No al dispiegamento di soldati italiani ai confini della Russia

 
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in visita a Roma il 14 ottobre, rilasciava tra le altre una intervista a La Stampa nella quale annunciava che un contingente di soldati italiani sarebbe stato schierato in Lettonia, sotto comando canadese, nell'ambito della forza multinazionale composta da 4 mila uomini impegnati repubbliche baltiche e nella Polonia orientale a “difendere” le frontiere esterne di questi paesi con la Russia. “Sarete parte di uno dei quattro battaglioni dell’Alleanza schierati nei Paesi baltici. Pochi uomini, presenza simbolica in una forza simbolica da quattromila unità”, in una missione che “serve a dimostrare che ci siamo e siamo uniti, che abbiamo una difesa forte che garantisce la deterrenza, mentre vogliamo tenere aperto il dialogo col Cremlino”, dichiarava Stoltenberg nell'intervista.
Sì è vero, confermava per il governo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni al quale non restava che precisare che ammontano a 140 i soldati italiani che partiranno nella primavera del 2017, secondo l'impegno assunto dall'Italia con la Nato nel vertice di Varsavia dello scorso luglio. Il governo Renzi si era assunto un impegno di tale gravità e non aveva informato nessuno? Ma non c'è niente di cui preoccuparsi, avvertiva lo stesso giorno la ministra della Difesa Roberta Pinotti, incalzata dalle domande dei giornalisti a margine del suo intervento all'assemblea nazionale dell'Anci a Bari, e dichiarava che “al vertice di Varsavia è stata data anche dall'Italia la disponibilità a fornire una compagnia, con numeri non molto consistenti, all'interno di un'organizzazione che prevede il coinvolgimento di moltissime nazioni della Nato. È stato deciso a Varsavia e noi saremo in Lettonia”. Un impegno, sottolineava Pinotti, non contraddice la politica dell'Italia nei riguardi di Mosca, che “è sempre stata quella di dire che ci vuole il dialogo. Pensiamo che con la Russia si debba dialogare”. Mandiamo i soldati ma siamo impegnati nel dialogo, è un discorso di una tale ipocrisia imperialista che solo le facce di bronzo del governo Renzi, premier in testa, hanno l'arroganza di sostenerlo.
Il dialogo con Mosca condotto coi soldati schierati ai suoi confini non ci pare abbia grandi prospettive sia per la risposta di Mosca, con la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova che denunciava: “la politica della Nato è distruttiva. L’Alleanza è impegnata nella costruzione di nuove linee di divisione in Europa invece che di profonde e solide relazioni di buon vicinato”; sia perché questa mossa fa parte della politica dell'imperialismo americano di accerchiamento della Russia di Putin, che registra una escalation a partire dall'intervento nella crisi in Ucraina. L'Italia imperialista partecipa in prima fila coi suoi soldati, facendo finta che sia un normale e tranquillo atteggiamento diplomatico. E che tenta di salvare capra, il ruolo di primo piano nelle schieramento imperialista della Nato, e cavoli, gli affari soprattutto quelli energetici con l'imperialismo russo.
Il vertice Nato dell'8 e 9 luglio a Varsavia in Polonia aveva messo al primo posto la guerra allo Stato islamico, e in nome della guerra al terrorismo confermato il prolungamento dell'occupazione dell'Afghanistan; il secondo "nemico" in ordine di importanza della Nato era la Russia di Putin che il vertice accusava di condurre "azioni destabilizzanti" fra le quali “le provocatorie attività militari in prossimità delle frontiere dei paesi Nato nelle regioni del Baltico, del Mar Nero e del Mediterraneo orientale”. Cui la Nato rispondeva con altrettanto provocatorie manovre militari nelle regioni del Baltico. I leader della Nato decidevano inoltre di dispiegare per la prima volta reparti militari nei Paesi Baltici e nella Polonia orientale per rassicurare "quegli alleati che un tempo erano satelliti dell'Urss". Del nuovo contingente di circa 4 mila soldati, almeno mille saranno quelli Usa in Polonia mentre la Germania guiderà il battaglione in Lituania, la Gran Bretagna sarà responsabile per la difesa dell'Estonia e il Canada per la Lettonia. Anche la Francia prometteva un contributo di truppe. Come pure l'Italia, ma lo sappiamo solo ora.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi a Varsavia accennava ai timori di quei Paesi, le repubbliche baltiche, che "in Europa avvertono la necessità di una risposta più forte in termini di deterrenza nei confronti della Russia”. Ma non pronunciava nessuna parola sugli impegni che in sordina stava prendendo. Lo si è appreso solo tre mesi dopo dalle dichiarazioni di Stoltenberg.
Dal ministero della Difesa respingevano le accuse e facevano presente che Pinotti e Gentiloni avevano informato le commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato lo scorso 26 luglio. Fosse vero, l'informazione è rimasta in quelle stanze e non sarebbe solo il governo ma anche la cosiddetta opposizione parlamentare a fare il pesce in barile.
Il ministro Gentiloni nel giustificare l'invio dei soldati italiani in Lettonia sosteneva che la decisione in sede Nato era stata presa ben prima del riaccenderesi della crisi siriana e quindi il piano Nato per l'Europa Orientale non era una ritorsione per i raid russi su Aleppo a sostegno dell'offensiva militare del regime di Assad. Non è una ritorsione per l'intervento russo in Siria garantisce Gentiloni, è ancora peggio, è una decisione che rientra nel confronto imperialista a tutto campo sulla scena mondiale tra Usa e Russia. Col governo imperialista di Renzi sempre più in prima fila, con le recenti decisioni dei 300 soldati schierati a Misurata in Libia agli oltre mille schierati a protezione della diga di Mosul in Iraq. I soldati italiani devono tornare a casa e non ne devono partire altri, compresi quelli che saranno dispiegati ai confini della Russia.
Nella direzione opposta va il governo Renzi che come rivela il segretario generale della Nato Stoltenberg “sempre nel 2018 l’Italia sarà nazione guida nel Vjtf”, la Task Force di azione ultrarapida, la “punta di lancia” della Nato in grado di intervenire in cinque giorni in caso di emergenza che sarà schierata sulla frontiera Est.

19 ottobre 2016