Mattarella esalta il regime sionista-nazista di Israele

Con la visita di Stato di ben 4 giorni in Israele, Sergio Mattarella ha stretto ulteriormente il doppio filo che da Berlusconi in poi lega i governi e lo Stato italiani al regime sionista-nazista di Israele. Questa visita segue e consolida infatti quella trionfale del nuovo duce Renzi nel luglio 2015, corso a Tel Aviv a rendere omaggio al duce israeliano Netanyahu, ricevendone in cambio ovazioni senza precedenti tributate dal parlamento sionista ad un ospite di un governo amico.
La composizione stessa della folta delegazione che ha accompagnato il capo dello Stato, piena di presidenti e alti rappresentanti delle più note istituzioni filosioniste italiane, il fitto calendario di visite e cerimonie centrate invariabilmente sull'esaltazione nazionalistica di Israele e sulla stretta amicizia tra i due Stati, nonché la fugace visita ai territori palestinesi condotta alla stregua di una provincia distaccata di Israele, dimostrano infatti che la missione del presidente italiano era tutt'altro che quella dichiarata ufficialmente di favorire il processo di pace, ma bensì di rafforzare esclusivamente l'alleanza di ferro – economica, politica, militare e culturale – tra l'Italia del nuovo duce Renzi e il regime nazi-sionista di Netanyahu.
A guastare una visita tanto accuratamente organizzata dai due governi non è bastata nemmeno la rozza e clamorosa gaffe che, proprio alla vigilia della partenza di Mattarella, ha avuto per protagonista il viceministro israeliano della Cooperazione regionale, Ayooub Kara, che durante una visita in Vaticano aveva definito il terremoto in Italia centrale “una punizione divina all'Italia per la sua astensione sulla risoluzione dell'Unesco sulla città vecchia di Gerusalemme”. Astensione che pure era stata sconfessata platealmente dallo stesso Renzi, che l'aveva definita “una vicenda allucinante”, ma evidentemente ai più oltranzisti del regime nazi-sionista, che aveva sollevato la pretestuosa e del tutto falsa questione del non riconoscimento dei nomi ebraici dei luoghi sacri di Gerusalemme, ciò non era bastato.
La delirante dichiarazione di Kara rischiava di gettare un'ombra pesante sul viaggio di Mattarella, così grave che neanche le scuse burocratiche dell'ambasciatore israeliano in Italia erano in grado di cancellare. Perciò Mattarella, per non dare pubblica prova di servilismo e disonorare il Paese, aveva chiesto tramite il ministro degli Esteri Gentiloni un intervento più energico dello stesso governo di Tel Aviv, che comunque solo dopo alcune ore si era deciso a inscenare le sue scuse ufficiali e a sconfessare il suo viceministro, permettendo così a Mattarella di salvare la faccia e iniziare il suo viaggio. Anzi, in segno di riconoscenza per il “gesto di attenzione” del governo di Netanyahu, il Capo dello Stato rilasciava una dichiarazione con cui definiva “inammissibile” il boicottaggio dei prodotti israeliani.

Un'alleanza che “niente può distruggere”
Ad ogni modo, la riprova che l'”incidente” tra i due Paesi non solo era da considerarsi chiuso, ma non era nemmeno mai stato realmente aperto, la si è avuta il primo giorno stesso della visita, durante la cerimonia della piantumazione di un albero da parte di Mattarella alla Foresta delle Nazioni di Gerusalemme, quando il presidente del KKL, la “onlus” che promuove il rimboschimento di Israele da tutto il mondo (anche rubando l'acqua ai territori palestinesi), Daniel Atar, ha chiesto “ancora scusa per le parole poco sagge del viceministro”. E Mattarella ha risposto senza battere ciglio che “l'amicizia tra Israele e Italia è forte e non c'è nulla che possa metterla in discussione, ed è un'amicizia proiettata nel futuro”.
Neanche un'offesa bruciante e intollerabile come quella alle vittime del terremoto e a tutta l'Italia, evidentemente! Un'offesa che se fosse stata fatta ad un governo straniero meno compiacente di quello di Renzi sarebbe costata quantomeno le dimissioni del responsabile, invece di una dichiarazioncina formale di scuse, e per giunta solo dietro pressione diplomatica e con svariate ore di ritardo. Ma tant'è. Del resto, a dimostrare l'ipocrisia delle “scuse” israeliane, e che gli oltranzisti sionisti non intendono affatto rinunciare a premere arrogantemente sul nostro Paese per pretendere di disconoscere la risoluzione dell'Unesco, ci ha pensato il presidente del KKL Italia, Raffaele Sassun, presente alla cerimonia, che non ancora soddisfatto delle compiacenti parole di Mattarella, ha chiosato: “Sono particolarmente orgoglioso in quanto ebreo italiano che il Presidente Mattarella sia stato a Gerusalemme, a piantare un albero in una Foresta KKL, creata insieme all’Unesco, proprio oggi che l’Unesco non riconosce più le radici giudaico-cristiane della capitale (sic) di Israele. Sono convinto che il Presidente tornando in Italia, dopo aver visitato questi luoghi sacri per tutti, si adopererà per cercare di intervenire contro le assurdità che allontanano dalla pace”.
Anche su questa aberrante e nazistoide dichiarazione l'ineffabile inquilino del Quirinale non ha avuto nulla da obiettare. Anzi, in questo come in tutti gli altri incontri ufficiali in cui ha fatto dichiarazioni, non ha mai mancato di esaltare Israele e la indissolubile alleanza tra i due Stati. Come quando, nell'incontro avuto il giorno successivo col presidente israeliano Reuven Rivlin, si è spinto fino ad affermare che “Israele, con la sua vitale democrazia, costituisce un modello per tutta la regione. L'Italia sarà costantemente dalla parte di Israele ogni qualvolta il suo diritto e dovere di esistere venisse minacciato o posto in dubbio”.
E per concretizzare il concetto si è scagliato contro il terrorismo che, ha detto, “non ha alcuna giustificazione. Siamo dalla parte delle vittime innocenti e continueremo attivamente a contrastare ogni incitamento alla violenza, da qualunque parte provenga. Il contrasto al terrorismo costituisce oggi uno dei punti prioritari dell'agenda della comunità internazionale”.
Dichiarazione il cui significato sottinteso è che l'Italia sta risolutamente dalla parte di Israele quando tratta i combattenti palestinesi come terroristi, e contro il popolo palestinese quando questi è costretto a ricorrere alla violenza contro la violenza nazista e i soprusi degli occupanti nazi-sionisti. E che questo sia il vero pensiero dell'inquilino del Quirinale è dimostrato anche dai suoi ringraziamenti finali al suo omologo israeliano, quando lo ha ringraziato per l'accoglienza “qui a Gerusalemme, città in cui Israele si riconosce”. Non è arrivato fino a dire “città capitale di Israele” come il sionista Sassun, ma il concetto è quello.

