70mila studenti in 50 città per dire NO alla controriforma costituzionale e alla “Buona scuola”
Nel mirino della protesta anche il divieto di indire assemblee d'istituto sulla “riforma” costituzionale e l'alternanza scuola-lavoro

 
Sono tornati in piazza le studentesse e gli studenti del nostro Paese, in cortei che hanno attraversato oltre 50 città in tutta la penisola e nelle isole giovedì 17 novembre, giornata internazionale dello studente, che commemora il massacro degli studenti cechi ad opera dei nazisti tedeschi nel 1939 e degli studenti del Politecnico di Atene da parte dei colonnelli fascisti greci nel 1973. Ai cortei si sono affiancate anche altre forme di protesta, come assemblee e flash mob.
Com'è tradizione, il 17 novembre si sono svolte mobilitazioni in tutta Europa convocate da Esu (European Student Union) e Obessu (Organising Bureau of European School Student Unions), le sigle che raggruppano i sindacati studenteschi rispettivamente universitari e medi del continente. In Italia le manifestazioni erano promosse principalmente da UdS, Link, Rete degli studenti e UdU.
Circa 70mila studenti sono scesi in piazza per partecipare a questa nuova tornata di protesta nuovamente all'insegna del NO alla controriforma costituzionale di Renzi, il grande tema della giornata, tanto che lo slogan della mobilitazione era “Change is NOw – Decidiamo NOi”. È stata, questa, una costante delle iniziative studentesche di protesta svoltesi nel corso di questo autunno, intrecciata alla lotta contro la “Buona scuola”.
In particolare gli studenti hanno voluto denunciare le circolari delle prefetture che vietano l'organizzazione di assemblee d'istituto sulla “riforma” costituzionale. L'ennesimo provvedimento fascista dell'Italia di Renzi che però tradisce la paura del governo e dei poteri capitalistici finanziari e industriali che lo sostengono verso la diffusione delle posizioni del NO.
I cortei e le altre iniziative hanno interessato 52 città e a Roma la protesta è stata portata fin sotto la sede del Ministero dell'Istruzione. Dappertutto gli studenti hanno lanciato slogan contro il governo Renzi, la controriforma costituzionale e soprattutto l'alternanza scuola-lavoro. Come a Torino, dove gli studenti, dopo che la polizia aveva impedito loro di raggiungere il locale comitato referendario per il Sì, hanno occupato un Mc Donald's gridando: “Ci bocciano, ci sfruttano, ci danno l'happy meal: è questa la loro scuola-lavoro”.
La protesta si riferiva al fatto che recentemente il Ministero ha siglato una serie di accordi per l'alternanza scuola-lavoro con sedici grandi aziende e multinazionali come FCA (ex Fiat), Zara, Eni, Intesa San Paolo, oltre alla nota catena di fast food. I programmi di lavoro per gli studenti ovviamente non hanno nulla a che fare col loro curriculum di studi e serviranno solo a regalare a queste grandi imprese manodopera gratuita e sempre pronta.
Come abbiamo già avuto modo di notare, è molto importante che gli studenti uniscano le battaglie che riguardano la scuola e l'università con quella referendaria per il NO, poiché questo può contribuire alla nascita di una grande opposizione sociale e di massa contro il governo del nuovo duce Renzi.
Il movimento studentesco può farcela continuando a mobilitarsi e legandosi alle altre realtà sociali in lotta, ma per conquistare vittorie davvero significative è necessario che elevi il tiro della lotta e passi decisamente all'offensiva contro il governo per fermare l'aziendalizzazione della scuola e il suo asservimento ai privati. Rileviamo infatti che il documento ufficiale dell'Obessu per la giornata, poi sottoscritto anche dall'Esu e rilanciato in Italia dai sindacati studenteschi, si limita a chiedere “educazione gratuita” e contro “i privilegi” ma sorvola sulla causa alla base del processo in atto per aziendalizzare, privatizzare e chiudere ai giovani più poveri e proletari le scuole e le università, ossia il capitalismo, che è l'obiettivo comune di tutte le forze sociali in lotta. Così come secondo noi non si tratta di chiedere una “alternanza scuola-lavoro di qualità” ma di rivendicarne la totale abolizione, perché si tratta di un inaccettabile privilegio per le grandi imprese con cui gli studenti vengono sfruttati come forza lavoro gratuita; nel frattempo bisognerebbe pretendere condizioni migliori per chi la intraprende, a partire da un salario base dignitoso.

23 novembre 2016