Italia centrale devastata
Solidarietà ai terremotati
Ricostruire tutto, bene e subito. Risarcire i danneggiati. Lavoro a chi l'ha perso. L'ultima parola alle popolazioni interessate. Appoggiamo i volontari e le donazioni
L'Italia continua a crollare perché sono inapplicate le norme antisismiche

A distanza di due mesi e mezzo dal terremoto del 24 agosto scorso, il primo dei tre gravi eventi sismici che nella seconda parte di quest’anno ha colpito il nostro Paese, è possibile fare un resoconto, seppure sommario, delle distruzioni che sono state provocate direttamente dai sommovimenti tellurici, ma indirettamente anche dalla mancata o approssimativa ottemperanza, da parte degli enti interessati, della normativa antisismica che, qualora attuata, avrebbe potuto certamente ridurre fortemente i gravissimi danni ed evitare la perdita di tante vite umane.
La prima forte scossa che ha colpito l’Italia centrale si è avuta la notte del 24 agosto 2016 e ha avuto una magnitudo di 6,0 della scala Richter, con epicentro situato lungo la Valle del fiume Tronto, tra i Comuni di Amatrice, Accumoli (entrambi in provincia di Rieti) e di Arquata del Tronto (in provincia di Ascoli Piceno).
Tre ulteriori potenti scosse di potenza similare si sono verificate quindi durante la giornata del 26 ottobre 2016 con epicentri nel territorio appenninico della provincia di Macerata al confine tra le Marche e l’Umbria, tra i Comuni di Visso, Ussita e Castelsantangelo sul Nera.
Infine, la mattina del 30 ottobre è stata registrata la scossa più forte, di magnitudine 6,5 della scala Richter, con epicentro tra i Comuni di Norcia e Preci, in provincia di Perugia.
 
I danni nelle Marche
Le Marche, dove su cinque Province (Pesaro e Urbino, Ancona, Macerata, Fermo e Ascoli Piceno) solo quella di Pesaro e Urbino non ha ricevuto alcun tipo di danno, sono certamente la regione che ha subito le maggiori devastazioni materiali, alle abitazioni, alle strutture produttive industriali, agricole e commerciali, agli edifici artistici e monumentali e alle vie di comunicazione, dagli eventi tellurici che hanno colpito l’Italia centrale.
Secondo la nota del Dipartimento nazionale della protezione civile pubblicata 4 novembre i residenti nei Comuni di questa regione costretti ad abbandonare la propria abitazione erano già stimati in oltre 22.000 persone, un numero che però rischia di aumentare drammaticamente, dei quali oltre 14.000 hanno trovato rifugio in strutture di prima accoglienza allestite a livello comunale, circa 830 in strutture ricettive sul territorio e oltre 7.000 negli alberghi della costa marchigiana, per cui anche sotto tale profilo le Marche risultano la regione più colpita.
In provincia di Ascoli Piceno il comune di Arquata del Tronto, che ha visto la sua frazione di Pescara del Tronto rasa completamente al suolo, è quello che lamenta le maggiori distruzioni dalla scossa del 24 agosto che ha provocato 51 morti e ingenti distruzioni, e a seguito delle scosse del 26 e del 30 ottobre si sono avuti crolli o lesioni a edifici soprattutto nei Comuni di Acquasanta Terme, Force, Maltignano e Montegallo, e ci sono stati danni minori nei Comuni di Castel di Lama, Montemonaco e nello stesso capoluogo Ascoli Piceno.
La provincia di Macerata è quella che ha senz’altro subito danni materiali maggiori, tutti provocati dai sismi del 26 e del 30 ottobre. In provincia di Fermo si sono avute lesioni soprattutto nei Comuni di Montefortino, Monteleone di Fermo, Santa Vittoria in Matenano e nello stesso capoluogo Fermo, dove numerosi edifici storici risultano lesionati. In provincia di Ancona, infine, danni limitati sono stati registrati nei Comuni di Fabriano, Maiolati Spontini, Sirolo e nello stesso capoluogo Ancona dove alcune famiglie sono state sgomberate dalle loro abitazioni
 
I danni nel Lazio
Il Lazio ha pagato il prezzo più caro in termini di vite umane, e gravi sono stati anche i danni materiali alle abitazioni, al patrimonio artistico, alle attività produttive e alle vie di comunicazione anche se finora ha visto un numero ridotto di sfollati. Sono state colpite soprattutto località in provincia di Rieti, in modo particolare nei Comuni di Amatrice e di Accumoli che hanno lamentato rispettivamente 236 e 11 morti a seguito della scossa del 24 agosto, oltre a ingenti distruzioni materiali, aggravate dal sisma del 30 ottobre, in entrambi i centri abitati e in quasi tutte le frazioni, mentre nella stessa provincia si sono avute in conseguenza della scossa del 30 ottobre lesioni di edifici nei Comuni di Cittareale e di Leonessa.
In provincia di Viterbo sono stati lesionati alcuni edifici della storica cittadina di Bagnoregio e della sua frazione di Civita.
 
