La Camusso si barcamena per non disturbare troppo Renzi
La Cgil si schiera per il No ma si disimpegna dalla battaglia

L'Assemblea Generale della Cgil si è espressa a favore del NO al referendum costituzionale del prossimo autunno. L'ordine del giorno approvato a Roma l'8 settembre ha sciolto definitivamente gli interrogativi che erano rimasti dopo il Direttivo nazionale del 24 maggio. In quella occasione venne criticata la controriforma Renzi-Boschi ma i propri iscritti e i lavoratori non furono invitati a schierarsi per il NO, come invece sembrava logica conseguenza. Da questo punto di vista si tratta senz'altro di un passo avanti rispetto a quattro mesi fa anche se rimangono molti dubbi e riserve sull'effettivo coinvolgimento della Cgil nella battaglia referendaria.
La stessa analisi sulla natura della controriforma è debole e per certi aspetti fuorviante. Nel mettere subito le mani avanti dichiara di volersi attenere rigidamente a una “discussione tutta di merito delle modifiche costituzionali....non volendo essere rinchiusa in una logica di schieramento o pregiudiziale”. Del resto anche la Cgil auspica il superamento del “bicameralismo perfetto” e condivide “l'intenzione di cambiare l'equilibrio dei poteri tra Regioni e Stato, definito dalla modifica costituzionale del titolo V nel 2001”, ma “l'esito finale è sbagliato”.
Viene avvalorata l'idea che una riforma costituzionale sia necessaria e che il governo ci abbia provato, ma nonostante le buone intenzioni non ci sia riuscito e alla fine abbia fatto un pastrocchio che “attribuisce al Governo un eccesso di potere in materia legislativa....tale eccesso di potere non trova compensazione nelle disposizioni relative agli altri livelli istituzionali”. Addirittura ci si rammarica che “la semplificazione del procedimento legislativo che si voleva ottenere, con il superamento del bicameralismo perfetto, è vanificata dalla moltiplicazione dei procedimenti previsti a seconda della natura del provvedimento in esame”.
Dobbiamo purtroppo constatare che tra tutti i soggetti schierati per il NO (Anpi, sindacati non confederali, partiti, associazioni) la Cgil ha assunto una delle posizioni meno avanzate, evitando qualsiasi denuncia della natura neofascista e piduista della controriforma che scardina l'equilibrio dei poteri su cui si basano le democrazie parlamentari borghesi. Grazie all'abnorme premio di maggioranza della legge elettorale e all'abolizione del bicameralismo perfetto, con la fiducia al governo votata dalla sola Camera dei deputati (compreso la dichiarazione di guerra), e l'obbligo di quest'ultima di votare le leggi del governo entro 70 giorni, il presidente del Consiglio viene ad assumere una posizione nettamente prevalente rispetto al parlamento. Anche perché controllerà facilmente pure il nuovo Senato composto da consiglieri regionali e sindaci, altri nominati che faranno a gara per entrarci e acquisire l'immunità parlamentare. Da questa posizione di forza potrà poi nominare il presidente della Repubblica, 10 su 15 giudici della Corte costituzionale e un terzo del Consiglio superiore della magistratura.
Questi non sono “effetti collaterali” di una riforma sbagliata (come lasciano intendere la Camusso e il gruppo dirigente della Cgil) ma gli obiettivi precisi che già si poneva la loggia massonica P2 di Licio Gelli e portati avanti negli anni dai vari governi, in particolare da quelli di Craxi e Berlusconi, e adesso da Renzi. Obiettivi che di fatto cancellano definitivamente la Costituzione e la Repubblica parlamentare nata nel 1948 instaurandone una presidenziale nella forma del “premierato forte”, con l'aggravante che in Italia non avremo neanche quei “contrappesi” istituzionali per limitare il potere del Presidente (o premier) che solitamente esistono nei Paesi che adottano questo sistema.
In fondo al documento si annuncia finalmente la scelta e l'indicazione di votare NO “ferma restando la libertà di posizioni individuali diverse di iscritti e dirigenti, trattandosi di questioni costituzionali” e “la CGIL e tutte le sue Strutture, nel preservare la propria autonomia, non aderiscono ad alcun Comitato”. Precisazioni che fanno già presagire al disimpegno dalla battaglia referendaria. Insomma, un NO uscito quasi a forza, senza molta convinzione e dopo essersi barcamenati per mesi, rimanendo fuori dal dibattito per non disturbare il capo del governo e del PD. Un comportamento assai diverso da quello tenuto dall'Anpi; non a caso l'associazione dei partigiani è entrata subito nel mirino del nuovo duce Renzi e attaccata da molti esponenti del governo.
Alla fine però è stata costretta a pronunciarsi anche perché sull'altra sponda non si facevano problemi ad annunciare il sostegno al SI. Tra gli altri si sono espressi con molto calore a favore della controriforma i padroni, da Marchionne alla Confindustria, dalla Cisl all'ambasciatore Usa in Italia John Philip, che peraltro ha commesso una grave ingerenza, sebbene ciò sia una consuetudine dell'imperialismo americano. Anche stavolta vi sono state resistenze dentro la Cgil dalla parte più renziana di questo sindacato come il segretario della Filctem (chimici) Emilio Miceli, gli esponenti Fillea (edili) Alessandro Genovesi e Fabrizio Solari, il numero uno della Filt (trasporti) Alessandro Rocchi.
Nonostante si sia finalmente schierata la scelta di non aderire ai comitati per il NO conferma tutta l'ambiguità della Cgil sul referendum costituzionale. Perciò invitiamo gli iscritti e i lavoratori tutti a fare pressione nelle aziende e nelle strutture del sindacato a tutti i livelli, costringendo la Cgil ad andare oltre la posizione opportunista presa l'8 settembre, ad impegnarsi fattivamente per la vittoria del NO al referendum. Una battaglia antifascista che li riguarda in modo diretto perché la vittoria del SI comporterebbe la drastica riduzione della democrazia borghese e favorirebbe l'attuazione di controriforme che colpiscono i lavoratori e le masse popolari a favore dei padroni, come dimostra il Jobs Act.
 

28 settembre 2016