Chiusura delle sedi di Roma, Napoli e Palermo
Almaviva licenzia tremila call-center
Manifestazioni e sit-in di protesta dei lavoratori. A Palermo occupata la sede di via Marcellini

Lo scorso 5 ottobre Almaviva Contact, società controllata dalla multinazionale Almaviva, uno dei maggiori gestori di call-center a livello internazionale ha denunciato l'accordo del 31 maggio scorso siglato con sindacati e Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) e ha confermato la chiusura delle sedi di Roma, Napoli e Palermo con una raffica di oltre tremila licenziamenti: 1.666 a Roma, 845 a Napoli più i 330 palermitani, fra cui molte mamme con figli piccoli, deportati dal capoluogo siciliano e costretti a trasferirsi in Calabria a Rende (CS) con un salario medio di 700 euro al mese.
La vertenza Almaviva che va avanti da oltre sette mesi è l'emblema del fallimento delle politiche del lavoro attuate dal nuovo duce Renzi e dal suo tirapiedi Poletti col Jobs Act che sta gettando sul lastrico milioni di lavoratori e disoccupati sacrificati sull'altare del massimo profitto capitalista dai padroni che proprio grazie alle truffaldine “clausole di salvaguardia” promuovono licenziamenti di massa, serrate, delocalizzazione selvaggia, drastico taglio dei salari e azzeramento di ogni diritto e tutela sindacale.
Nella giungla dei call-center di fatto non esistono più regole e la concorrenza è spietata. I committenti sono tutte multinazionali, spesso a partecipazione statale, come ad esempio, Telecom, Enel, Poste italiane, che offrono solo appalti al massimo ribasso. Mentre le grandi società di contact center, anche queste in buona parte a partecipazione pubblica, che si accaparrano le commesse a prezzi stracciati poi scaricano tutto sulla pelle dei lavoratori schiavizzandoli con stipendi da fame e ricattandoli con la minaccia del licenziamento.
É il caso ad esempio di Exprivia, che è subentrata ad Almaviva nella gestione della commessa Enel a partire dal 1 gennaio 2017, e non intende farsi carico nella sua sede di Molfetta (Ba) del personale del contact center di Palermo infischiandosene delle cosiddette “clausole di salvaguardia” che garantiscono solo gli interessi dei padroni e non certo quelli dei lavoratori e che, in caso di riassunzione, subiranno come minimo il totale azzeramento degli scatti di anzianità e dei punteggi maturati cossicome le varie professionalità e la dignità dei lavoratori.
Il 19 ottobre i lavoratori Almaviva, con alla testa i 154 deportati a Rende, hanno occupato i locali della società. Sulla terrazza dell’edificio hanno affisso alcuni striscioni contro i licenziamenti, per dire “no alla deportazione” e per chiedere “più diritti, più occupazione e meno delocalizzazione”. Mentre altri lavoratori hanno simbolicamente messo catenacci al cancello del call-center inscenando un picchettaggio.
Immediata e feroce la reazione dei vertici aziendali che hanno chiesto l'intervento della polizia e della Digos. Per scongiurare la minaccia di sgombero forzato, i dipendenti hanno trasformato l’occupazione in assemblea permanente. La protesta è proseguita anche il giorno successivo coi lavoratori che per l’intera mattinata hanno manifesteto davanti alla sede di via Cordova per far “capire al nostro amato presidente che dietro 3.200 lavoratori ci sono 3.200 anime che da 15 anni continuano a lavorare con professionalità e spirito di abnegazione, ricordiamoci tutti che #siamotuttialmaviva non può essere solo uno slogan”.
Mentre nel pomeriggio si è svolto un sit-in davanti alla Prefettura, proprio nelle ore in cui al Mise la trattativa sarà entrata nel vivo. In serata la protesta si è spostata davanti al teatro Santa Cecilia dove Renzi, invitato a una manifestazione per il Si al referendum del 4 dicembre, è stato sonoramente contestato da operai e studenti.
Il vertice fra sindacati e Mise del 20 ottobre presieduto direttamente dal ministro Carlo Calenda non ha sortito buoni risultati per i lavoratori. La proposta di Almaviva è un vero e proprio ricatto!
Per quanto riguarda i trasferimenti da Palermo a Rende i vertici aziendali si sono detti disponibili a sospendere la deportazione dei lavoratori ma in cambio pretendono la ricontrattazione al ribasso dei livelli retributivi, azzeramento degli scatti di anzianità, applicazione del jobs act e soprattutto eslusione dell’art.18.
In sostanza: o i lavoratori accettano le condizioni al ribasso e rimangono Palermo oppure saranno trasferirti a Rende con la promessa a dir poco beffarda di mantenere gli attuali livelli retributivi da fame.
La seconda parte del ricatto aziendale riguarda invece quella parte di lavoratori Almaviva che dovrebbe essere assorbita da Exprivia la quale addirittura vuole imporre condizioni ancora peggiori “al limite dell'inaccettabile” secondo Maurizio Rosso e Rosalba Vella del Slc-Cgil.
L’azienda barese ha presentato un piano in cui si rende disponibile ad assumere 297 su 395 della “commessa Enel”, un numero maggiore rispetto alle previsioni: 14 full time, 79 part-time a sei ore, 204 part-time a quattro ore. Ma in cambio pretende “l'azzeramento di tutti i diritti e gli istituti salariali - denuncia il Slc-Cgil – Si tratta di un arretramento economico e civile molto grave. In questi mesi abbiamo introdotto le clausole sociali come elemento di civiltà, per poi continuare e erodere salario e professionalità ai lavoratori”. Anche Enzo Campo, segretario della Camera del lavoro, giudica “poco soddisfacente l’incontro al Mise” perché ai lavoratori “è stata prospettata la possibilità di perdere il 30 per cento dello stipendio col trasferimento a Rende”.
Non va meglio nemmeno ai 600 lavoratori del call-center “Qè” di Paternò che da settimane aspettano un incontro alla Regione per conoscere i nuovi probabili acquirenti della loro azienda oggi fallita ma con le commesse attive.
Dopo numerose proteste, per mercoledì 26 ottobre i lavoratori hanno organizzato una manifestazione a Palermo davanti alla presidenza della Regione per chiedere certezze. “Vogliamo esprimere il nostro dissenso – scrivono i lavoratori Qè - verso la Regione che ad oggi non ha convocato nessun tavolo tecnico rispetto alla dolorosa vertenza delle lavoratrici e dei lavoratori Qè. Ecco perché invitiamo tutti a sostenerci con una manifestazione a Palermo per chiedere ancora una volta il diritto a continuare a lavorare”.
Intanto i lavoratori non mollano la piazza e, in vista del prossimo incontro al Mise del 26 ottobre, sono in programma una serie di assemblee per decidere il da farsi, a cominciare dal coinvolgimento degli oltre 2mila lavoratori che rischiano il posto anche nelle sedi di Roma e Napoli.

26 ottobre 2016