Appalti in cambio di soldi e auto di lusso
Tangenti in Marina
Arrestati un capitano e un tenente

Non deve stupire che si allarghi ulteriormente lo scandalo che a partire dal marzo 2014 ha investito la marina militare italiana, e di cui ci siamo già occupati (si veda Il Bolscevico n. 6 del 12 febbraio 2015, p. 6), e che riguarda un’inchiesta della procura della Repubblica di Taranto su un gigantesco giro di mazzette, di tangenti e di concussione che coinvolge tale forza armata, al cui interno alcuni militari addetti alla gestione dei contratti relativi alle forniture intascavano sistematicamente il 10% complessivo del valore degli appalti dalle ditte fornitrici, distribuendo i proventi in base al grado e alla funzione svolta nell’organizzazione criminale.
Ricordiamo brevemente che nel marzo 2014 fu arrestato a Taranto il capitano di fregata Roberto La Gioia e nel gennaio dell’anno successivo furono arrestati nell’ambito della stessa inchiesta, tra Roma, Napoli e Taranto, altri sei ufficiali della marina militare e un funzionario del ministero della Difesa.
Nell’ordinanza di custodia cautelare del gennaio 2015 anzi i PM sottolineavano che i membri della banda militare “chiedevano il pizzo come mafiosi”, in quanto nel chiedere - o meglio nell’imporre - le tangenti agli imprenditori i marinai ricordavano a questi ultimi che essi giravano armati.
Il pizzo veniva imposto "in modo rigido e con brutale e talora sfacciata protervia", scrive il gip Pompeo Carriere nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere le sette persone a gennaio 2015, e aggiunge che l’ignobile prassi di imporre il pizzo del 10% andava avanti da almeno dieci anni, e che tale consuetudine criminale si trasferiva da un comandante all'altro, come se fosse un passaggio di consegne.
Lo scorso 15 settembre, nell’ambito della medesima inchiesta, la vicenda si arricchisce di un ulteriore capitolo con l’arresto, in flagranza di reato e con l’accusa di corruzione, del cinquantaseienne comandante della base marittima Maricommi di Taranto, il capitano di vascello Giovanni Di Guardo, fermato dai finanzieri mentre riceveva in un vicolo del centro storico di Taranto 2.500,00 euro da uno degli imprenditori titolari degli appalti della marina, Vincenzo Pastore, presidente della cooperativa Taoma.
Interrogato immediatamente dai magistrati tarantini, il capitano Di Guardo ha subito indicato come sua complice la trentunenne tenente di vascello Francesca Mola, responsabile dell’ufficio contratti della direzione di Commissariato di Taranto, arrestata due giorni dopo con le accuse di concorso in corruzione e turbativa d’asta: secondo l’accusa, che da tempo indagava su Di Guardo e sulla Mola ma le cui prove di responsabilità sono emerse solo dopo che il primo è stato sorpreso a ricevere il denaro e la seconda è stata esplicitamente accusata dal suo comandante, i due ufficiali avevano raggiunto un accordo con Pastore per pilotare una gara d’appalto da 11 milioni e 300mila euro in tre anni per le pulizie nelle basi della Marina militare di Taranto e Napoli, e in cambio avrebbero ricevuto circa 200mila euro e auto di lusso.
Queste circostanze hanno avuto riscontro anche dalle ammissione di Pastore.
La Mola è stata arrestata nella sua abitazione di Crispiano, a pochi chilometri da Taranto, e portata in carcere su ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Valeria Ingenito, che ha anche sequestrato tutti i conti correnti intestati alla militare, da cui risulta che la giovane donna ha già ricevuto, con più versamenti a suo favore e con giustificazioni fittizie,  un anticipo sulla somma dell’accordo di circa 12.500 euro dal Pastore.
 

19 ottobre 2016