quella del M5S, che considerava irriformabile l'Italicum, chiedeva il ritorno a una legge elettorale proporzionale con preferenze e circoscrizioni piccole, cioè un proporzionale puro con soglia di sbarramento di fatto. Quindi la mozione di SEL-SI, e per estensione anche della sinistra PD, che chiedeva ambiguamente solo di “emendare” l'Italicum, senza metterne esplicitamente in discussione la sopravvivenza, era addirittura più a destra di quella del movimento di Grillo, che pure ora come ora avrebbe tutto l'interesse a lasciare le cose come stanno. Il che è tutto dire.
 
 
 

28 settembre 2016