Fallito il vertice Onu sui migranti e rifugiati
Non condiviso il progetto di dividersi il 10% dei profughi ogni anno

 
Il 19 settembre si è tenuto presso la sede delle Nazioni Unite a New York il vertice delle Nazioni Unite sui Rifugiati e i Migranti, con l’obiettivo di “migliorare il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati nell’affrontare la crisi migratoria e soprattutto quello di rafforzare un approccio fondato sulla tutela degli individui”, si legge sul sito dell'Onu. Si tratta della prima volta che l’Assemblea Generale propone un vertice sui rifugiati e migranti a sottolineare la gravità del fenomeno ma come spesso accade agli organismi internazionali dell'imperialismo il summit è partito con l'idea di “rappresentare un’opportunità storica per mettere a punto un programma che possa fornire una risposta mondiale coordinata ed efficace alla crisi migratoria” ed è terminato col consueto fallimento. Tanto che dopo una giornata di discussioni i paesi membri non hanno nemmeno condiviso il progetto di dividersi il 10% dei profughi ogni anno. E non poteva essere diversamente dato che i paesi imperialisti presenti non hanno neanche accennato alla questione che le guerre e la povertà che alimentano il flusso di migranti sono generate da loro stessi, dalla loro politica di guerra e di rapina delle risorse dei continenti e dei paesi più poveri.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), Filippo Grandi, ha sostenuto che con la Dichiarazione di New York con la quale si è concluso il summit “si chiede ai paesi che ne hanno possibilità di incrementare il numero di quote di reinsediamento e ricongiugimento per i rifugiati. Si fa inoltre appello ai paesi più ricchi affinchè riconoscano la loro responsabilità nel fornire finanziamenti umanitari in maniera tempestiva ed affidabile e investano significamente nelle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati. I paesi ospitanti sono chiamati ad aumentare le opportunità di lavoro per i rifugiati adulti e quelle di istruzione per i ragazzi. La Dichiarazione prevede anche l’impegno dei governi ad affrontare le cause profonde alla base dei numeri record di persone in fuga nel mondo”. Come si può notare si parla di impegni e di promesse ma zero impegni vincolanti. Che sarebbero necessari soprattutto verso i paesi ricchi considerando che il 90% dei rifugiati è ospitato in Paesi poveri mentre potenze economiche di tutto rispetto come Giappone, Brasile Russia hanno accolto in totale 25 nuovi rifugiati,
Ha fatto bella figura senza spendere nulla il presidente americano Barack Obama che al suo ultimo intervento all'Assemblea generale dell'Onu, di fronte al nulla del summit, ha potuto spendere gli impegni, seppur ridicoli: “oltre cinquanta nazioni che partecipano al Summit sui rifugiati (quello organizzato dalla Casa Bianca il 20 settembre in coda a quello Onu, ndr) il prossimo anno raddoppieranno l'accoglienza dei profughi, arrivando ad aprire le porte a 360 mila persone". Ha esaltato come una manna dal cielo l'impegno degli Usa per aumentare “il numero dei profughi reinsediati a 85 mila quest'anno, e 110 mila per il 2017” e l'elemosina di pochi miliardi di dollari stanziati per progetti a favore dei profughi.
Nel guardare ai milioni di persone costrette da violenze, guerre, catastrofi ambientali a lasciare le proprio case, ha affermato Obama, dobbiamo aiutarli, si deve "pensare a quello che faremmo se succedesse a noi, a nostri figli"; anche se ha ammonito i “rifugiati devono fare di più per adeguarsi agli usi e costumi dei Paesi ospitanti”. Frasi ipocrite dette dal presidente che guida la crociata antiislamica del gruppo di paesi imperialisti che in concorrenza con i rivali guiodati dalla Russia di Putin continuano a scaricare tonnelate di bombe sulla testa dei popoli mediorientali e del Nordafrica. E a generare vittime e profughi.
Invece il summit organizzato dagli Usa insieme a Canada, Etiopia, Germania, Giordania, Messico e Svezia, e a cui ha partecipato l'Italia, si è chiuso con una dichiarazione nella quale i paesi organizzatori registrano che "questa crisi (dei migranti,ndr), sebbene sia determinata in modo sproporzionato dal conflitto in Siria, è di natura globale, e quindi richiede una risposta globale e soluzioni politiche". Come se fossero osservatori distaccati della vicenda.
Quale sia l'emergenza drammatica raggiunta dal fenomeno della migrazioni era segnalato a chiari numeri persino nel rapporto annuale Global Trends dell’UNHCR, pubblicato il 20 giugno scorso con i dati relativi al 2015 dove si registra che le migrazioni forzate raggiungono i livelli più alti di sempre e che una persona su 113 è costretta alla fuga nel mondo.
Il rapporto, che traccia le migrazioni forzate nel mondo si attiene a dati ufficiali forniti dai governi, dalle agenzie che si occupano della questione e dai rapporti interni dell’organizzazione stessa, denunciava che sono circa 65,3 milioni le persone costrette alla fuga nel 2015, rispetto ai 59,5 milioni di un anno prima. Di queste ben 3,2 milioni sono in attesa di decisione sulla loro richiesta d’asilo in paesi industrializzati, il numero più alto mai registrato dall’UNHCR; 21,3 milioni sono i rifugiati, con un aumento di 1,8 milioni rispetto al 2014 e il numero più alto degli ultimi 25 anni; 40,8 milioni le persone costrette a fuggire dalla propria casa ma che si trovavano ancora all’interno dei confini del loro paese, il numero più alto mai registrato, in aumento di 2,6 milioni rispetto al 2014.
“Nel 2015 - denuncia il rapporto dell'UNHCR - guerra e persecuzioni hanno portato ad un significativo aumento delle migrazioni forzate nel mondo, che hanno toccato livelli mai raggiunti in precedenza e comportano sofferenze umane immense”. Circa un terzo dei rifugiati del mondo, tra quelli censiti dall'inchiesta, proviene da tre paesi: la Siria con 4,9 milioni di rifugiati, l’Afghanistan con 2,7 milioni e la Somalia con 1,1 milioni. Tre paesi vittime delle aggressioni imperialiste.
 

28 settembre 2016