I danni nell’Umbria
Passando all’Umbria, il suo patrimonio artistico è sicuramente quello messo a più dura prova dal terremoto, e ingentissimi danni si sono avuti anche nell’edilizia civile e in quella destinata alle attività produttive. La provincia di Perugia era stata colpita già il 24 agosto, ma i danni maggiori li ha ricevuti dalle scosse del 26 ottobre e da quella del 30 ottobre, soprattutto da quest’ultima. Il comune più colpito della provincia è quello di Norcia, dove una donna è morta di infarto e moltissimi immobili del centro storico, tra cui le mura medievali, edifici storici e chiese di grande valore artistico - tra cui San Benedetto, San Salvatore a Campi e Santa Maria delle Grazie - hanno subito gravissimi danni o crolli. Danni ingenti sia all’edilizia civile sia alle strutture produttive si sono avuti anche nelle frazioni di Castelluccio, San Pellegrino e Frascaro, così come nel comune di Preci, dove è parzialmente crollata l’antichissima abbazia di Sant’Eutizio. Nel resto della provincia danni, per quanto di minore entità rispetto a quelli di Norcia e Preci, si sono registrati anche nei Comuni di Assisi, Bevagna (dove una donna è morta d’infarto), Cascia, Foligno e Monteleone di Spoleto.
La provincia di Terni, anche se meno colpita rispetto a quella di Perugia, lamenta danni ad alcune costruzioni nei Comuni di Acquasparta, Amelia, Calvi nell’Umbria, Orvieto e nello stesso capoluogo Terni.
 
I danni nell’Abruzzo
Infine non bisogna dimenticare l’Abruzzo che, ancora sotto lo schiaffo degli effetti del terremoto del 2009 che devastò soprattutto la provincia dell’Aquila, non è stato certo risparmiato dagli eventi tellurici di quest’anno i cui danni vanno a sommarsi a quelli provocati sette anni fa.
Per ciò che riguarda la provincia di Teramo, si sono avuti crolli e danni a edifici nei Comuni di Montorio, Rocca Santa Maria, Torricella, Valle Castellana (dove una donna è morta d’infarto) e dello stesso capoluogo Teramo.
La provincia dell’Aquila, dal canto suo, lamenta crolli e danni nei Comuni di Capitignano, Campotosto, Montereale e nello stesso comune dell’Aquila.
 
La solidarietà immediata e il necessario programma di ricostruzione
Grande è stata la solidarietà, alla quale si unisce in modo fraterno il Partito marxista-leninista italiano e il suo organo “Il Bolscevico”, alle popolazioni interessate sia in occasione del sisma del 24 agosto sia in occasione degli eventi tellurici della fine di ottobre. Anche in questa occasione insieme alla Protezione civile e ai Vigili del fuoco sono accorsi un esercito di volontari da ogni parte d'Italia.
Sono state immediatamente aperte sottoscrizioni e raccolta di generi di prima necessità già dalla prima scossa del 24 agosto, e aiuti concreti sono pervenuti sui territori colpiti da tutte le regioni italiane.
Il governo deve ricostruire tutto, bene e in tempi rapidi, evitando gli scandali che contraddistinsero le passate ricostruzioni e facendo tesoro degli esempi negativi, risarcendo i danneggiati e le loro attività sul territorio evitando così sia un tracollo economico nelle zone interessante dalle distruzioni, e così facendo impedendo lo spopolamento soprattutto dei territori di montagna che hanno negli ultimi decenni visto la loro popolazione diminuire.
Ovviamente anche la ricostruzione delle infrastrutture viarie e il restauro dei monumenti deve essere finalizzato, oltre che alla salvaguardia delle tradizioni dei territori colpiti, anche al ripristino nel più breve tempo possibile di un minimo flusso turistico in direzione di quelle tante località e borghi caratteristici che vedono appunto in questo settore economico una voce importante della loro economia.
Come si vede, la ricostruzione il più possibile fedele - ma stavolta con rigorosi criteri antisismici - dei borghi danneggiati risponde non soltanto alla richiesta di coloro che in quelle zone sono sempre vissuti, ma anche alla tutela delle identità di questi territori. Una ricostruzione non calata o imposta dall'alto ma su cui l'ultima parola deve spettare sempre alle popolazioni interessate, le quali hanno già fatto sentire la propria voce forte e chiara ad Accumoli come a Pescara del Tronto, a Visso come a Norcia, a Castelsantangelo come a Camerino, affinché la loro permanenza in alberghi lontani sia breve, affinché la ricostruzione sia rapida e tesa al ripristino nel minor tempo possibile dell’estetica degli edifici - pur con rigorosi criteri antisismici - e alle condizioni che consentano la ripresa e la difesa del lavoro e delle loro attività economiche.
I fondi il governo può trovarli tagliando drasticamente spese come quelle militari: si pensi che, in base ai dati del Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2015-2017 l’Italia ha speso lo scorso anno 4,7 miliardi solo per l’acquisto di aerei e navi da guerra, carri armati, missili e armi individuali, mentre altri 10 miliardi sono stati dilapidati soprattutto per alimentare un vero e proprio esercito di ufficiali, del tutto sproporzionato nell’ambito del numero degli effettivi delle forze armate. Altri risparmi possono essere attuati sia dallo Stato sia dalle Regioni sui costi della politica, su prezzolate e inutili consulenze, su scandalosi privilegi, su pensioni d’oro ecc.
 