Riconoscimento dell'occupazione israeliana
Questa scandalosa legittimazione di fatto dell'occupazione israeliana di Gerusalemme e dei territori palestinesi è confermata inoltre dalla visita effettuata il 1° novembre a Betlemme, in cui ha anche incontrato fugacemente e quasi di soppiatto il presidente della Palestina, Mahmoud Abbas. Per rientrare subito dopo a Gerusalemme e proseguire la visita all'entità sionista. Si è comportato cioè con la Palestina come nei confronti di un'appendice territoriale, una sorta di regione interna di Israele.
Per fare contento il presidente palestinese, Mattarella gli ha assicurato ipocritamente che l'Italia “continuerà a sostenere con convinzione il rafforzamento delle istituzioni statali palestinesi e un accordo di pace duraturo e omnicomprensivo basato sulla soluzione dei due Stati per due popoli”. Ipocritamente, perché Abbas gli ha ricordato che mentre alcuni governi europei riconoscono lo Stato di Palestina, non così invece quello italiano, che non ha nemmeno recepito una raccomandazione in tal senso del suo stesso parlamento nazionale. E tutto ciò proprio mentre in contemporanea con la visita di Mattarella la vice ministra degli Esteri israeliana esortava il suo governo a prendere “una decisione storica” avviando l'annessione immediata delle colonie ebraiche in Cisgiordania”, a cominciare dalla più grande ad Est di Gerusalemme, come risposta alla “lotta internazionale su Gerusalemme”, che così “rimarrà per sempre unita”.

I “legami millenari” tra Italia e Israele
Ma Mattarella ha incassato senza battere ciglio e con la sua solita faccia di bronzo il timido rimbrotto di Abbas, affrettandosi a tornare dai suoi padroni di casa per continuare a genuflettersi al loro cospetto. Come quando, a conclusione della sua visita, accorciata per via del sisma, ha incontrato il boia Netanyahu per esaltare davanti a lui addirittura i “legami millenari, di durata antica” tra l'Italia e Israele: una chiara legittimazione, prendendo a pretesto, fra l'altro ribaltandola, la storia romana, delle false rivendicazioni storiche dei sionisti sul territorio della Palestina. Per ribadire la “convinzione comune che il terrorismo e la violenza siano piaghe da combattere con molta determinazione”, e che “l'Italia si sente pienamente coinvolta nell'esigenza di sicurezza d'Israele”. E per concludere che la visita è stata “l'occasione per ribadire, ancora una volta, la grande amicizia che lega Israele e Italia per oggi e per il futuro”.
Più di così i boia nazisti sionisti di Tel Aviv non potevano pretendere da Mattarella, che nonostante il suo passato democristiano e la sua solita aria sorniona ha fatto fino in fondo il suo compito di garante istituzionale e di ambasciatore della politica estera del nuovo duce Renzi, assecondando in pieno, e anzi promuovendo ulteriormente la sua dottrina mediorientale basata sull'alleanza senza riserve e su tutti i piani con l'imperialismo sionista. Al punto che non ha nemmeno sentito il bisogno di mascherarlo troppo come facevano i vecchi democristiani, che si barcamenavano tra Israele e i governi Arabi per non pregiudicare gli interessi petroliferi italiani, ma il suo filosionismo lo ha sbandierato invece con sommo zelo e alla luce del sole.
 

16 novembre 2016