La mancata applicazione delle norme antisismiche
E' vero che il terremoto è un evento fortuito e non prevedibile, ma è vero anche che molti dei danni provocati dagli ultimi eventi sismici si sarebbero potuti evitare, o quantomeno drasticamente ridurre, con l'attuazione delle normative antisismiche che in tanti casi non vengono attuate o troppo spesso vengono gestite in modo tale da lasciare ampi spazi alla corruzione.
In un’intervista a Il Fatto Quotidiano del 25 agosto scorso l’ingegnere sismico e docente universitario Alessandro Martelli, prendendo una chiara posizione contro la mancata applicazione delle norme antisismiche da parte degli enti interessati, sosteneva che “l’80% dei fabbricati nelle zone ad alto rischio non reggerebbe un terremoto come quello della scorsa notte. Crollerebbero tutti ”.
Che le parole di questo esperto non si riferissero soltanto a vecchie case costruite secoli fa fu subito evidente dal crollo totale il giorno prima ad Amatrice dell’edificio - che risultava dai documenti appena ristrutturato con criteri antisismici - che ospitava l’istituto scolastico ‘Romolo Capranica’, e parimenti fu evidente dal crollo, ad Accumoli, del campanile della chiesa di San Francesco, appena finito di restaurare con i fondi del terremoto del 2009 e dichiarato antisismico.
Nel crollo della scuola non ci furono vittime solo ed esclusivamente perché il terremoto avvenne di notte, mentre il collasso del campanile provocò la morte di 4 persone, una giovane coppia con i due figli.
È vero infatti che l’Italia ha gradualmente adeguato la sua legislazione, negli ultimi decenni, per ciò che riguarda il controllo e la messa in sicurezza degli edifici in funzione antisismica, ma spesso e volentieri tali normative restano lettera morta e non vengono attuate, a cominciare dallo stesso governo centrale che stanzia ben poco per la prevenzione.
Nonostante l’Italia sia un Paese a forte rischio sismico, i governi borghesi non hanno mai deliberato lo stanziamento di fondi finalizzati a mettere in sicurezza quantomeno gli edifici pubblici, o a garantire sgravi fiscali per i privati che intendano fare lavori in tal senso, e manca soprattutto una risposta organica e un programma preciso per iniziare a lavorare in tal senso.
Parimenti, e questa è una grave deficienza legislativa, manca l’obbligo di una vera mappa di rischio dei fabbricati.
Eppure da anni un qualificato organismo tecnico come il Consiglio nazionale dei geologi chiede a gran voce, ma invano, che sia approvata una legge che renda obbligatorio un ‘fascicolo del fabbricato’ che contenga tutte le informazioni compresi gli interventi sull’immobile titolare, e quindi comprese le eventuali precauzioni antisismiche adottate dal fabbricato.
E' quindi una precisa istanza politica quella volta a garantire la salvaguardia della vita, dell’incolumità e dei beni, istanza che dovrebbe essere garantita soprattutto in un Paese nel quale, come documenta l’Istituto nazionale di geofisica e di vulcanologia, 24 milioni di persone - nell’area che parte dalla fascia appenninica a sud dell’Umbria e giunge fino in Calabria e parte della Sicilia - vivono in zone ad elevato rischio sismico.
La cultura della prevenzione, che ripaga ampiamente anche in termini di spesa pubblica oltre che in termini di sicurezza collettiva percepita dalle popolazioni, deve pertanto essere adottata rispetto a quella dell’emergenza, e devono essere stanziati dal governo tutti i fondi necessari a garantire al massimo e per quanto possibile l'incolumità delle popolazioni dal rischio derivante dai terremoti.

9 novembre 2016